Capitolo 4

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Padova Centro- 21 agosto 2030 ore 12.00

La sera prima di partire per uno dei suoi soliti viaggi di lavoro, mio padre disse a Laura che sarebbe stato meglio farmi fare un giro in città in
modo che potessi avere un'idea del posto.

Per arrivare nel centro di Padova, optammo per il bus. Laura, infatti, aveva pensato che fosse meglio se iniziavo già ad avere dimestichezza con il trasporto pubblico italiano. Da Strà al centro di Padova erano circa venti minuti, che quella volta dovetti passare in piedi dato che l'autobus era pieno di gente.

Scendemmo in quella che Laura chiamò "piazza Garibaldi" e ci incamminammo verso la via principale. C'era gente ovunque: compagnie di ragazzi della mia età, amanti, famiglie e persone che si stavano godendo una mattinata di shopping.

Dopo aver svaligiato una cartoleria e aver passato in rassegna circa tre quarti dei negozi presenti nel Centro, Laura decise di portarmi in una pizzeria. Ci accomodammo nella veranda esterna e dopo pochi minuti arrivò il cameriere per gli ordini. Mentre mangiavamo, osservai la gente del posto: a differenza degli inglesi, le persone sembravano più tranquille. Nessuno correva da una parte all'altra con un caffè d'asporto in mano e una cartella piena di fogli sotto al braccio. Pensai che mi sarei abituata facilmente alle abitudini italiane.

Tornammo alla villa verso le sei di sera. Mi precipitai in camera per provare i nuovi vestiti, poi feci un bagno caldo. Il tepore dell'acqua rilassò i miei muscoli e la mia mente. Laura mi aveva mostrato gran parte del centro di Padova e ora le mie gambe risentivano dei chilometri percorsi.

Appoggiai la testa sul bordo della vasca, chiusi gli occhi e immaginai come avrebbe potuto essere la mia nuova vita dopo l'inizio della scuola.

Nella scuola privata in cui andavo in Inghilterra ero adorata e ammirata da tutti. Avevo due amiche, Victoria e Abigal anche se, da quando ero partita per l'Italia, nessuna delle due si era fatta sentire.

Avevo anche un ragazzo, Ethan. Ci eravamo lasciati poco prima della scomparsa di mia madre e quello non fu un bel periodo: dolore e rabbia sono emozioni che non dovrebbero mai stare nello stesso corpo.

L'acqua che iniziava a raffreddarsi mi diede la giusta spinta per uscire dalla vasca e per non pensare più al passato. Mi avvolsi un asciugamano e mi diressi in camera. Dovevo ammetterlo: per quanto bella fosse la villa, avere bagno e camera separati era una vera seccatura, soprattutto se tra di loro era presente un grande arco aperto su un corridoio.

Misi il pigiama e mi stesi sul letto a guardare il cellulare. Niente messaggi e nulla di interessante su Instagram. Sbuffai, spensi il cellulare e mi rovesciai sul lato. La cena non era ancora pronta e io non avevo voglia di rimanere stesa sul letto a non far nulla.

D'un tratto mi ricordai del misterioso portone. Non avevo di meglio da fare, decisi di andare ad affrontarlo. Misi le ciabatte, uscii dalla stanza e mi diressi nella Sala da Ballo. Il portone era ancora sigillato. Lo studiai attentamente: chiave o no, doveva esserci un modo per aprirlo.

Mi guardai attorno, ma, eccetto i candelabri e alcune poltrone, la sala era vuota. Scesi le scale e andai nella sala da pranzo per vedere se poteva esserci qualcosa di utile, ma non trovai granché.

Decisi, quindi, di provare a chiedere in cucina. Attraversai la porta e mi trovai in un grande spazio dalle pareti bianche. Un profumino aleggiava nell'aria. Feci un breve giro della cucina, evitando indaffarati cuochi e camerieri che preferii non disturbare. Ovviamente, non trovai chiavi, ma mi accontentai di un semplice coltello.

Uscendo dalla sala da pranzo, una gentile cameriera mi fermò per dirmi che la cena era quasi pronta. La ringraziai, uscii dalla stanza e, pochi secondi dopi, mi ritrovai davanti al fatidico portone.

Tirai fuori il coltello che avevo preso in prestito. Osservandolo meglio, notai che non era un normale utensile da cucina: la lama, dritta e color celeste, era incastonata in un'impugnatura di un caldo color marrone, su cui era incisa una parola, le cui lettere, però, erano troppo sbiadite per capire significasse.

Infilai la lama nella serratura. Dovetti girarla e rigirarla al suo interno prima si sentire il "click" che annunciava il mio successo. Chiunque avesse provato prima di me non doveva averci messo alcun impegno, perché bastò questo più una spintarella per aprire una delle due ante del portone.

Prima di avventurarmi, guardai l'orologio. Erano ormai le otto passate e presto Laura mi sarebbe venuta a chiamare per la cena. Socchiusi la porta: sarei tornata dopo.

                                                                    ....

Incontrai Laura mentre stava svoltando l'angolo per salire le scale. Come al solito, mi accompagnò fino alla sala da pranzo e, quando mi sedetti, le chiesi se volesse mangiare con me. Lei rispose che aveva già cenato, ma che si sarebbe seduta volentieri con me per farmi compagnia. Come nel pomeriggio, parlammo del più e del meno. Laura mi raccontò un po' della sua vita e mi diede altri consigli sulla mia. Era poco tempo che la conoscevo, ma sentivo che sarebbe stata la figura materna che da un po' di tempo mancava nella mia vita.

Finito di mangiare, mi congedai. Salii le scale e mi diressi in camera dove avevo lasciato il cellulare. Ero intenzionata ad andare a esplorare qualunque cosa si trovasse dietro al portone ed ero abbastanza sicura che lì non ci fosse nessuna fonte di illuminazione: la torcia del cellulare mi sarebbe stata più che utile. Avevo preferito non dire che ero riuscita ad aprire il portone: se era vero che nessuno prima di me ne era stato capace, ciò che avevo fatto avrebbe suscitato sicuramente curiosità e, in poco tempo, quella parte della villa sarebbe stata circondata da intervistatori e giornalisti.

Oltrepassato il portone, il buio mi avvolse. Non riuscivo a vedere nemmeno la punta del mio naso. Accesi la torcia del telefono e notai che mi trovavo in un grande corridoio identico a quello delle mie stanze. A differenza dell'altro, però, questo non era mai stato ritoccato e si poteva intuire come doveva essere stato all'inizio del Settecento: le pareti erano sempre di una tonalità rosata, ma il colore era ormai sbiadito dagli anni. Una serie di poltrone lunghe e imbottite era appoggiata alle pareti, la cui stoffa, però, doveva essere stata mangiata da qualche animale. Le finestre erano sbarrate da assi di legno e le tende, probabilmente una volta di lucida seta bianca, ora erano sporche e piene di buchi. Anche qui una serie di porte sbucava su una delle due pareti. Il corridoio terminava con un arco sotto al quale c'era una porta a due ante fatta in legno. Mi avviai verso di essa: il mio istinto diceva che poteva benissimo trattarsi della biblioteca che stavo cercando.

Come il portone principale, anche questa era chiusa a chiave e, come avevo fatto poco prima, armeggiai con la lama del coltello nella serratura fino a quando riuscii ad aprirla. Entrambe le ante di spalancarono davanti a me. Puntai la torcia verso lo spazio buio. Un piccolo gradino conduceva a un grande spazio contornato da numerosi scaffali pieni di libri. Al centro della stanza erano presenti due tavolini, ciascuno con un vecchio candelabro polveroso appoggiato sopra. Un odore di carta vecchia permeava l'aria. Iniziai a perlustrare la stanza. La polvere faceva prudere il mio naso e più di una volta incappai in qualche appiccicosa ragnatela. 

Sbirciai tra i vari scaffali e notai che molti dei libri raccontavano di storie di esseri magici e di come questi usassero una fonte di potere, denominata Magika, per vivere in un sistema di pianeti completamente diverso dal nostro.

Quella sera, presa dalla stanchezza, decisi che avrei letto uno di quei libri in camera. Poggiai il libro scelto sul comodino, mi sistemai e mi stesi a letto. Pensai che per essere stato un libro di più di duecento anni, era messo abbastanza bene: la copertina rossa splendeva come se fosse nuova e su di essa si leggeva chiaramente il titolo La Dinastia degli Stellae-Storia, evoluzione e tradizioni.

Mi misi sotto le coperte, presi il libro e iniziai a leggere.

Downfall- La guerra delle due Dinastie( Esthasia vol.1)Where stories live. Discover now