C A P I T O L O 6

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E L L A

-No, quello è troppo corto.- giudica Edith in preda al panico.

-Questo?- domanda Am.

-Tutto nero? Non sto andando ad un funerale- continua la mia amica, io prendo un vestito ma prima che possa parlare mi precede- Non ho quarant'anni Ella, quello no.

-Perché non provi con questo pantalone?- propone la rossa- È carino.

-Si certo, carino per te. I pantaloni mi ingrossano, sono da scartare.

-Oh aiuto- dico alzando gli occhi al cielo.

-Come stanno i capelli?- domanda la protagonista di questa vicenda.

-Male, sono elettrizzanti, stai sudando sette camicie senza averne nemmeno una- afferma Am, al che Edith corre dall'altro lato della stanza per piastrare in fretta e furia i suoi folti ricci marroni che minacciavano di ricomparire, ma con la maldestria dovuta al panico si scotta accidentalmente l'orecchio.

-Ajà!- Urla a denti stretti, poi guarda in alto per non far sbavare il trucco.

-Lascia fare a me.- ricorre in suo aiuto Amalia, che con cautela inizia a pistrargli i capelli.
Io intanto mi sentivo leggermente inutile, non avevo nulla da fare così iniziai a piegare i vestiti che Edith aveva scartato, mentre il mio addome cercava di stringersi ancora di più guardando il fisico snello della mia amica.

Mi sentivo pessima, essere in imbarazzo e azzardarsi anche solo confrontare il mio fisico, con quello di qualcun altro, con quello di una mia amica, mi rendeva pessima, soprattutto una pessima amica.

-Non so cosa mettermi...- piagnucola Edith.

-Vuoi un abbraccio?- propongo con le braccia aperte.

-No! Voglio un vestito!- esclama contraddicendosi mentre mi abbraccia disperata.

-Che ne dici di questo?- propone nuovamente Am, Edith guarda il vestito dubbiosa, poi guarda me, e alla fine prende il vestito per provarselo.

Aspettatamente, il vestito le stava d'incanto.

Ci vollero altri quindici minuti per tranquillizzarla, per farle capire che andava bene, e ovviamente non potevano mancare i complimenti e le frasi motivazionali, fino a quando l'artefice dell'emozione della mia amica, non le mandò un messaggio.

"Sono fuori casa tua :")" questo fu l'esatto messaggio che Nate mandò ad Edith, che la fece saltellare su e giù per la stanza.

-Dith, andrà tutto bene, te lo assicuro.- disse Mercedes accarezzando le spalle di sua figlia per poi avvolgerla in un abbraccio.- Ay, stai crescendo troppo in fretta, ya eres una mujercita.

-Forse un po' di più di una mujercita.- mi lascio scappare.

-Si Ella, hai ragione.- acconsentì lei sorridendo.

-Bene, ora devo andare. Meglio non farlo aspettare.- suggerisce Edith.

-È tutto il contrario, devi farti desiderare!- contrabbatte Am.

-Grazie di tutto...- ringrazia Edith con un sorriso sincero, per poi uscire dalla porta e andare incontro a una delle esperienze che forse avrebbe raccontato ai suoi figli.

-Rimanete a cena, ragazze?- propone Mercedes.

E così fu, la aiutammo a cucinare, mentre parlavamo della vita amorosa di Am, paragonandola alla sua da giovane, e nonostante la peliroja fosse estroversa e socievole, era difficile conquistarla, più di quanto pensassi, veniva da una relazione tossica, quindi ora le riusciva difficile innamorarsi, poi passammo a me, ma mi limitai a dire la verità, cioè che avevo standard troppo alti, anche se non avevo molta esperienza in ambito di relazioni -nonostante ne parlassi come se ne avessi già avute- d'altronde non avevo mai avuto una relazione, se non quella con me stessa, che è l'unica relazione tossica che ho avuto.

Dopo cena insistetti per tornare a casa da sola, non volevo far scomodare Mercedes che era stata fin troppo gentile, Am sarebbe rimasta ancora un po' per poi farsi dare un passaggio dal fratello che sarebbe arrivato più tardi, ma io dovevo andare, di lì a poco mia sorella sarebbe tornata a casa, mia madre era a lavoro e lei non aveva le chiavi, in più dovevo completare l'obbiettivo di oggi, mi rimanevano solo duemila passi, e da dove mi trovavo a casa mia a piedi era circa un chilometro e mezzo, quindi andava benissimo.

Era quasi mezzanotte, né troppo tardi né troppo presto, non mi sarebbe potuto accadere niente, ache perché qui la gente era attiva, e il posto era pieno di bar e ristoranti, non nego però che un po' di paura ce l'ho avuta, casa di Edith è molto grande e si trova in un quartiere molto silenzioso, e non sapevo se quest'ultima cosa fosse positiva o meno.

Dopo però circa cinquemila passi mi stavo disidratando, avevo bisogno di acqua.

Mi fermai al primo bar che ebbi davanti, cercando i soldi da dietro alla custodia del telefono mentre entravo.

-Scusi, posso chiedere a lei?- domandai chiudendo di nuovo la cover, quindi col capo abbassato.

-Certo mi dica- rispose una voce fin troppo conosciuta, alzai lo sguardo per poi tornare ad abbassarlo.

Non anche qui.

Affrettai il passo per andarmene da quel benedetto bar.

-Signorina?- sentii chiamare.

Presi il cellulare facendo finta di aver ricevuto una chiamata mentre mi alzavo il cappuccio.
Non ci tenevo a salutarlo, sarei andata in un altro bar.

Così mi ritrovai a camminare ancora con la gola secca e con una domanda che mi gironzolava per la testa... perché Damiàn lavorava?

Ma non erano cose che mi riguardavano, nulla di lui mi riguardava.

Pensandoci bene, però, sarà probabilmente per la fidanzata, sembrava innamorato pazzo, per lo meno da quanto ho ascoltato l'altro giorno alla partita, quando se ne andò per passare tempo con lei, non può mica chiedere soldi ai genitori per farle regali o portarla a cena fuori... povera ragazza, ci vuole coraggio ad avvicinarsi a quel Grinch.

Quasi giunta a casa, ero così spensierata e stanca, che non mi passo minimamente per la testa ciò che sarebbe potuto accadere il giorno seguente, quando ancora non sapevo, che nel momento in cui io entravo a casa, la mia amica piangeva dirottamente tra le braccia del suo migliore amico.

Questione di fiducia Where stories live. Discover now