C A P I T O L O 2

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E L L A

Non mi aspetto di approcciare subito con qualcuno, né che qualcuno voglia approcciare con me, lascerò che le cose accadano, questo è il miglior metodo per iniziare una nuova tappa, quello di non avere aspettative.

Non nego però che in questi ultimi due giorni mi sono preoccupata per fare una bella impressione, ma mi sono rassicurata non appena mi stavo imponendo di non essere troppo pesante, troppo taciturna o logorroica, convincendomi che il concetto di bello è soggettivo.

Sono una persona molto precisa -su certe cose- quindi quando ho un impegno importante inizio a prepararmi ore prima, in questo caso, la mia giornata è iniziata due ore fa, alla bellezza delle sei di mattina.

Scendo in salotto per prendere le scarpe rimaste all'entrata e per controllare che non stia dimenticando nulla, anche se in situazioni come queste ho sempre la sensazione di star dimenticando qualcosa.

Cercai di ricordare che giorno fosse, piegata su una delle due scarpe, e pensai a quanto mancasse poco per l'inverno.
Avevi un rapporto di amore odio col freddi, con esso arrivava il Natale.
Non era più un problema per me spostarmi da casa di mio padre a casa di mia madre e viceversa, ma a Natale ritornavano a sanguinare alcune ferite, stessa cosa col capodanno.
La consapevolezza che un altro anno è finito, che continui ad invecchiare e la tua vita è sempre uguale, con lo stesso mood, molte volte ho desiderato di passare quel conto alla rovescia in camera mia, per non dover fingere e potermi abbandonare a tutti i tagli e le ferite provocare da quest'anno.


Dubito se fare colazione, poi mi convinco di stare bene così e opto per i soliti integratori tascabili all'arancia, ne metto uno sul retro della cover come mio solito, insieme a quello per i mal di testa.

In seguito torno nella mia stanza, e nel tragitto iniziano a cadere rumorosamente delle gocce di pioggia sui vetri delle finestre.

"Questo no" dico tra me e me sbuffando.

Tra meno di dieci minuti sarei dovuta uscire di casa, e guarda caso ha iniziato a piovere.

Controllo se mia madre sia ancora a letto e capisco che oggi è il suo giorno libero, e di certo non sarei stata io a svegliarla.

Inizio a cercare qualche ombrello, ormai rassegnata all'idea di dover fare una seconda doccia sotto la pioggia che cadeva dirottamente, quando mi arriva una notifica.

È un messaggio di Edith, mi dice che passerà a prendermi in auto.

Sia benedetto il cielo.

Edith è una mia amica d'infanzia, ci conosciamo tramite le nostre mamme, che da giovani uscivano insieme per le strade di Madrid, da bambine ci vedevamo spesso durante le feste, compleanni, Pasqua, Natale eccetera, come se fossimo due cugine lontane, fortunatamente nel corso degli anni, pur crescendo ci siamo tenute in contatto tramite i social o il cellulare, e quando mi sono trasferita a Madrid con mia madre e mia sorella, abbiamo iniziato a vederci più spesso.

Andiamo d'accordo, ci capiamo, sebbene siamo due poli opposti, questo mi ha portato molte volte a pensare che l'unica cosa che ci lega sono i ricordi, e che magari in realtà a malapena mi sopporta, poi mi rendo conto che sono solo pensieri intrusivi.

Mi arriva un altro messaggio, questa volta mi dice di uscire, ma piove ancora, quindi alzo il cappuccio della felpa e mi preparo per correre fino all'auto della madre di Edith.

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