CAPITOLO 11 Gea sotto attacco

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La settimana successiva si rivelò tranquilla per tutte le fazioni. Solomon aveva appena terminato i preparativi per la fase finale. Una volta avviata niente sarebbe stato più come prima. Aveva deciso di affrontare la notte in pieno relax. Al momento era disteso nella vasca della sua villa. L'acqua era ormai fredda, non sapeva dire da quanto fosse lì. Alzò lo sguardo verso le bottiglie di vodka poggiate sopra un mobiletto. "Sono qua da un due bottiglie e mezzo", pensò portando il braccio destro verso di sé e buttando giù un bicchiere dell'ultima vodka versata. Decise di alzarsi e senza asciugarsi o coprirsi uscì dal bagno portando l'ultima bottiglia non ancora aperta. Nel percorso verso la terrazza esterna passò per il vasto soggiorno, con uno specchio che ricopriva metà parete. Non poté fare a meno di guardarsi. Aveva un fisico asciutto e i suoi muscoli erano ben delineati nonostante fosse molto magro. Il suo corpo avrebbe fatto invidia a molti, non fosse per le infinite cicatrici che lo ricoprivano quasi completamente, alcune di esse mai completamente guarite. A lui non davano nessun fastidio, anzi ne andava fiero. Erano il frutto dei suoi sacrifici, per prepararlo all'uomo che sarebbe diventato. Le donne invece parevano disgustate nel vederle. Ma non Nesse. Da quando era stata portata lì insieme agli altri era stata l'unica a interessarsi realmente alla causa, ancora prima della transizione. Non era stato necessario sedarla nemmeno per un momento, e probabilmente anche l'unica a non aver perso il senno. Solomon non permetteva a nessuno di avvicinarsi troppo ma con Nesse era successo in automatico senza nemmeno rendersene conto. Aveva tenuto la cosa segreta a suo padre perché sapeva non avrebbe approvato. Ma non c'era niente da approvare. Nesse Rosen era solo una pedina e per questo sacrificabile, e anche lei ne era consapevole. Al momento l'aspettava fuori, sdraiata sul divano a guardare il mare. Stava con la faccia al sole e gli occhi chiusi. <<Ce ne hai messo di tempo, eh?>> <<Il giusto.>> rispose Solomon sdraiandosi sul divano vicino e poggiando la bottiglia a terra. Lei aprì gli occhi, che ormai erano diventati di uno strano colore violaceo. <<Copriti.>> <<Sono a casa mia e non vedo il perché. E poi non è niente che tu non abbia già visto.>> Nesse non rispose, si alzò, prese la bottiglia e buttò giù un sorso. Solomon la guardò intensamente. Non era più umana, ma non era disturbante. La sua pelle era diventata di un manto nero opaco, i canini si erano allungati, le orecchie all'insù. Portava un costume da bagno e da dietro sbucava una lunga coda. Gertrude questa volta si era superata aggiungendo il suo tocco. Tutti gli esperimenti venivano fuori come scherzi della natura ma in Nesse c'era una certa eleganza. Era probabilmente stato un regalo verso di lui. Una donna dal carattere forte e curioso mischiata alla forza e agilità di una pantera di Gea. Non sarebbe stata fondamentale in guerra, al contrario degli altri tre ma sarebbe stata utile in altre occasioni. Solomon guardò il tavolino di cristallo che stava fra i due divani, con sopra dei file. <<Hai letto i rapporti?>> le chiese. Nesse prese i fogli e fece cenno di no. <<Dovresti, mancano meno di dodici ore all'inizio della missione>> Nesse fece spallucce. <<Cosa vuoi che ci sia di diverso? Uccidi qualche umano, fine>>, rispose lei. Solomon sorrise. <<Credo che la cosa potrebbe sorprenderti questa volta>>. La guardò mentre leggeva. Era coi Figli di Caino ormai da tre settimana e aveva dimostrato di condividerne gli obiettivi. Ma adesso era il momento di dimostrare lealtà. Sapeva benissimo che un lavoro del genere sarebbe stato meglio per Shadow. Ma era annoiato. E voleva giocare. Nesse lesse. E la bottiglia di vodka cadde a terra, frantumandosi. Solomon guardò, eccitato, Nesse tremare. Lei si girò verso di lui lentamente. <<No, non posso fare una cosa del genere. E' troppo per me.>> disse. Solomon non si mosse. <<E' la missione più grande, ciò che farà smuovere l'opinione pubblica, ho estrema fiducia in te.>> Nesse sorrise debolmente. Non sorrideva mai. Andò a sedersi vicino a Solomon cingendogli il fianco con la e coda e le spalle con un braccio. <<E non potresti fare nulla per are la mia missione a qualcun altro? Posso fare qualsiasi cosa tu voglia, solo...non questo.>> <<Qual è il tuo nuovo nome Nesse?>> <<Ugh. Panther.>> <<E per quale cazzo di motivo ti stai comportando come un gattino?>> chiese Solomon scostandosi dalla presa e alzando la voce. Nesse si ritirò indietro. <<Questo cazzo di gattino ha appena distrutto una bottiglia a mani nude.>> <<Oooh mi sarà un sacco utile.>> <<Vuoi Panther?>> chiese lei alzandosi agilmente. <<Si>>, rispose Solomon alzandosi anche lui. <<Fammi vedere che ho fatto bene a scegliere te. Mostrami la forza e lo spirito che ti abbiamo donato>> continuò avvicinandosi e sfiorandole le labbra. Tutto avvenne in un attimo. Nesse saltò all'indietro, spalancò la mano da cui uscirono cinque artigli lunghissimi e affilati. E in meno di un secondo, Nesse, Panther, tagliò la gola a Solomon squarciando completamente la giugulare. La ragazza fu inondata dal sangue di Solomon. Chiuse gli occhi e spalancò le braccia assaporando il momento. <<Eccoti Panther.>>, disse. Solomon si portò le mani al collo cercando di fermare l'emorragia. Fece un passo verso Nesse, che in risposta lo colpì a una gamba con un calcio laterale. Cadde a terra gorgogliando e rimase lì con gli occhi spalancati, finché non smise di respirare. Nesse non seppe per quanto rimase lì a guardare il corpo. Restò come in trance. Poi si risvegliò tutto d'un colpo. <<Merda, merda, merda! Cos'ho fatto?>>, corse in bagno a ripulirsi dal sangue. Cercò di pulire gli artigli ma si tagliò peggiorando la situazione. Si guardò allo specchio affrontando per la prima volta la mostruosità che era diventata. Fertrude l'aveva definita la sua creatura più bella. Dopo aver visto cos'era successo ai suoi compagni aveva capito il perché. Ma lei rimaneva comunque un mostro. E il suo piano era appena fallito. Sapeva di non avere grandi possibilità ma si era adattata al rapimento per cercare di sopravvivere. Aveva ascoltato tutte le assurdità di quella setta cercando di mostrarsi il più interessata possibile. Avrebbe fatto qualsiasi cosa pur di salvare se stessa e i suoi amici. Qualsiasi tranne ciò che le era stato appena chiesto. Ora doveva trovare un modo per fuggire. Magari cercare l'Autokrator, loro l'avrebbero aiutata. Killian era in debito con lei dopotutto. Si diresse nella camera da letto di Solomon. Aprì l'armadio e trovò quasi subito quello che cercava. Prese una veste scura dei Figli di Caino e si coprì. Sperava di riuscire a fuggire senza farsi notare anche se l'unico modo sarebbe stato quello di saltare dalla terrazza. Sapeva di poterlo fare e non avere alternativa, ma le dispiaceva lasciare i suoi vecchi amici. Non sapeva minimamente come trovare Killian, ma se ne sarebbe preoccupata dopo. Ora doveva uscire da lì, una cosa per volta, si disse. Uscì fuori e le si gelò il sangue. Solomon non c'era più, solo una pozza di sangue al suo posto. Non ebbe il tempo di reagire. Una coda, scura come la notte, con una lama affilata al termine, le perforò il petto trapassandola da parte a parte e sollevandola da terra. Le uscì un solo gemito, ma il dolore fu immenso. Dopo la transizione la sua resistenza era migliorata in modo tale che quello non fosse un colpo fatale, ma nemmeno abbastanza per farla svenire, cosa che a quel punto desiderava immensamente. Le lacrime iniziarono a scendere ininterrottamente, offuscandole la vista. Solomon, nella sua versione di bestia, le si parò davanti. Parlò lentamente, con voce affannata, per trattenere la rabbia. <<devo ammettere che mi hai sorpreso. Un attacco nei miei confronti. In pochi sono sopravvissuti per poterlo raccontare. Ma ahimè, Panther non sarai così fortunata. Però mi sarai ancora utile, per un'ultima volta. Te ne andrai col botto, te lo garantisco. Mi renderai molto fiero>>, disse e nel mentre aprì la mano. La portò lentamente verso la faccia di Nesse coprendole poi la bocca con il palmo. Nesse, ancora bloccata dalla coda di Solomon, sentì il palmo aprirsi e qualcosa strisciare dentro la sua bocca, come fossero piccoli vermi. Quando quelle cose iniziarono a scendere per la sua gola sentì un bruciore tremendo e arrivò al limite della sua sopportazione, svenendo finalmente. 

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