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Novantasette

Novantotto

Novantanove

Questa è la centesima frustata che mio padre mi infligge.
Non pensavo che si sarebbe spinto così oltre.

-Le ultime cinque,contale.-

Penso che da un momento all'altro potrei svenire,sia per il dolore fisico che quello emotivo.
Mai nella mia vita avrei pensato che mio padre potesse usare una frusta contro di me,non mi è mai passato nemmeno per l'anticamera del cervello.

-Cinque-
Mio padre mi afflige l'ultima frustata usando più forza possibile e mi slega le mani che precedentemente mi aveva legato al soffito del seminterrato.
La sua "stanza delle torture",come la chiama lui. Che dovrebbe usare per torturate traditori,spie e infiltrati. Non me.
Sono solo una ragazza di diciott'anni stanca delle persone che prendono il controllo della sua vita,solo sua figlia.

Cado a peso morto per terra mentre lui sale le scale sbattendo poi la porta.

Mi faccio forza e trascinandomi per terra cercando la mia maglietta per poi infilarla con prudenza stando attenta alle ferite,senza successo perché provo un bruciore inspiegabile.

Mi trascino fino alla mia stanza controllando di non incontrare nessuno.

Sembro una pazza scappata dal manicomio.
Gli occhi rossi e gonfi,tutti i capelli in disordine e la faccia rossissima.

Mi spoglio di tutti gli indumenti facendo attenzione a procurarmi meno dolore possibile ed entro in doccia.

L'acqua fredda lava via tutto il sangue e porta con sé anche le mie lacrime salate.

Sono preoccupata per quello che quell'uomo di merda potrebbe fare a mio fratello,è stato molto chiaro sul fatto che ci avrebbe fatto passare l'inferno.
E conoscendolo non ha ancora finito con me.

Mi avvolgo nel mio accappatoio e dopo essermi asciugata mi giro per guardare la situazione della mia schiena sullo specchio, disastrosa.

In alcune parti cominciano già a scorgersi dei lividi e le ferite sono ancora leggermente aperte.

Sono cicatrici che rimarranno per sempre e questo non lo perdonerò mai a mio padre. Serviranno a ricordarmi che uomo di merda è.

Prendo l'acqua ossigenata e delle garze per disenfettare tutto e dopo copro con dei cerotti le ferite più fresche.

Mi infilo il mio pigiama formato da culotte neri e maglietta oversize bianca,che però non metto e mi stendo a pancia in su non coprendomi nemmeno con la coperta. Qualsiasi cosa a contatto con la mia schiena brucia.

Mi addormento prima che altre lacrime scendano sul mio volto.

~•~•~•~•~•~•~•~•~•~•~•~•~•~•~

Mi sveglio e guardando la sveglia noto che sono le 11:03,nessuno sarà in casa in questo momento quindi per la prima volta dopo tanto tempo decido di scendere sotto senza curarmi del mio aspetto infilandomi solo una delle mie magliette più larghe.

-Ieri hai fatto in modo di non parlarmi.-

Mi giro portandomi una mano al petto per lo spavento e ritrovandomi Christopher davanti.

Ma torno subito seria e a preparare il mio frullato.

-Non ho niente da dirti.-

Si avvicina a me appoggiandomi una mano sulla schiena che brucia ancora.

Faccio un gemito di dolore inarcandola e la sua faccia torna subito da strafottente a seria.

-Cos'hai?-

-Nulla,avevi le mani fredde.-
Non rischio oggi. Ho paura che poi mio padre sela prenda di nuovo con me.

-Non mi prendere in giro Carol. Fammi vedere.-
Porta le mani ai bordi della mia maglietta per alzarla.

-No Christopher,lasciami.-
Non mi ascolta e solleva la maglia rimanendo di stucco davanti alle ferite.

-Chi è stato?-
Non rispondo e mi limito a versare calde lacrime. Di certo farmi vedere debole da lui era l'ultima cosa che volevo.

-Chi cazzo è stato Carol?-

-Mio padre.-
Rispondo in preda ai singhiozzi.

𝖘𝖈𝖆𝖗𝖘 - 𝖒𝖆𝖋𝖎𝖆 𝖗𝖔𝖒𝖆𝖓𝖈𝖊Where stories live. Discover now