Fuga dal terrore...

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Non può essere. Ci sono ricascata per l'ennesima volta. Eppure mi aveva avvertito Sergius di non avvicinarmi alla loro base. Ma la curiosità non voleva proprio affievolirsi in questi giorni. Soprattutto ora che sono arrivati altri di "loro". Volevo scoprire se i nuovi fossero più forti di quelli già presenti nella Thorden base. Da quel che ho potuto vedere, diamine, si, lo sono. Avevo fatto piano. Mi ero avvicinata furtivamente a una delle tende, dopo aver aperto un varco nella rete metallica. Avrei dovuto sospettare che qualcuno era di guardia vicino al recinto alto 30 metri. Altrimenti ci sarebbe stata una scossa elettrica a darmi il benvenuto. Se ti scoprono non ti rimane che fuggire il più velocemente possibile. Dubito seriamente che servi a molto, visto che questi esseri raggiungono velocità inaudite, ma come si suol dire, tentar non nuoce. Cerco di bloccargli la strada con tutto ciò che trovo per le strette vie dei sobborghi di Seattle. Niente, tutto ciò che colpisce la guardia sembra non distrarlo dal suo bersaglio. Cioè io. Il petto inizia a bruciarmi, ma manca poco. Le vie si fanno sempre più strette e io non posso esserne altro che felice. Loro hanno un corpo piuttosto robusto e difficilmente riescono a passare per i piccoli cunicoli. Io, al contrario, non ho problemi. Sono magra, abbastanza da riuscire a buttarmi dentro una fognatura, anche se la cosa non mi entusiasma. Sento il Gohlen avvicinarsi sempre più, ma allo stesso tempo si avvicina anche la mia unica possibilità di salvezza. Oh come sarà arrabbiato Sergius con me. Se mai riesco a salvare la pelle, si intende. Sento il suo respiro affannoso alle mie spalle, a pochi metri. Sembra arrabbiato dal modo in cui sbuffa e ringhia. Fortunatamente è solo uno ed è senza uno dei padroni. I Gohlen sono stati progettati apposta per catturare noi umani e, da quanto ho visto, vengono prodotti altri che sono ancora più crudeli di quelli precedenti. Questo sarà sicuramente della terza classe, una delle più vecchie generazioni, vista la sua lentezza. Fanno accaparrare la pelle solo a vederli, per questo evito di voltarmi. Hanno zampe di leone agili e robuste abbastanza da sbranarti tranquillamente con gli artigli alle loro estremità. Il muso ricorda quello di un lupo con denti fatti per seghettare e occhi rossi. Il corpo é agile e, da quel che so, ne vengono creati altri ancora piú forti di quelli precedenti. Per mia fortuna, non vedono abbastanza bene alla luce del giorno. Eccola, la mia unica via di salvezza. Faccio un ulteriore sforzo per mettere più distanza tra me e il mostro. Arrivata all'entrata delle fogne mi ci butto a capofitto, senza pensare all'atterraggio poco piacevole e, soprattutto, nauseabondo. Sento il Gohlen ringhiare ferocemente e cercare di allungare la zampa prima che io riesca a scomparire dalla sua vista. Gli artigli mi entrano nella gamba e il dolore mi fa urlare. Con un tonfo cado sull'asfalto duro, accanto al piccolo flusso di acqua delle fognature. Mi alzo, ma il dolore mi fa ricadere. La gamba non è nelle sue migliori condizioni visti i rivoli di sangue che escono dai tre squarci dei jeans. "Erano i miei jeans nuovi, brutto bestione..." cerco di rialzarmi e, zoppicando, mi dirigo verso quella che dovrei chiamare "casa". O meglio, nel luogo di cui i demoni non sanno dell'esistenza. Ci metto mezz'ora ad arrivare e trovo Nathalie ad aspettarmi, ansiosa, poco prima del cancello. Appena mi vede, mi corre incontro e mi abbraccia facendomi quasi cadere "Hei attenta. C'è un ferito qui" le dico ricambiando l'abbraccio. I riccioli rossi mi offuscano la vista e solo dopo che ci siamo separate vedo Tayson appoggiato all'ingresso del nostro rifugio. "Buongiorno a te fuggiasca" mi dice, guardandomi severo. Io sbuffo "Ero solo a fare un giro, ok?" dico. I suoi occhi verdi si spostano sulla mia gamba e mi guarda scuotendo la testa "Sergius non ne sarà felice" mi intima lui. "Oh finiscila Tayson, le basta suo padre a farle la predica" sbotta la mia amica, che mi sorride, complice. Tayson le lancia un occhiataccia, ma poi si avvicina a me, in modo che io possa appoggiarmi a lui mentre torniamo dentro. In effetti, non è proprio vero che entriamo dentro ad un luogo. Dopo aver percorso il lungo tunnel che ci porta al vero ingresso della RebornValley, ci ritroviamo dinanzi a una lastra metallica di spessa dimensione. Bussiamo secondo il codice conosciuto solo dai sopravvissuti. Si, può essere utile guardare i film su agenti segreti e roba simile. Sento un rumore metallico e un secondo dopo la lastra si apre di pochi centimetri. Quanti ci bastano per entrare nel mio mondo. Ci troviamo davanti ad un giardino immenso da cui si può ammirare, tranquillamente, il cielo che sovrasta il mondo in cui una volta vivevano umani. Fortunatamente, noi non siamo visibili dall'altra parte e questo grazie ad un incantesimo che ci protegge, per il momento. Magia? Non sapevo neanche che esistesse veramente, una volta. Umani, rinchiusi come in una gabbia, in attesa della fine, penso disprezzante. Dubito che il popolo che una volta viveva senza pensare che un domani non avrebbe potuto godere del calore diretto del sole, farà qualcosa per contrastare la minaccia dei demoni. Ora non abbiamo altro che questo pezzo di terra, questa zona di Seattle in cui vivono qualche centinaio di esseri umani. Attraversiamo la grande piazza e ci dirigiamo verso uno dei tanti grattaceli in cui ci è stato permesso di prendere alloggio. Mi chiedo come facciano quegli esseri mostruosi a non accorgersi della scomparsa di molti grattaceli che prima emergevano, immensi, fino a raggiungere elevate altezze. Appena arriviamo davanti alle scale che dovrebbero portarmi fino al terzo piano, Tayson mi prende in braccio. "Mettimi giù, scemo. Ce la faccio anche da sola" mento. Il dolore si sta facendo insopportabile e la ferita ha bisogno di essere pulita. Mi ignora e continua a salire, seguito dalla mia migliore amica. Gli occhi neri mi guardano preoccupati e io le sorrido per tranquillizzarla. Non è la prima volta che mi ferisco e non è neppure quella più dolorosa. Tayson, nonchè mio amico dell'infanzia, mi appoggia sul mio letto. Io lo ringrazio e lui alza gli occhi dalla gamba, sorridendo leggermente. Anche lui sempre preoccupato "Di nulla. Devo andare e tu stai attenta che non scappi...di nuovo" dice, rivolgendosi a Nathalie. Io alzo gli occhi al cielo mentre Tay si avvicina alla porta. "Ah.." si volta "Sergius ti aspetta nel salone della torre centrale, appena ti sarai data una sistemata." aggiunge, per poi andarsene. Sbuffo consapevole della ramanzina del generale Sergius Helvey, nonché l'unico membro che rimasto della mia famiglia. Mi torna in mente l'immagine di Sam davanti agli occhi. Sento una stretta al cuore al ricordo del suo sorriso caloroso e dei suoi abbracci che mi facevano sentire protetta. Contemporaneamente mi tornano in mente le sue urla sotto le macerie. La disperazione nei suoi occhi mentre cercava di spingermi verso una delle aperture sotto alle macerie delle mura crollate della nostra casa. Tutto il fumo che mi faceva tossire tanto da privarmi del respiro. La debolezza, poi. Se non ci fosse stata quella, probabilmente avrei potuto fare qualcosa. Avrei potuto gridare il nome di mio padre in tempo. Avrei potuto, ma no! Non avevo neanche energia sufficiente per reggermi in piedi. Appena fuori da quella trappola infernale, mi voltai verso mio fratello ancora intrappolato. Vedevo rassegnazione nei suoi occhi mentre mi intimava di andarmene, ma anche sollievo. Sollievo dato dal fatto che ha usato le sue ultime forze per salvare la sorellina. Rassegnazione, perchè sapeva di non poter fare lo stesso con il proprio corpo. Con gli occhi pieni di lacrime ho cercato di vedere se c'era un altro modo per aiutarlo. Nulla, il fumo offusca la mia vista "Vattene, scappa!" cerca di farsi sentire Sam ,nonostante il trambusto fuori. Non posso lasciarlo, non puó farcela da solo, pensavo io. Cercai di spostare le travi e i resti del muro caduti sopra i nostri corpi durante la notte. Niente, fu impossibile far qualcosa. Lui mi continuava a dire di andarmene, ma come potevo mai fare ció. "Ginevra tesoro, vai salvati cosí sapró che almeno tu sei viva. Ti voglio bene, prenditi cura di te". Gli gridai di smetterla di dire queste sciocchezze e lui si limitò a sorridermi con occhi colmi di affetto e dolore. Le lacrime scendevano a dirotto, consapevoli del fatto che non potevo fare niente. Poi il rumore di qualcosa che colpiva la casa a fianco alla nostra. Pochi secondi e tutto si fa nero. L'ultima volta che ho potuto guardare negli occhi la persona piú importante della mia vita. Dio, come fa male. Sono passati dieci mesi oramai, ma il ricordo é ancora vivido. Scanso con la mano i capelli attaccati alle guance sporche. Nathalie intanto ha preparato la vasca con l'acqua. Grazie al cielo quella non manca. Immagino che le creature non volessero far sapere al resto del mondo di quanto Seattle sia cambiata in pochi mesi. Gli uomini sanno essere incredibilmente menefreghisti se la cosa non li riguarda personalmente. So solo che non potrei vivere senza una doccia bollente, soprattutto ora. Solo cosí la sporcizia e l'odore dei Gohlen si leverà dai miei vestiti e dalle parti del corpo scoperte. Senza una parola, la mia migliore amica mi aiuta a togliermi i jeans. É consapevole del mio carattere e riesce a capire subito a cosa sto pensando. Infatti, evita di guardarmi, mentre cerca di staccare lentamente la stoffa dalla ferita. Cerco di trattenere i lamenti, anche se il dolore non manca. "Grazie dell'aiuto" le dico mentre mi aiuta ad entrare nel bagno. "Ma ti pare? Sono qui per te Gin" mi dice, sorridendo. Alza gli occhi verdi e, solo in quel momento, mi accorgo della tristezza in quegli occhi. Non avrà pensato anche lei a Sam? Faccio finta di nulla, perchè so che altrimenti ci ritroveremo a consolarci a vicenda, mentre soffriamo insieme. Nathalie non mi ha mai nascosto il suo interesse verso mio fratello. Non me lo ha mai detto apertamente, ma non ha mai neanche negato la cosa. Sono sicura che se non fosse stato per la sua timidezza, adesso starebbero insieme. Se solo....Immergo la testa sott'acqua per soffocare quei pensieri e impedire alle lacrime di scendere ancora. La mia sensibilità è cresciuta a dismisura da quando c'è questa situazione. E con essa anche la mia cocciutaggine. Faccio di testa mia ultimamente e non sempre riesco a uscire dai casini che combino. Oggi, ad esempio. Dubito che riceverò delle lodi per aver rischiato ancora la mia vita. Capisco che Sergius mi voglia proteggere, ma la curiosità ha avuto il sopravvento. In fondo, sono l'ultima persona che gli è rimasta. Prima c'era anche Sam, ma ora l'unica sopravvissuta è Ginevra. Spesso penso che era meglio se fosse stato Sam a salvarsi. Sarebbe stato molto piú utile di me. Quando ho urlato queste parole, dopo la prima volta che ho fatto la fuggiasca, mio padre non disse nulla se non stringermi forte al petto. "Non lo dire mai, mai piú. Tu sei tutto ció che ho e non voglio perdere anche te" mi disse con una voce commossa, come quando mi aveva annunciato che non avevano ritrovato il corpo di mio fratello. Non potei fare altro che rifugiami nel suo abbraccio e liberarmi di tutte le lacrime trattenute fino a quel momento. Ora avevo rischiato di nuovo la vita. Non so se mi perdonerà questa volta. Mi mordo il labbro. Esco dalla vasca e mi preparo ad incontrare vostra maestà, Sergius Helvey. Cerco di asciugami al meglio poi indosso la biancheria che Nathalie mi aveva appoggiato sulla, ormai, non funzionante lavatrice. Poi chiamo Nathalie che mi aiuta a mettermi degli shorts, un top nero e a fasciare la coscia. L'abbraccio per ringraziarla e lei ride spingendomi via, scherzosamente. Io cado sul letto e ringhio per la fitta di dolore. "Oddio scusami, scusami. Che sbadata che sono" dice, precipitandosi a farmi rialzare. Guardo il suo volto scandalizzato e scoppio a ridere. É troppo buffa con tutti i riccioli rossi intorno a degli occhi sbarrati. Lei sospira sollevata e mi fa mettere un braccio intorno alle sue spalle. Insieme, usciamo dalla camera 110 e mi preparo, mentalmente, ad affrontare mio padre.

Il Respiro del DemoneWhere stories live. Discover now