Capitolo 15 (Meredith POV)

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 «Ti proteggerò io dalle occhiate moleste ed indiscrete»

La mia mente memorizzò quella frase, mi rimase impressa.

Nonostante lui avesse guardato il mio petto all'inizio, si ricompose subito chiedendomi scusa e soprattutto con lui mi sentivo così... al sicuro.

Con lui non mi sentivo a disagio, mi sentivo protetta e pur non conoscendolo ancora benissimo, il mio cuore diceva di potermi fidare di lui.

Al contrario di Hitoya che nonostante la premura di avermi accompagnata al pub con la macchina, sembrava che ci stesse provando e la cosa mi diede un po' fastidio.

Non che ci fosse nulla di male ma non mi aveva mai filata di striscio durante i tempi del liceo e lo faceva adesso... non so, trovavo il tutto un po' strano. Anche quando mi chiamò piccola mi diede un fastidio assurdo e sinceramente sentii l'esigenza di mettere un paio di cose in chiaro: solo ed unicamente Anthony poteva chiamarmi in quel modo.

Lo avrei apprezzato ai tempi del liceo perché lui era la mia cotta oppure anche adesso se ero ancora innamorata di lui ma ormai Hitoya non contava più nulla per me.

«Che dici? Vogliamo entrare?»

Feci sì con la testa.

Entrammo al pub e devo dire che era molto carino: l'interno era pienamente fatto di legno ma rispetto ai soliti pub inglesi ed irlandesi, c'erano molte luci e il posto non era troppo scuro.

Si stava piuttosto bene complice dell'aria condizionata accesa.

«Bene, finalmente l'hanno accesa... sti stronzi. Quando sono entrato per prenotare il tavolo, faceva un caldo terribile e per poco morivo» brontolò lui sottovoce.

Raggiungemmo il nostro tavolo e l'orologio segnava le 20:00, tuttavia tutti gli altri non erano ancora arrivati. La cosa non mi dispiaceva perché l'idea di stare sola con Anthony mi piaceva... forse pure troppo.

Mi chiedevo se se la sentiva di sedere accanto a me e glielo chiesi con titubanza.

«Scuuusaamiii...»

«Sì...?»

«E-e-e-eeeeccoooo, iiiooo... coomeee diiireee...»

«Qualcosa non va?»

«Pooossooo seeeederrmiii cooon...»

Non riuscii a finire la frase perché avevo il respiro affannato e tutto il mio corpo andava in escandescenza. Non potevo vedermi ma sentivo il mio viso bollire dalla timidezza.

Lui ovviamente (ed aggiungiamo pure fortunatamente) capì a chi mi stessi riferendo e divenne rosso pure lui.

«Certo che puoi sederti accanto a me...» mi rispose voltandosi dall'altra parte. Non aveva il coraggio di guardarmi.

«N-N-non t-tiii dooo f-fastiiidiooo...?»

«Ti chiami Stephen, per caso?»

«Nooo!»

«Perfetto, finché non ti chiami Stephen, non sei un fastidio. Ora prendiamo posto»

Mi misi a ridere perché era una palese frecciata nei confronti di Stephen per il suo essere troppo caotico.

Ci sedemmo vicini, uno accanto all'altro ma nessuno dei due osò parlare, neanche guardarci.

Lo guardai di nascosto per osservare meglio il suo abbigliamento: aveva una camicia nera stavolta a tre quarti, pantaloni bianchi, diversi bracciali sul polso e molti anelli sulle dita, infine non mancava una catenina d'oro sul collo. Si curava e lo si notava dall'aspetto. Considerando che era anche un modello, ci stava.

Rose e FocacceNơi câu chuyện tồn tại. Hãy khám phá bây giờ