CAPITOLO 7

5 2 0
                                    

Uvogin la guardò intensamente in attesa di una spiegazione.
"Allora?" domandò impaziente.
Kira mormorò qualcosa di incomprensibile e frettoloso, si alzò e si diresse marionettando verso il frigo, prese una birra e aprendola gliela porse meccanicamente.
Il suo repentino cambio di comportamento quasi lo inquietò. Si domandò cosa fosse successo durante la cura di così grave, siccome non ricordava fosse accaduto nulla di importante. Gli parve un atteggiamento tanto strano quanto buffo, si divertì a vederla così impacciata, rossa come un peperoncino.
Prese un sorso dalla lattina tenendo gli occhi su di lei, stretta nelle spalle accanto a lui, in silenzio.
"Sono davvero curioso" la stuzzicò "Cosa è successo mentre mi concentravo?"
"Niente. Ho evitato che succedessero cose imbarazzanti"
"E cosa doveva accadere di così tanto imbarazzante?" l'agganciò nuovamente fissandola di sbieco.
Piegò appena la testa soverchiata dall'imbarazzo.

Silenzio.

Sospirò.
"Va bene." s'arrese lui alzando il mento "Si vede che non è il momento. Quando sarai pronta me lo dirai."
Kira annuì.
Lui la guardò a lungo, ondeggiando gli occhi su di lei.
La figura minuta si ravviò una ciocca dietro l'orecchio, imbarazzata dal silenzio e assorta nel rimbombo martellante dei suoi pensieri. La sua testa china e le spalle strette accentuavano la sua dolcezza naturale e, inconsapevolmente, quella posizione le esponeva il seno prosperoso. Anche se l'intenzione non era voluta ciò ebbe l'effetto di catturare più volte lo sguardo del suo maestro NEN.
Si gustava gongolante la superba visione e posò il gomito sul ginocchio. Ripiegò le labbra, assaporando la bellezza della sua figura; sfiorò la giovane con l'indice della mano che impugnava la lattina sfiorandole un lobo.
"Ma tu guarda, non ti ho mai vista così rossa." la canzonò "Ti dona, dovresti imbarazzarti più spesso."
"Ah, piantala!" troncò lei diventando ancora più rossa.
"Eh!" ridacchiò "Di nuovo! Ora di più, dai!"
"Puoi smetterla?" esplose la morettina.
"Di fare che?"
"Di mettermi in imbarazzo!!"
"Ma se stai facendo tutto da sola! E' bellissimo vederti così, sei divertente! Sembri un tizzone, più ti soffio sopra più ti scaldi!" la canzonò di nuovo sorridendo.
Lei sbuffò incrociando le braccia.
Come lo scrocio di una grande cascata le corde vocali di Uvogin vibrarono e toccarono le punte più sorde e morbide in un filo di voce entusiasta; si avvicinò con le labbra al suo lobo impreziosito di orecchino pendente che lui stesso le aveva rubato tempo prima.
"E vederti così sta facendo scaldare anche me..."
Kira deglutì senza muoversi. Forse non voleva farlo. Raccolse le labbra come crucciata.
Uvo sfregò il labbro superiore seguendo la linea del padiglione a metà orecchio si staccò poi poggiò di nuovo le labbra e sussurrò sensualmente
"Incredibile come tu riesca a mandarmi a fuoco senza usare nessun incantesimo, specie quando siamo soli..."
"BENE! STAI MEGLIO! E' L'ORA DEL BUCATO!" esclamò Kira ad alta voce alzandosi di scatto e marciando verso la porta.
Il gesto repentino sorprese Uvogin che batté le palpebre e la seguì basito con lo sguardo finché non scomparve salendo le scale.
Il suo petto si contrasse in una soffice bassa risata. Poggiò la testa sulla colonna.
Chiuse gli occhi per godersi l'ultima scia di profumo che aveva lasciato.

Lula stava così bene che aveva iniziato a giocare con Kortopi a fare la ruota nel grande cortile.
Gli altri membri della Brigata nel frattempo erano assorti nelle loro occupazioni ordinarie e non: Pakunoda puliva la pistola, Nobunaga faceva affondi con la spada, Franklin era salito sull'argine con Shizuku e dipingeva il paesaggio sulla tela; al suo fianco lei leggeva un libro sdraiata su una stuoia. Shalnark si era appropriato del ripostiglio delle bici per riparare un marchingegno elettronico e non sarebbe di sicuro uscito prima di cena.
Uvogin invece restò al fresco del salone per un po' a godersi la birra.
Pensò sarebbe stato rigenerante fare una bella passeggiata in campagna. Avrebbe unito l'utile al dilettevole siccome quel giorno era il suo turno per la ronda diurna.
Vero era anche che sarebbe stato meglio darsi una lavata e cambiarsi, prima. Nonostante il suo aspetto da rozzo barbaro, Uvo era un tipo pulito e ordinato, attento all'igiene e, soprattutto, insieme all'odore di fritto non sopportava puzzare di sudore.
Dandosi una spinta si issò in piedi, si pulì il retro dei jeans e finì la birra accartocciando la latta come un foglio di carta velina. Salì la rampa di scale di marmo, attraversò la sala al piano di sopra fermandosi in cucina per gettare quella che era una pallina di alluminio ed aprì una delle due porte della sala che conducevano alla zona notte, dove si trovavano due bagni, uno grande ed uno più piccolo con la doccia e la lavanderia.
La luce del bagno più piccolo dove si trovava la lavanderia era accesa.
La padrona di casa era impegnata a dividere i capi suoi e degli ospiti, i chiari dagli scuri; stava preparando un carico di un tipo da lavare ed era assorta nel lavoro pertanto, chinata con la testa quasi dentro all'oblò della lavatrice, non fece caso a Uvogin che arrivava dal corridoio e si sfilava la canotta bianca mettendo in mostra il suo fisico scultoreo.
Alzò la testa e si trovò la canottiera appesa all'indice proprio davanti al naso.
Uvo se ne stava col busto appoggiato allo stipite, una mano su un fianco e un'espressione beffarda di soddisfazione irriverente dipinta sul suo volto, che scioglieva quella naturale espressione accigliata che aveva.
Fissò di nuovo la maglia poi di nuovo lui, divertita. Avrebbe voluto rimproverarlo ma non lo fece.
Uvo mosse le labbra e sfoderò un leonino sorriso smagliante.
Kira sorrise di rimando, con complicità. Coprendosi le labbra con il dorso dell'indice, si strinse nelle spalle e roteò il busto a destra e a sinistra.
In un momento ebbero entrambi l'impressione che fosse iniziato un gioco divertente fatto unicamente di muta intesa.
Ma era un gioco pericoloso, come un funambolo che cammina su di un gracile filo. Qualsiasi parola, azione avventata o compiuta troppo velocemente avrebbe spezzato l'incantesimo.
Anche se tutto dipendeva da che tipo di azione.
Ancora silenzio.
In sottofondo Kortopi stava contando ad alta voce. Qualcuno aveva iniziato a suonare un flauto di bambù.
Il respiro iniziò a farsi pesante. Uvo morse morbidamente un labbro. La fissava come il leone agogna la preda.
Kira sospirò, alzò il mento e fece scorrere le dita lungo il bordo della federa che aveva in mano. Le sue sopracciglia guizzarono come ad implorare che quel silenzio finisse.
Uvogin mosse mezzo passo e fu in mezzo alla porta. Le spalline della canotta unite sul suo dito indice scivolarono sul pollice e roteando così il polso la sua mano si staccò dallo stipite per posarsi sul mobile della specchiera. Così facendo portò in bella vista il costato scolpito e le braccia forti, rinchiudendola nella sua imponente figura come un uccellino in gabbia. Incrociò le gambe così in piedi. I suoi occhi ondeggiavano su e giù dalla sua figura, ammaliati, rapiti, divorando ogni centimetro di quel corpicino a clessidra.
Kira mosse un passo verso di lui e incrociò le braccia alzando il mento per guardarlo meglio.
Per odorarlo meglio.
Il profumo della sua pelle scura non aveva nulla a che vedere con quello degli altri. Era ambrato, esotico, legnoso, allo stesso tempo piacevolmente selvatico. L'odore di testosterone più eccitante che avesse mai sentito su di un uomo. L'avrebbe distinto tra mille, il profumo del suo maestro, fosse stato anche in una palestra tra mille persone.
Nessuno era come lui, né lo era mai stato.
Era sciocco, è vero. Ma per lei era così.
Si costrinse a reprimere la sensazione di allungare una mano per toccargli le braccia su cui i suoi occhi erano rapiti, con questo riflesso tamburellò le dita sulle braccia che stringeva. Gesto facilmente fraintendibile come segno d'impazienza.
O forse era quello che voleva mostrare.
Il viso del gigante si accigliò con naturalezza, concentrato su di lei. Fece scivolare un braccio giù dall'architrave per dirigere una delle sue mani tozze sul suo viso, ad un lato della testa.
Si lasciò toccare senza opporre alcuna resistenza né rifiuto, come se non aspettasse altro. Un lento e soave sfarfallio dei suoi occhi come di cerbiatta accompagnarono il gesto delicato.
Il dipinto di emozioni che traspariva dalle loro espressioni era il risultato di una conversazione muta, fatta unicamente di gesti e sguardi, di piccoli particolari.
Uvo tese il collo chinandosi appena su di lei, entrando nella stanza. La mano che le accarezzava la testa scivolò in basso.
Come una pennellata seguì la linea della mascella finendo sul piccolo mento che toccò appena, sollevandolo tra il pollice e l'indice.
Non vedeva più niente, Kira. Niente se non lui. Non sentiva più alcun rumore tranne i loro respiri trasportati dai battiti frenetici di due cuori travolti; era un burattino nelle sue mani, creta fondente tra quei grandi polpastrelli. Schiuse le labbra in un ansimo d'emozione, socchiudendo le palpebre sui suoi occhi, nel silenzio della lavanderia.
Con una spinta di ginocchio Uvo chiuse l'oblò della macchina. Con un trillo avviò in automatico il lavaggio.
Ipnotizzato nei suoi occhi nocciola scuro, ammorbidì il suo sguardo assorto e le sue labbra baciate dal sole si separarono l'una dall'altra. Col naso tracciò un piccolo cerchio nell'aria, poi un altro lieve movimento. Il suo pollice accarezzò sotto al mento più lentamente che poté.
Una goccia d'acqua gocciolò dal rubinetto nella bacinella dentro al lavandino, dove Kira aveva messo a bagno la tovaglia baciata dal vino; si lasciò cadere le braccia. Sembrava quasi che la federa del cuscino del suo letto avesse all'improvviso aumentato il peso.
Si erano entrambi perduti, isolati dal mondo, rinchiusi come in una bolla sicura.
Le folte sopracciglia si mossero all'insù come a chiedere pietà, la testa roteò appena ed il naso scuro e dritto disegnò una curva crescente.
Si era perso e così lei, nelle sfumature delle loro iridi cercavano una strada per non tornare mai più.
Uvogin piegò il collo avvicinandolo alla spalla destra; protese il collo ancora di più, le labbra appena schiuse si avvicinarono inesorabili alle sue finché i loro respiri non si trovarono a mischiarsi pur restando distinti. Sembrava provare un piacere immenso a gustare il caldo alito della ragazza, come se se ne nutrisse, a poco a poco, boccata dopo boccata.
Così vicino mosse ancora la testa appena un poco, per sfiorare lo zigomo di Kira una, due tre volte, sempre più lentamente, come una ninnananna gestuale.
Per invitarla a schiudersi come un fiore sotto il sole.

Ed il sole era lui.

Come galvanizzata da quel semplice gesto alzò il mento e prese una gentile boccata del suo respiro. Il cuore accelerò a vederlo così sicuro e spavaldo nei suoi confronti. Eppure così fragile...
Le basette ebbero un guizzo mentre era così languidamente ipnotizzato. Deglutì e il respiro frullò come ali di una farfalla che si posa. Il fiato del gigante tremolò insicuro per la prima volta. Inesorabilmente lento il suo mento incedeva, le sue spalle accompagnarono il movimento abbassandosi.
Non opponeva resistenza quella pelle chiara come il latte.
I suoi occhi erano specchi limpidi di emozione e sentimento entro i quali Uvo si poteva specchiare.
Ritraendo le dita portò il peso del suo braccio sui polpastrelli, sul mobile.
Due piccoli piedini in mezzo a due piedi nudi grandi e scuri si sollevarono armoniosamente sulle punte e una manina gentile e pallida accarezzò il braccio piegato a sorreggerle il volto, serpeggiando dal bicipite al polso.
Accompagnò il movimento dei quel piccolo mento verso le sue labbra; battendo le palpebre con voluttà piegò la testa e aprì la bocca trattenendo il respiro, gli occhi appannati dalla passione che lo consumava come la fiamma la candela.
Lei fissava le sue labbra, man mano che i talloni lasciavano le ciabatte di cotone, come un pesciolino all'amo; inspirò il profumo della sua pelle, vicinissima, desiderosa di assaporare quelle labbra carnose.
Uvogin chiuse lentamente gli occhi teneramente, piegò il capo inspirando dal naso, preparandosi a godere di quel bacio così desiderato.
Kira fece lo stesso. Un brivido caldo le fece alzare due puntini sotto la t-shirt blu e divorò l'aria in un respiro vorace.

"Ehi." irruppe l'idillio la voce piatta del samurai.
La testa di Kira si bloccò, scivolò in basso, paralizzandosi.
Le tempie pulsarono. Le pupille diventarono sottili come punte di spillo. Si riavviò i capelli, schiarì la voce mentre l'espressione dolce di Uvogin, colto di sorpresa, crollò congelandosi in un attimo di choc per poi sciogliersi in un'accigliata espressione insofferente; la mano sul mento di Kira cadde picchiando sulla coscia, roteò gli occhi verso un punto a mezz'aria nel vuoto, tese la fronte e gli angoli della bocca con un rumoroso infastidito sospiro.
"Che state facendo?"
"Aveva qualcosa nell'occhio." fece grave lui, senza voltarsi rimise la schiena dritta e torreggiando sull'esile figura la fissò.
Avrebbe fatto paura a chiunque, ma non a lei.
"Se non c'è nulla nell'occhio può darsi che uno schizzetto di detersivo sia finito lì vicino, è questo a darmi fastidio." continuò frettolosamente lei, alzando la leva del rubinetto.
Spruzzò un pò d'acqua sul viso e si tamponò.
Uvogin restava immobile, lo sguardo perso nel vuoto.
Nobunaga mosse il collo per vedere la sua figura oltre il corpo di Uvo.
"Qualcosa di grave?"
"Oh, no no! Ora è a posto, mi sono sciacquata, non è nulla."
Nobunaga strinse gli occhi e mugugnò.
Cadde il silenzio, Kira abbassò la testa sotto lo sguardo insistente di Uvo.
"Non è che per caso ho interrotto qualcosa?..."
"NO!" risposero all'unisono. Kira girandosi di scatto si sporse oltre il corpo del suo maestro aprendo gli occhi, Uvo si girò di scatto ghignando sinistramente con una maschera di spaventosa menzogna sulla faccia, cosa che inquietò il suo amico non poco.
Nobunaga aveva seri dubbi che non fosse così, lo aveva stampato in faccia.
Ed ora lo avevano notato anche loro.
« Dai, ragazza! Dì qualcosa o qui si mette male!» pensò Uvo arpionandola con due occhi terrificanti.
«Perché mi guarda così? Cosa dovrei dire!? Era evidente, maledizione!» pensò Kira.
"Hmm..." mugugnò il samurai grattandosi il mento, sospettoso.
"Ah, che sbadata!" si illuminò all'improvviso "Ho avviato la lavatrice dimenticandomi la canotta! E la federa! Che stupida! Pazienza, dammi, la metto nel cesto per il prossimo giro."
Uvo annuì grave.
"Con la sudata che ho fatto prima serve una bella doccia! Sicura tu di non avere male? Do un'altra occhiata?"
"Gentilissimo, ma penso non ce ne sia bisogno, grazie infinite sensei."
"Bene, ottimo. Dopo esco a fare due passi di ronda. Uso l'altro bagno." telegrafò Uvo camminando all'indietro fino al bagno.
"Ah, stai più attenta con quei detersivi, eh?"
Nobunaga era perplesso, lo seguì con occhi sospettosi finché non ebbe chiuso la porta a chiave.
Girò gli stessi occhi stretti su di lei scrutandola di sottecchi.
Lei somigliava ad un coniglio nascosto in una prateria. Era evidente che aveva interrotto qualcosa.
"Beh, vuoi che ti infili nell'asciugatrice?" esclamò frettolosa "Su, fuori! Devo fare pipì!"
E chiuse la porta a chiave davanti al suo naso.

Nobu sorrise paziente, il mento tra le dita. Girò i i geta e se ne andò.

Una giornata differenteWhere stories live. Discover now