CAPITOLO 5

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"Perché non si può andare in quella stanza, signor Shalnark?"
"Ah, Lula!" lamentò il ragazzo "Puoi fare a meno del "signor", chiamami solo Shalnark."
"Va bene, va bene. Quindi?"
"Beh, è la stanza privata diciamo quella padronale. Anche a noi è vietato andarci a meno che non ce lo permetta."
"E la stanza a fianco?"
"Non saprei, è sempre chiusa a chiave. Ci ha detto esserci la stireria ma di fatto non l'ho mai vista. Forse gli altri sì."
"Hm, sarà. Comunque..." disse riavviandosi i capelli.
Shalnark attese, neutro.
Erano seduti entrambi sulla terrazza al primo piano, sotto la tenda. Lula gli scivolò più vicina.
"In che modo vi siete sbarazzati di quelli che mi seguivano?"
"Ah...!" la mascella gli si bloccò e si ammutolì come nervoso.
«Diamine, ora che le dico?!» pensò Shal nel panico.
Lula attese, osservandolo balbettare consonanti e vocali come un bambino balbuziente.
«Ma che gli è preso?» pensò incrociando le braccia scocciata.
"Ma come, Shal, non le hai raccontato di come li abbiamo messi in fuga dopo averli inseguiti in mezzo ai campi?"
La voce dell'uomo in tuta irruppe nella conversazione piena di spavalderia.
Shalnark sospirò sollevato: arrivavano i rinforzi.
"Sì, stavo per raccontarglielo appunto."
"Ci stavi mettendo un bel po'. La ragazzina lo aveva come scritto in faccia, che era a disagio." soggiunse la voce del samurai
"Lula, lui è Phinks. Uno dei tuoi salvatori! E lui con gli abiti orientali è Nobunaga."
I due salutarono.
"Avresti dovuto vederci. Eravamo in due, io e lui. Io prendo un bastone ed un ramo pieno di foglie, lui con la spada..."
"Oh, Phinks, per carità..."
"Evita di imbarazzarci, Phinks. Shal, era sufficiente dirle che sono scappati e non torneranno più." disse seria Pakunoda, appena arrivata nella stanza..
"E-era quello che volevo dire, ma lui ha iniziato a..."
"Senti, ragazzina, quanti anni hai?" domandò Nobunaga, ignorando gli altri.
Era colta alla sprovvista le ci volle un attimo per elaborare.
"Eeh... Venticinque."
"Così giovane e tanto ambita? Devi avere qualcosa di particolare." ragionò svelto il samurai.
"Del tè, ragazzi?" chiese l'ometto piccolino con i capelli lunghi e bianchi "C'è una miscela per farlo freddo."
Ostentava dal basso del suo metro e dieci una teiera di ceramica verde scuro con manico nero.
"Ehi! Non mi ignorate! Stavo raccontando di come abbiamo messo in fuga..."
"ZITTO!" gli strillarono gli altri tre.
Lula trasalì e rise.
"Lula?" chiamò la padrona di casa entrando nel salotto.
La ragazza si alzò dal suo posto e rientrò.
Nobunaga la seguì con lo sguardo, sorseggiando dalla tazza.
"Dubbi?" gli domandò Paku.
"Mi incuriosisce che una ragazzina così fosse una fonte di interesse per così tante persone. Anche se, considerato tutto, loro erano un bel po' fuori di testa."
"Huh?"
"Dicevano cose strane, sembra che sia scappata da un bordello o da un campo di sfruttamento."
Lei non rispose.
Nobunaga si voltò a fissare la sua compagna di gruppo.
Si sorrise realizzando una cosa.
"Ma suppongo tu sappia già tutto."
"Già."
Ridacchiò sotto i baffetti e sospirò.
"Sono proprio un idiota."

"In che senso 'metodo alternativo'?" domandò Lula fissandola stranita.
Kira sospirò. Non sapeva come fare a spiegarglielo.
"Er... Diciamo pure che si tratta di un tipo di energia che loro riescono a padroneggiare. Non sarà doloroso, tutt'altro."
La rossa si attorcigliò una ciocca su un dito. Guardò il braccio dolorante, i piedi, il braccio sinistro con cerotti e fasciature.
"Proviamo" rispose fiduciosa.
"Provare cosa?" giunse lontana la voce di Nobunaga sul terrazzo.
"A curarla! Ricordi cosa ho domandato stamattina a Uvo?"
"Oh." annuì il samurai grattandosi la collottola "E se non funziona?"
La padrona di casa fece spallucce.
"Se non funzionerà ci metterà qualche mese a rimettersi, come per una qualunque altro braccio fratturato. Intanto Franklin ci darà una mano. Essendo Emettitore può dare man forte, anche se in teoria Uvogin non dovrebbe avere problemi."
Nobunaga si grattò il mento.
Pakunoda si alzò elegantemente, diretta a riporre la tazza vuota in cucina.
"Credo che se riuscisse a guarire la ragazza in questo modo sarebbe un'eccellente idea da sfruttare per il futuro." disse, ancheggiando verso il lavandino.
"Non credo Uvo si lascerebbe sfruttare così facilmente! A meno che non si tratti di un caso d'emergenza, si intende." osservò Shalnark con la sua solita allegria, sorseggiando gustosamente la sua bevanda fresca.
Phinks sembrava dubbioso in merito, non disse nulla, rigirando il bicchiere con due cubetti di ghiaccio.
"Se però non dovesse funzionare dovrebbe andare in ospedale, penso. Franklin ha detto che ha ferite molto profonde ed alcune molto gravi."
La padroncina sospirò, stringendosi nelle spalle.
"Nulla che la mia magia non possa rimediare."
Kortopi scese dal tavolo in cucina con un balzo, afferrò un pacco di biscotti e andò in balcone con gli altri, offrendo i dolcetti a tutti.
"Perché non hai usato la tua magia subito, anziché curarla in modo standard, Kira?" domandò poi, sgranocchiando di gusto insieme a Shal.
La giovane padrona di casa si torturava la pellicina di un dito nervosamente, fissando il vuoto assorta.
La domanda di Kortopi la risvegliò dal torpore.
"Perché" spiegò "Per il tipo di ferite che aveva erano sufficienti i normali medicinali, Topi. Essendo la mia magia diversa dal vostro potere NEN, soltanto in casi gravi o soltanto quando è strettamente necessario ne faccio uso. La magia ha un prezzo, ragazzi, non dimenticatelo mai."
"Però, allora, che senso ha fare usare ad Uvo il suo NEN per curarla?"
Gli occhi di Kira fluttuarono graziosamente dal vuoto sul pavimento alla sua figura.
"Beh, è un esperimento."
Kortopi sorrise insieme agli altri che ascoltavano attentamente.
"D'altronde non ci aveva pensato nessuno, nemmeno lui."
Phinks rise educatamente.
"Lui men che meno...! Ma adoro l'animo scientifico con il quale agisci. In effetti hai proprio ragione, non ci avevamo pensato."
"Parla per te!" lo lapidarono all'unisono Pakunoda e Shalnark.

Lula osservava la scena gustando alcuni dei biscotti che Kortopi le aveva offerto dal sacchetto. Sentiva di potersi fidare di queste persone, per quanto strane e particolari fossero.
Sentiva un calore che aveva quasi dimenticato.
Il calore di una famiglia unita.
"Ehi!" chiamò la voce grossa di Franklin dal vialetto ghiaioso sotto di loro.
"Vogliamo provare?"
"Muovetevi, non ho tutto il giorno!" gli fece eco la voce snervata di Uvogin.
Kira allacciò le mani dietro la schiena, fece cenno con la testa a Lula e le due andarono verso la porta.
"Sono proprio curioso di vedere se funzionerà!" fece curioso Shal mettendosi in piedi e scuotendosi le briciole dalla maglia.
"Questa non me la voglio proprio perdere." disse con aria di sfida Phinks.
"Sì, anche io! Voglio proprio vedere cosa combinano quei due. L'allenamento può aspettare." disse Nobunaga incuriosito.
"Piuttosto, avete notizie del capo e degli altri?" domandò poi scendendo le scale
"Machi e Bono dovrebbero tornare insieme al capo la prossima settimana." avvisò Shal, sgranocchiando un ultimo biscotto.
"Hanno chiamato stamattina."
Nobunaga annuì, serio.
Ben presto per le scale si creò una piccola processione.
Girando a sinistra giù dalle scale entrarono nel salone dove avevano pranzato tutti insieme.
"Dove sarà Fei?" chiese Phinks.
"E' vero, è da oggi a pranzo che non lo vedo." fece notare Kortopi
"E' andato con Shizuku a fare delle compere per mio conto, torneranno presto." rispose Kira.

Il tavolo era stato spostato per fare spazio allo stesso materassino. Seduti ai due lati stavano Uvogin, accigliato a braccia conserte, e Franklin, seduto a gambe incrociate, concentrato, che stavano aspettando.
"Beh?" fece Uvo infastidito "Cos'è, la Corte Dei Miracoli? Non avete altro di meglio da fare che starci tra i piedi?"
Kira e gli altri sorrisero. Era il suo modo di fare, dopotutto, ci erano abituati.
Lula intimorita e inconsciamente mosse un passo indietro fermandosi su una spalla di Kira. Si scusò e la padrona di casa poggiò le mani delicate sulle spalle della ragazza dai capelli rossi.
"Non preoccuparti dei suoi modi, fa il burbero ma è un tenerone. Su, sdraiati in mezzo a loro." le bisbigliò.
Lula annuì e mentre andava a sedersi sul materassino Phinks rispose.
"Beh, non capita tutti i giorni di vederti fare una cosa che non hai mai fatto."
"Giusto" aggiunse il samurai, grattandosi svogliatamente il petto con un sorriso birbone "Vogliamo vedere se l'esperimento riesce o meno."
"HAH?!" ruggì Uvo girando un orecchio verso di loro. La sua espressione indispettita presagiva botte pesanti.
"Siete venuti ad assistere al mio fallimento per deridermi, eh?!"
I suoi compagni sfoderarono una grottesca espressione sorniona.
Uvogin sbuffò ruvidamente, offeso.
"... Ma tu guarda, che razza di faine schifose....!" mormorò offeso.
Franklin sospirò e prese la parola
"Assolutamente no, ragazzi. Abbiamo bisogno di concentrazione, per favore uscite."
Pakunoda intrecciò le braccia seria poi girò elegantemente sui tacchi e uscì in giardino.
Kira si grattò la testa imbarazzata.
"Abbiate pazienza, per favore, è già difficile: la sua concentrazione è labile..."
"Già!" rinfacciò con arroganza Uvo; mosse le braccia incrociate verso il basso quasi a rafforzare quanto diceva.
"Non riesco a fare un cazzo di niente se mi distraete!! Via, àndale! Fuori tutti dalle palle!"
"Su, da bravi...!" tentennò lei in difficoltà spingendoli graziosamente verso la porta.
Sulla soglia Kira iniziò a chiudere la porta ma gli occhi serpentini di Phinks ebbero un guizzo e lesto mise in mezzo un piede facendo rumore. Kira non se l'aspettava e lo guardò storto.
Due occhi verdi si alzarono verso l'uscio, minacciosi.
"Ehi!" gridò "Non è giusto però! Perché lei resta?"
"Perché lei può!" rispose fermo Uvo, evidenziando un velo di orgoglio.
Proprio quando un sottile strato di aura rossa stava circondando il suo corpo, Frank alzò un braccio.
"Spostati!" esclamò. Sparò una bolla di aura bianca che rapida finì contro il legno della porta chiudendola, rimbalzando altrove nel salone si dissolse.
Lula era senza parole.
Siccome non poteva vedere l'aura, riteneva che anche il suo "dottore" possedesse dei poteri eccezionali avendolo visto sbattere la porta allungando solo un braccio.
Il gigante seduto alla sua destra, invece, se ne stava seduto a gambe e braccia incrociate come un capo indiano. Pareva essere molto infastidito ma un gran sospiro di rassegnazione le fece intendere che probabilmente ora il clima si sarebbe disteso.
"Allora, iniziamo?" domandò impaziente.
Franklin annuì, invitando con un cenno della mano la ragazza a sdraiarsi.

La padrona di casa tirò le tende delle cinque finestre della stanza, chiuse la porta di legno dietro il materasso dove stava Lula e poi la porta a vetri.
Tutto era pronto per cominciare.

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