CAPITOLO 4

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A mezzogiorno il profumo del pranzo destò la ragazza dai capelli rossi.

Le avevano steccato il braccio perfettamente, le altre ferite nel corpo bruciavano molto più di quando si era risvegliata per la prima volta. Ora il suo corpo accusava tutto ciò che le era capitato, dovuto anche alle pomate, ai disinfettanti ed ai bendaggi.
Distinse un vociare di gruppo fatto di parole, risate, allegria provenire dalle scale.
Ora che ci faceva caso, era in un luogo differente rispetto a dove si era svegliata la prima volta, era su di un divano, in un salotto molto più caldo ed accogliente, arredato alla maniera contadina.
Il profumo proveniva dalla cucina, una stanza dietro un arco alla sua destra, e le voci, prevalentemente femminili e di un ragazzino, erano concentrate lì.
Si alzò digrignando i denti dal dolore: i piedi erano bendati, gonfi e sicuramente feriti siccome aveva corso scalza per chilometri. Nonostante ciò si alzò e barcollò col braccio assicurato al collo da una larga garza.

La padrona di casa, la signora col caschetto biondo, una ragazza con caschetto nero ed occhiali stavano parlando allegramente mentre ciascuna di loro teneva in mano uno o due piatti pieni di riso con verdure.
"Oh! Ti sei svegliata, che bello!" flautò la padrona di casa, posando il mestolo.
"Hai dormito parecchio, povera cara. Come ti senti?" le domandò la donna che ricordava chiamarsi Pakunoda.
"Beh, rispetto a prima sicuramente meglio. Sarei stata peggio nelle mani dei miei aguzzini, suppongo..." rispose timida.
"Qual è il tuo nome?" domandò schiettamente innocente la ragazza con gli occhiali.
"Mi chiamo Lula."
"Che nome strano."
"Shizuku..." la chiamò con rimprovero la padrona di casa.
"Lula ti va di mangiare qualcosa?"
La ragazza annuì.
"Ma prima di tutto ti serve un bagno. E degli abiti decenti. Vieni con me! Ragazze, per favore, servite non ci metteremo molto."
Kira la condusse nella stanza da bagno, facendo attenzione l'aiutò a lavarsi. Tutto sommato in mezz'ora ebbero fatto il tutto; diede alla sua ospite un paio di pantaloncini e una maglietta a maniche corte facendole scegliere dal suo armadio personale, quindi seguirono le altre donne, che le avevano aspettate, giù per le scale al piano terra, dove era stata curata.
L'arredo era stato risistemato, non ricordava che ci fosse un grande tavolo al centro della stanza; era imbandito e seduti al desco c'era l'uomo con i lobi lunghi che l'aveva curata, il bel ragazzo biondo, il bambino con i capelli lunghi ed altri che ripescò dalla memoria faticosamente riconoscendoli come i tre uomini che erano usciti dal portico insieme alla giovane padrona di casa.
Si sentiva osservata come una cavia da laboratorio e le sue guance puntinate di lentiggini si arrossarono.
"Vieni, siedi qui insieme a noi." disse la giovane padrona di casa, scostandole una sedia accanto a lei.
"Oh, finalmente!" gioì il gigante dai capelli grigi.
"Ci sono anche gli altri, ricordatelo..." lo ammonì il "dottore" di fianco a lui.
Il ragazzo biondo rise.
"Ce n'è per tutti quanti." li calmò la ragazza con gli occhiali servendo i piatti.
Qualcuno mugolò con l'acquolina, altri restarono in silenzio.
"Già, non fare l'ingordo come al solito! Abbiamo anche un'ospite a tavola!" fece pedante il samurai.
"Posso prendere a calci Nobu, se non tace?"
"HAH?!"
"No, Phinks, non puoi. Sono le regole." rispose severa la padroncina.
"E non strillare, idiota." disse Uvo, castigando l'amico con un ceffone sulla collottola.

Quando il riso freddo con verdure e altre pietanze vennero servite e tutti furono seduti, Uvo picchiò il pugno contro il palmo. A questo segnale tutti si zittirono e chinarono il capo, in preghiera, Uvo restò immobile con gli occhi chiusi.
Sembrava che il tempo si fosse fermato.
Lula notò che la tavola gli arrivava sotto il petto, doveva essere decisamente alto.
Aveva un aspetto inquietante, come un lupo, eppure vederlo così lo incuriosiva.
Scrutò tutti uno per uno e si domandò in quale razza di casa fosse finita.
Chi erano, loro? Non ce n'era uno uguale all'altro, era impossibile definirli fratelli o sorelle.
Lui forse doveva essere il capofamiglia? La padrona di casa, quella Kira che ora pregava come gli altri, in silenzio, sarà stata sua moglie?
Prima che se ne rendesse conto il tempo era già finito.
Uvo cozzò ancora il pugno contro il palmo.
"Itadakimasu! Buon appetito a tutti!" dissero tutti quanti in coro e come se nulla fosse stato ripresero a parlare, a servirsi come se nulla fosse.
Che lingua era? Da dove venivano?
Prima che altri pensieri si affollassero, la mano gentile di Kira si posò sulla sua spalla sinistra.
"Lei è Lula, sarà nostra ospite per un pò di tempo fino a quando non si sarà completamente ristabilita. Siate gentili e pazienti con lei."
"Osu" risposero tutti, alcuni con la bocca piena, altri in ritardo.
"E cercate di non farla sentire a disagio..." aggiunse Paku, roteando gli occhi in direzione dei ragazzi.
Erano davvero una combriccola movimentata ed il pranzo andò avanti fino alle due del pomeriggio. Nonostante sembrasse che si accapigliassero spesso, ciascuno faceva la sua parte, quasi nessuno stava con le mani in mano quando c'era da aiutarla.
Mentre il ragazzo biondo e un ragazzino con i capelli neri e la pelle pallida sparecchiavano, Lula si avvicinò alla ragazza.
"Posso parlarle un secondo?"
"Va bene, ma non darmi del lei! Chiamami pure Kira."

Una giornata differenteDove le storie prendono vita. Scoprilo ora