CAPITOLO 2

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Un nugolo confuso di voci parlottavano tutt'attorno a lei come un brusio di api inustriose.

La testa le girava ancora, si sentiva dolorante e pesante.
Aveva la vista appannata e le orecchie ovattate, a malapena distingueva le voci maschili da quelle femminili. Forse c'era anche un ragazzo o un bambino.
Si sforzò di aprire gli occhi e mettere a fuoco qualcosa ma tutto ciò che vide furono le ombre delle persone attorno a lei, che si stagliavano davanti ad una luce filtrata da una garza.
"Si sta svegliando." notò una delle voci.
Roteò la testa a destra e a sinistra.
Fece per portarsi una mano agli occhi ma un dolore lancinante l'attraversò come una scossa fredda.
"Oh, no, no, cara!" disse una voce femminile "Faccio io, non ti muovere."
Pian piano la vista si fece più chiara, gli elementi erano più a fuoco di prima anche se doveva riabituarsi alla luce. Sentiva gli occhi gonfi, pesanti, sembrava bruciassero ma era solo una sensazione.
Mise a fuoco cinque ombre nere, prima fra tutte la figura corvina della padrona di casa, intenta a inzuppare un batufolo di cotone e tamponarle un angolo del viso.
La ferita bruciò così tanto da farle succhiare l'aria tra i denti.
"Buona, buona... Ora passa. Deve bruciare un po'." la incoraggiò maternamente la ragazza.
La fissò a lungo finché i suoi occhi e le sue orecchie non la misero completamente a fuoco.
"Ecco. Visto? Non brucia più!" le sorrise.
Una sensazione di calore le avvolse i piedi. Provando a muovere le dita sentì che erano bendati.
"Certo che deve aver mangiato i chilometri correndo a quel modo... Doveva essere davvero disperata." osservò una voce scura.
"Correre era la sua unica speranza." proseguì la voce come di un ragazzino.
Provò ad alzare la testa per vedere chi e con cosa le stesse massaggiando le gambe.
Un uomo molto enorme con le orecchie dai lunghi lobi le stava spalmando una pomata, mentre un ragazzino con i capelli lunghi argentati stava bendando il braccio che aveva appena alzato.
"C-cosa succede? Dove... sono?" balbettò la rossa.
"Sei al sicuro ora, i nostri compagni si sono occupati dei tuoi inseguitori e non hai nulla da temere." disse la donna con la fondina dietro la sua testa.
Il tailleur viola che indossava le disegnava un corpo perfetto e sensuale e pareva quasi esserle stato cucito addosso.
La guardava con tenerezza, accarezzandole i capelli.
"Più precisamente sei a casa mia." aggiunse la mora dai capelli lunghi, intenta a spalmare una garza con un gel profumato.
"Cerca di non muovere il braccio. Probabilmente hai qualcosa di lussato ma si riprenderà presto."
"S-sì... Grazie..."
I suoi occhi fissavano ostinatamente l'uomo con i lunghi lobi che con una calma zen le stava medicando i piedi.
Le faceva impressione, non aveva mai visto delle orecchie così lunghe.
Doveva averlo notato, infatti l'uomo le lanciò un'occhiata neutra che le imporporò le guance di imbarazzo.
Il brontolio del suo stomaco risuonò chiaro nella stanza interrompendo ogni parola.
Ora poteva venire seppellita dalla vergogna.
Qualche risatina prima che la padrona si alzasse.
"Vado a prepararti qualcosa. Ora che ti sei svegliata bisogna che metti qualcosa nello stomaco. Hai gusti particolari?"
La ragazza scosse indecisa la testa prima che la padrona di casa scomparisse fuori dalla porta, immediatamente dopo la sentì salire delle scale verso un piano rialzato.
Si guardò attorno.
Il luogo dove si trovava era fresco, ombroso, ampio, con un sacco di strumenti musicali; si trovava per terra su di un materasso di fianco ad un divano rosso e attorno a lei c'erano diverse colonne. Il soffitto portava delle travi nere di ferro che attraversavano le arcate, probabilmente una volta quella doveva essere stata la stalla.
Una fitta fredda la richiamò al presente.
"Scusami" disse soltanto l'uomo dai lunghi lobi.
Le stava manipolando il braccio e faceva molto male ma le sue enormi mani parevano sapere dove e cosa toccare benché dolesse molto. Sembrava accigliato o forse era la sua espressione naturale; valutava i danni e mormorava in silenzio riflettendo.
"Mi dispiace, devo rimetterlo a posto alla vecchia maniera." fece poi, alla fine delle sue silenziose considerazioni.
"Paku" chiamò quindi l'uomo.
La bella signora col tailleur le venne vicino e le toccò le spalle.
In quel momento qualcuno chiuse una porta alle loro spalle.
"Ehi, Shal" chiamò ancora l'uomo dai lunghi lobi "Prendi un pezzetto di legno e avvolgilo in un fazzoletto."
La rossa aveva ormai capito di cosa stava parlando poco prima.
"Ah, non si riesce a curare, quindi?" civettò una voce giovane molto allegra camminando verso di loro.
"Se lo lascio così crescerà storto, tanto vale..."
"Hmh. Capisco!" osservò un ragazzo biondo, accovacciandosi di fianco a lei.
Era un ragazzo biondo con degli occhi azzurri come il cielo, un caschetto a ciotola, diverso dal taglio della donna. Aveva un viso quasi angelico e rincuorò la ragazza.
La osservò e le sorrise fasciando il bastone.
"Devi essere caduta molto malamente o aver appoggiato il peso sul braccio in una qualche maniera." proseguì l'uomo che la stava curando.
Il ragazzo biondo le sorrise, la donna che aveva risposto al nome Paku le posò gentilmente la testa sulle gambe ripiegate da un lato e la accarezzava per confortarla.
"Devi essertelo fratturata arrivando nella via." disse il ragazzo allegramente assestando un nodo a fiocco "Kira ci ha detto che ti ha visto imboccare la strada in scivolata girando sopra al braccio. Con l'adrenalina nel sangue non devi averla sentita."
"Ed ecco spiegata la frattura." chiarì il "dottore".
"Tieni, non sarà piacevole ma se mordi questo sopporterai meglio." le disse il ragazzo porgendole il bastone.
Il cuore della ragazza iniziò a battere fortissimo, increspò le sopracciglia come a chiedere pietà.
Chi era Kira? Chi erano loro?
Oh, che importava ormai? Aveva ben capito che non potevano essere pericolosi siccome la stavano soccorrendo. Sembravano un gruppo ben unito.
Paku le sorrise maternamente.
"Vedrai, guarirà meglio."

Una porta si chiuse lontano in direzione dei piedi della giovane ferita, dei passi felpati rivelarono essere la padrona di casa che sedette di fianco allo strano medico con una cesta dalla quale usciva una striscia di garza.
"Una ragazza così coraggiosa da scappare per chilometri dai suoi aguzzini ha paura di un braccio da sistemare? Non può essere...!" l'ammiccò.
Interdetta aprì la bocca e con il braccio sinistro cercò un lembo della gonna di Paku che profumava di Chanel.
Una volta che il ragazzo dal viso simpatico le ebbe sistemato il legno avvolto nel fazzoletto bianco e azzurro ansò alzando e abbassando il petto, nervosamente. Chiuse gli occhi e languì come guaendo.
"Quando sei pronta tu." le disse l'uomo.
Il cuore pulsava in un crescendo di ansia e paura. Chiuse gli occhi e raccogliendo tutto il suo coraggio si assicurò tra i denti l'arnese ed annuì sicura.
"Okay, al mio tre." disse ed iniziò a contare lentamente
"Uno. Due..."
Uno schiocco secco le tronò il fiato in gola. Rantolò mordendo così tanto il legno che lo spezzò. Due rivoli rapidi le scesero dagli occhi e si accasciò svenuta sulle gambe della bella signora.
"... Tre!" finì lo strano dottore con un sorrisetto malizioso.
"Certo che sei proprio bastardo, Frank!"
"Era troppo tesa, l'avrei danneggiata più di quello che già non è. Darle una falsa sicurezza l'ha rilassata a sufficienza. Funziona sempre con chi ha paura del dolore."
"Fasciamola, adesso. Poi la porteremo su, qui fa troppo freddo."

Una giornata differenteWhere stories live. Discover now