CAPITOLO 1

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L'aria non odorava nemmeno di rugiada quando i raggi del sole iniziarono a brillare sull'erba fresca della campagna.
In lontananza la bruma di quella mattina d'estate si fece squarciare dai morbidi fasci di dorato timido sole che facevano capolino dai due argini che circondano il casale.
Una folata mosse l'erba imperlata bagnando i piedi nudi e sporchi di terra, sassi, fili secchi.
Il fiato affannoso di una corsa generava sbuffi di fumo bianco mentre falcate rapidi, lunghe e veloci divoravano inesorabili le centinaia di metri che ha davanti.
Una ragazza dai capelli rossi ed il viso paonazzo stava fuggendo, vestita di una sottoveste di cotone che lasciava trasparire le sue curve adulte e contenute.
La bocca di rosa appena dischiusa ansava affamata d'aria e riposo, senza sosta. Il fiato fischiava e rantolava di paura e fatica.
Giunta alla fine dell'argine saltò senza problemi la spessa barriera di ferro che separava il soffice manto erboso dall'asfalto e mentre accelerava per correre a perdifiato sulla strada deserta, girò il collo a destra e vide il casale in mezzo ai campi.
Strinse i denti rantolando un soffocato ringhio e stringendo forte i pugni proseguì a testa bassa.
Alcune voci di uomini violenti squarciarono ovattate il silenzio dell'alba proprio mentre lei gettava il suo corpo nella curva d'entrata della via, talmente veloce da farla scivolare. Sarebbe sicuramente finita a terra se non fosse stato che per i suoi riflessi, carichi di adrenalina, aveva allungato un braccio molleggiando con una mano sulla strada e riprendendo spinta ed equilibrio.
Non fece caso allo schiocco sordo come di ossa e alla fitta fredda che le attraversava il braccio, troppo concentrata a salvarsi.
Le voci di quegli uomini sembravano avvicinarsi a lei. O forse era soltanto uno scherzo della foschia che adesso andava via via diradandosi mentre il sole sorgeva.
Doveva tenere duro: ormai mancava pochissimo. Era la sua unica speranza.

Una finestra si aprì sul fronte del casale.
Una donna dai lunghi capelli neri si stiracchiò sbadigliando.

"EHI!!"

La ragazza alla finestra strinse gli occhi sull'orizzonte.

Correva con le lacrime agli occhi, la sottoveste macchiata di sangue e lacera come di frustate.

"AIUTO!!"

Un grido disperato le squarcia la gola. Alza un braccio mentre continua a correre.

Era ancora lontana un paio di centinaia di metri, ma nel silenzio del mattino giunse chiarissimo alle orecchie della padrona di casa.
"VI PREGO! AIUTATEMI!!"
Imboccò la seconda curva.

Altri movimenti colsero l'attenzione della ragazza alla finestra proprio all'inizio della via.
Una torma di uomini, una decina in tutto, brandivano catene e correvano vociando minacciosi.
"Eccola là!"
"Non scappare, lurida cagna!!"
"Riacchiappate quella puttana! Correte, razza di imbecilli!!"
La ragazza dai capelli rossi rallentò rapidamente la sua fuga, gettandosi contro le sbarre del cancello del casale.
"VI PREGO! VI PREGO, AIUTATEMI!! MI VOGLIONO UCCIDERE!! VI PREGO!!" continuava.
Quando i suoi occhi appannati furono liberi dalle lacrime notò che la finestra era chiusa.
Sentì la testa pesante, ogni pezzo di membra cedere allo sconforto e alla gravità così aggrappata disperatamente al ferro elegantemente battuto a mano.
"... No... No!... Vi prego...! Vi supplico... Aiutatemi!..." rantolò piangendo e singhiozzando con la voce rotta, ormai estinta.

Il cancello automatico scattò aprendosi sotto il suo peso, la porta del porticato si aprì e la padrona di casa, la ragazza che era alla finestra, avvolta in uno scialle, uscì andandole in contro.
Con lei alcuni uomini e donne dall'aspetto sinistro. Una delle donne, una donna bellissima dai capelli a caschetto biondi ed il naso adunco, aveva una pistola nella fondina.
La fuggitiva se ne stava immobile, con gli occhi gonfi di disperazione.
«Dalla padella alla brace... Maledetta la mia sfortuna!...» pensò la ragazza dai capelli rossi e non appena il gruppo le fu a breve distanza si rannicchiò istintivamente trattenendo il respiro, chiuse gli occhi.

Una mano gentile le circondò le spalle ed un tepore morbido l'avvolse.
Non era decisamente ciò che si aspettava ed il fiato le si mozzò in gola non appena si sentì toccare.
La padrona di casa aveva preso uno scialle anche per lei, l'aveva avvolta e la donna bionda con la pistola le aveva dolcemente circondato le spalle con un braccio.
La portarono dentro il giardino mentre gli uomini passavano loro oltre, sulla strada, a passo sicuro.
"Sei al sicuro, adesso." flautò tenera la voce della ragazza coi capelli neri.
"Poverina, cosa ti è successo?"
La donna bionda la scrutò profondamente per qualche attimo poi iniziò a camminare insieme all'altra donna conducendola nel giardino.

"Vieni dentro, ci prenderemo cura di te." aggiunse la sensuale voce della signora bionda.

Un caldo abbraccio le avvolse il cuore.

Guardò dietro di sé osservando i tre strani uomini che erano usciti insieme a loro; uno di loro era un gigante dai capelli grigiastri, un altro sembrava un samurai. L'unico normale aveva i capelli biondi ed indossava una tuta da ginnastica.
"Avevo proprio bisogno di fare esercizio!" esclamò proprio quest'ultimo, roteando il braccio destro con la mano sinistra sulla spalla.
"Huh! Un bell'esercizio mattutino! Da quanto non capitava, mi sto rammollendo!" seguì il samurai al centro, con una calma innaturale.

"Bah!" grugnì il gigante con una voce molto profonda "Sono mezze calzette, non ce n'è nemmeno abbastanza per me solo. Vi lascio giocare, questa volta passo. E fatemi almeno divertire un po'."

Una mano gentile posò due dita sul mento della rossa, la testa si spostò in avanti.
"Non hai nulla da temere, i tuoi inseguitori saranno sistemati." sorrise la padrona di casa coi capelli neri.
Mentre entravano nel porticato fiorito sentiva le grida degli uomini avvicinarsi sempre di più; le grida di carica in pochi attimi si trasformarono in urla di spavento e ritirata.

La donna bionda e la padrona di casa aprirono la porta di legno a sinistra dentro al porticato e la condussero dentro. La testa le girava, non distingueva che del marmo e delle scale. Sopraffatta dalle emozioni la sua vista si appannò ed il suo corpo divenne sempre più pesante.
«Grazie...» pensò come ultima cosa, prima di perdere i sensi dalla stanchezza.

Una giornata differenteDove le storie prendono vita. Scoprilo ora