Chapter VIII

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🎵 Breaking the Habit
Linkin Park

Sentii la mente scollegarsi dal corpo

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Sentii la mente scollegarsi dal corpo. Analizzare la scena dall'esterno, percepire la paura di ognuno di noi. I suoni, i sibili delle voci che si sovrapponevano in cerca di soluzioni mi arrivavano ovattati. L'unico rumore che riuscivo a distinguere era il battito accelerato del mio cuore. Sembrava quasi volermi uscire dal petto. Portai una mano su di esso respirando lentamente.

Pensa, pensa...ora dovevi pensare Ivy. Li avevi messi tu in questo casino e tu li dovevi tirare fuori. Passai in rassegna ogni centimetro della stnza, non c'era posto dove nascondersi. Eravamo in troppi e le guardie avrebbero comunque demolito ogni cosa alla ricerca di prove. Ci avrebbero trovato.

Le voci fuori dalla porta si fecero più intense, qualcuno abbaiò ordini. Non mi azzardai a guardare i ragazzi chiusi qui dentro con me. Sapevo che erano paralizzati, proprio come la sottoscritta. La testa mi girava lievemente e la vista si offuscava. Il cuore prese a martellarmi nelle orecchie ancora più prepotentemente, finché oltre a questo suono non ne iniziai a distinguere un secondo.

Sbattei le palpebre più volte. La vista tornò in funzione, i miei occhi guizzarono a destra e sinistra alla ricerca della fonte. Era un rumore metallico, continuo. Sembrava che provenisse dal soffitto. Alzai lo sguardo e realizzai. La turbina dei condotti dell'aria, l'unica cosa che consentiva alle persone qui sotto di respirare, si in modo artificiale, ma comunque permetteva di restare in vita.

C'era solo un problema, la grata non si trovava sul soffitto. Sarebbe stato troppo facile. Era nascosta.

Due pensieri contrastanti mi inondarono la mente cercando di prevalere l'uno sull'altro. Eravamo spacciati. Era finita, tutto per colpa mia. E dove avrebbero potuto installare una grata se ce ne fosse bisogno. Potevo trovarla, su.

Diedi ascolto all'ultimo pensiero, il più rischioso. Dovevo provarci.

Mi diressi verso l'unico armadio della stanza, nero che occupava mezza parete. Sulla parte più alta di esso c'erano accartocciati diversi fogli, cartine geografiche e un mappamondo aggrovigliato da diversi fili elettrici. Spostai la sedia dalla scrivania e mi arrampicai.

Non badai a ciò che stavano dicendo o facendo gli altri. Sperai solo che non fosse un vicolo cieco e che la mia ipotesi fosse giusta.

Buttai a terra le cartine ed fu così che lo vidi, l'angolo di metallo bloccato dall'armadio. Gioii interiormente.

Scesi dalla sedia portando con me il mappamondo, in modo che non cadesse e creasse ulteriori rumori sospetti.

«Hori, Abe aiutatemi a spostare l'armadio, veloci». Parlai ai ragazzi. In un primo momento mi guardarono confusi ma poi mi raggiunsero senza fare domande.

Con la coda dell'occhio vidi Ridyan trafficare con i tasti del computer e sussurrare un leggero "addio covo da acker". Un po' onestamente mi dispiaceva. Era colpa mia...potevo solo immaginare il suo risentimento in quel momento.

Cataclysme 2.0Where stories live. Discover now