Missing moments: 1

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Come se avesse bisogno di urlare quanto potesse essere fondamentale, per una squadra del genere.

Lui, l'àncora a cui appigliarsi, quel giocatore nel mezzo tra i veterani che conoscono l'ambiente da sempre, e chi è appena arrivato.

Paulo era tutto ciò di cui la squadra aveva maggiormente bisogno.

E lui era pronto a dare tutto per lei.


A: Paulo
<<Scusa il ritardo.
In bocca al lupo,
Joya brillante>>
20:42


***


Il messaggio era un portafortuna che non serviva perché, senza visualizzarlo, Paulo aveva continuato a brillare, dettare un gioco perfetto, guidare la squadra e trascinarla alla vittoria senza molti sforzi per l'ennesima volta.

Come tutte le volte in cui riusciva a essere in campo con i suoi compagni, per loro.


Paulo si sarebbe ucciso, per il suo lavoro, per i suoi compagni e per la sua squadra.


E la sua ottima prestazione si era conclusa con un altro gol, dall'estremità dell'area di rigore, la sua mattonella preferita che gli permetteva di aggiungere alla lunga lista l'ennesimo gol non brutto, neanche per sbaglio.

Lo vedo venire travolto dai compagni di squadra, le cui urla sovrastano i microfoni dei telecronisti e le nostre da casa, poi corre ancora una volta ad abbracciare il suo mister, il quale non aveva smesso di credere in lui e non aveva fatto altro che difenderlo ed elogiarlo di fronte a qualche critica di chi non sapeva affatto chi fosse, e cosa fosse Paulo Dybala in spogliatoio, ancor prima che in campo.

Vengo travolta dall'abbraccio dei bambini, che prendo in braccio insieme salendo sul divano per festeggiare, mentre Alice improvvisa un balletto imbarazzante davanti alla tv insieme a Edoardo, incitandolo a salutare con la manina verso lo schermo della tv, che riprendeva proprio in quel momento l'ultimo abbraccio tra Paulo e Alvaro, che si volevano bene in una maniera difficile da descrivere, per il mio cuore.

E per il mio corpo, che sentivo un po' destabilizzato dalle tante emozioni e per la troppa esultanza probabilmente.


Mentre aspettiamo il fischio finale negli ultimi minuti, mi alzo dal mio posto, richiamata dalle braccia di Edo che reclama la mia attenzione, e il movimento con cui scatto in piedi per raggiungerlo mi fa girare la testa, così mi risiedo subito, poco più avanti del mio posto sullo stesso divano.

"Tutto bene?", mi scruta Alice, venendomi incontro mentre richiama la tata dalla cucina per tenere a bada i suoi mille figli gironzolanti per casa.

"Sì... sì, mi sento solo un po' stanca", la avverto, passandomi velocemente una mano sulla fronte, imperlata da un lievissimo strato di sudore.


Strano, dato che cominciavo a sentire un leggero freddo.


"Sicura? Non hai mangiato nulla, prima", continua Alice, e il solo pensiero del cibo mi fa portare una mano davanti alla bocca, sovrastata da un improvviso senso di nausea che mi fa scattare verso il bagno più vicino.

Sento lontanamente Alice mandare i gemellini nelle loro stanze, promettendo di raggiungerli il prima possibile per la buonanotte da entrambe, poi mi raggiunge velocemente, trovandomi con una mano alzata mentre la invito ad allontanarsi dal brutto spettacolo che si ritrova davanti.

Mi rimetto in piedi, dandomi una sciacquata alla bocca e alle mani, per poi osservare il mio viso pallido allo specchio, poi quello indagatore di Alice alle mie spalle.

Más que nunca - Paulo DybalaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora