Ventisette

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Maggio è un mese bizzarro, perché non sai mai se fa freddo o caldo. Quando arriva maggio il mio cervello va in confusione e non capisco più nulla. Non so mai come vestirmi perché o congelo o sudo il Rio delle Amazzoni sotto le ascelle. Non so se considerare la fine della scuola vicina oppure ancora lontana. E non so se iniziare a prendere quel maledetto antistaminico che sa di cetriolo radioattivo per la mia fottutissima allergia.

Maggio è così: è confusione, sbalzi di umore, stress e sbadigli allo stato puro. Non è che io non lo sopporti... Ci sono mesi decisamente peggiori e tristi come il piattino vuoto e sporco della torta che hai appena finito di gustare, ma diciamo che possono esserci mesi più belli.

Con lo sguardo, traccio una linea che va da un albero del cortile della scuola a un palo di legno piantato storto nel terreno. Non ho la minima idea di quali funzioni possa avere quell'affare, è da l'anno scorso che me lo chiedo, continuando a osservalo in fissa durante le ore di lezione più noiose.

Ho fatto molte ipotesi a riguardo di quel coso. Vanno da "forse potrebbe essere un ex supporto per una pianta" a "è sicuramente uno gnomo che si sta mimetizzando".

Appoggio la fronte contro al freddo vetro della finestra, sono esasperata, tant'è che non so quale dei tanti modi scegliere per porre fine a questo supplizio. E' un'ora di supplenza, una pallosissima ora di supplenza con una professoressa che sembra l'incrocio tra un Teletubbies e uno dei sette Nani, precisamente Mammolo.

Parla con voce lenta, piatta e bassa di tono, gironzolando per la classe con passo leggero e rilassato. Il suo spiegare è più soporifero di un dardo per orsi ripieno di tranquillante.

Perché la professoressa di storia si è ammalata? E specialmente, perché le supplenze sono fatte da una tizia che avrà l'età della pietra? E' bassa, le mancano i capelli e si veste in modo a dir poco osceno. Non riesco a fissarla neanche quando non mi degna di uno sguardo, e ho detto tutto. E' davvero terribile, fa male agli occhi, specialmente i suoi vestiti psichedelici a motivi aztechi.

La campanella di fine scuola suona e scatto in piedi per la gioia. Grazie a Dio quella tortura è finita, un altro minuto e sarei senz'altro esplosa.

Metto via tutto nella cartella, attenta che le copertine dei libri non si ripieghino su sé stesse, facendo le orecchie. Attendo impacciatamente che anche "Miss Tele-mammolo" abbandoni la classe ed esco anch'io, alla luce del sole che picchia rovente sulla mia testa.

Impreco e levo il giubbotto, già completamente immersa in un bagno di sudore. Fottuto maggio! Stamattina c'erano dieci gradi, com'è possibile che ora ce ne siano venticinque?!

«Fa calduccio eh?» una mano mi accarezza con gentilezza la spalla.

Mi volto verso di Charlie, più radiosa che mai. Fortuna che c'è lui... Senza il suo sorriso e la sua presenza le mie giornate sarebbero tutte uguali e monotone.

«Decisamente» borbotto, cercando di infilare con violenza il giubbotto nello zaino. «Ormai non so più come diavolo vestirmi»

«A cipolla»

«Che minchia c'entrano le cipolle adesso?».

Rotea gli occhi al cielo. «Povera piccola bambina, non ti hanno insegnato il significato di "vestirsi a cipolla?"»

«Sorvola la parte in cui mi tratti da stupida e arriva al dunque, grazie».

Dipinge sulla sua faccia in finto broncio e incrocia le braccia sul petto. «Vestirsi a cipolla significa vestirsi a strati, in modo che tu possa levarti o metterti vestiti in caso tu abbia o freddo o caldo»

«Non avevo mai sentito un detto del genere... Credo proprio che da ora in poi farò il cosplay da cipolla tutti i giorni».

Sghignazza e riprendiamo a camminare verso il cancello.

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