3. Brutta giornata

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Mi siedo su uno degli sgabelli di fronte al bancone e aspetto che uno dei camerieri venga a prendere le ordinazioni per chiedere un Caipiroska. Arriva molto presto: è un ragazzo molto giovane, capelli ricci e dorati e molto presto mi porge ciò che gli ho ordinato.
Tiro un sospiro di sollievo e sento i miei nervi rilassarsi parzialmente una volta mandato giù un sorso. Abbasso le palpebre per estraniarmi dal resto del mondo e godermi ancora di più la situazione.

<<Cosa le porto?>> domanda nuovamente il cameriere e mi appresto a dirgli che per il momento sto bene così. Fortunatamente sto zitta e mi risparmio la figura di merda. Apro gli occhi e capisco che quelle parole non erano indirizzate a me, ma ad un ragazzo al mio fianco. Ha i capelli neri e lisci, spettinati tendenti al mosso, e gli occhi neri. Si gira a guardarmi e abbassa lo sguardo sulle mie mani. Si sofferma sul bicchiere e sembra ponderare la sua scelta.

<<È un Caipiroska quello?>> domanda e non aspetta una risposta. A volte davvero mi stupisco di questo genere di persone. Perché ogni sacrosanta volta che mi trovo in queste situazioni, la mia mente riesce a elaborare soltanto una frase, una domanda per la precisione. E in alcuni momenti sono stata anche abbastanza tentata di porla ai miei interlocutori, ma a detta di mia madre sarei sembrata rozza e sgarbata.

Che cazzo chiedi a fare?

<<Ne prendo uno anche io>> riferisce al cameriere. Si gira verso di me e allunga la mano. <<Piacere Cole>>

Lo studio un secondo prima di stringergliela e presentarmi a mia volta. <<Catherine>>

Mi sorride passandosi una mano tra i capelli. <<Brutta giornata Catherine?>>
Annuisco mestamente bevendo un altro sorso. <<Brutta giornata>>

<<Tu invece? Sei un alcolizzato o c'è qualcosa che ti spinge qui alle quattro di pomeriggio?>>. Sospira e porta alla bocca il bicchiere, non appena il cameriere lo posa davanti a lui, prima di darmi una risposta <<Brutta giornata>> annuisco ancora finendo di bere.

Mi schiarisco la voce <<Mi scusi>> chiamo nuovamente il ragazzo del bar <<Potrei avere un Vodka Lemon?>> domando.

<<Due>> fa eco Cole al mio fianco. Però, ho trovato un compagno di bevute. Nel peggiore dei casi trascorrerò i prossimi tre mesi bevendo.

Non passano neanche due minuti prima che il cameriere appoggi i due bicchieri davanti a noi. Ne afferro uno in contemporanea con Cole. Ci guardiamo pochi secondi, poi alziamo le spalle e facciamo scontrare i due bicchieri di vetro che producono un leggero tintinnio.
Salute.

La situazione comincia a migliorare. Morale della favola? L'alcol è la soluzione giusta a tutti i problemi.

***

<<Tieni Catherine>> Cole mi allunga l'ennesimo cicchetto di vodka. Sento che dovrei fermarmi, ma non lo faccio. Questa situazione mi sta facendo dimenticare tutti i miei problemi e a me sta bene così. Sono felice. Cole è un ragazzo molto simpatico.

Ho scoperto che è italiano, ha dieci telefoni e due dita. Ah no, aspetta. Forse il contrario. Non posso assicurare niente, ma sono abbastanza certa che si tratti del contrario. Prendo il bicchierino che mi porge e lo mando giù sotto gli occhi scioccati e sgranati del barista che dopo due ore è costretto a rimanere dietro il bancone e portarci ciò che gli chiediamo. Sinceramente un po' mi dispiace, ma in questo momento è un dispensatore di felicità. Un poco come Babbo Natale, con qualche secolo in meno, i capelli biondi e un fisico niente male.

<<Okay, okay>> cerco di riprendere il controllo di me stessa <<Molto bene, forse sarebbe meglio fermarsi un attimo>> chiudo gli occhi per mantenere la concentrazione e formulare frasi di senso compiuto.

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