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Quando Mattia arrivò al Castello, uno dei suoi valletti lo informò che il padre lo attendeva nella sala del trono.
Era uno di quei giorni in cui non vuoi fare altro che sparire dalla faccia della terra e rinneghi di abitarci. Ma devi reagire.

I vestiti perfettamente stirati erano già sul suo letto e si cambiò cercando di essere particolarmente attento alla sua figura.
Non amava il gel, si vedeva molto meglio con il suo mosso naturale, ma l'etichetta prevedeva la perfezione. Il padre ci teneva molto e quando i suoi capelli non volevano collaborare era il primo a criticarlo.

Quel giorno era uno di quelli.
Non fece in tempo ad aprire le porte della sala che subito Enrico lo squadrò da capo e piedi.

"Sei in ritardo. E dubito che la causa sia la toletta data la cura che hai messo nel preparati" lo accusò tagliente come al solito.

"Solo di qualche minuto. Non c'è ancora nessuno..."

"Non hai mai imparato a tacere quando devi. Ricordati che un buon re, prima di esserlo, è stato un buon suddito."

"Perdonami." Tagliò corto scusandosi. Non voleva portare oltre quella conversazione e sapeva che sarebbe stato perfettamente inutile.

"Ti ho chiamato qui prima perché il giorno del tuo diciottesimo compleanno sarai anche incoronato principe erede. Non credo tu sia tagliato per il ruolo, non ne ho mai fatto mistero, ma sei il mio primogenito e questa è la legge." spiegò senza un minimo di empatia nello sguardo.

Non pensava fosse giusto che il padre passasse il tempo a sottolineare la sua inettitudine, ma ormai ci aveva fatto l'abitudine. Aveva pianto tanto e sperato fino all'ultimo che lo amasse,tuttavia le sue speranze erano sempre state deluse.

Da bambino i genitori sono il tuo unico mondo, l'unico che conosci; Mattia crescendo aveva capito che per anni aveva solo idealizzato quell'uomo che non gli somigliava per nulla.
Diventò un esempio di figura che non voleva essere: nonostante le insicurezze, lui sapeva che tipo di sovrano voleva diventare e non era come come lui.
Non voleva essere temuto, ma rispettato; non venerato ma stimato. In pratica ciò che Enrico reputava un re debole.

"Farò del mio meglio per compiacerti." recitò.

"Non lo hai mai fatto. Dubito comincerai ora." Disse prima di uscire e lasciarlo solo in quella stanza enorme.

Mattia guardò quello che sarebbe stato il suo trono e giurò su se stesso che sarebbe stato migliore del padre e che non avrebbe mai trattato suo figlio così.
Maria nel frattempo era entrata giusto in tempo per sentire le ultime parole del marito e rimanerne schifata: quel ragazzo non meritava il trattamento che gli era sempre stato riservato e lei lo sapeva bene.
Si avvicinò al figlio che era rimasto in silenzio e gli mise una mano sulla spalla; tante volte lo aveva visto piangere per i discorsi mortificanti paterni, ma quella volta quando si girò non c'era traccia di dolore nel suo sguardo.

" Mi dispiace." sussurrò Maria accarezzandogli il viso, che ora gli ricordava più solo quello del bimbo che era stato. Stava crescendo ed era diventato un bellissimo ragazzo dentro e fuori.

"Non ti devi dispiacere." le prese la mani e gliele strinse notando il dolore nei suoi occhi.
La madre gli aveva sempre dato tutto l'amore di cui era capace e sapeva quanto in prima persona soffrisse nel sentire il re denigrarlo.

"Sei migliore di quello che pensa; ed io credo in te come altri."

Proprio mentre diceva questo, Christian entrò come fosse stato chiamato. In effetti era stato il primo a credere in lui oltre sua madre e non ne aveva mai fatto mistero.
Grazie a lui aveva superato i momenti difficili perché si era sempre preso cura delle sue fragilità, facendogli notare quali fossero i suoi punti di forza.

La storia di un re - Mattia e Christian Where stories live. Discover now