Con lentezza mi alzo dal tavolo e afferro la giacca appesa all'attaccapanni accanto alla porta e la morbida sciarpa dei Tassorosso di Harry Potter. Poco dopo Eddie mi raggiunge e si copre per benino anche lui. Ha la mia stessa sciarpa, ma dei Corvonero, gli dona davvero molto.

Una sera avevamo fatto un test su internet su quale casa di Harry Potter appartenessimo e il giorno dopo ci eravamo fiondati in un negozio che vendeva articoli del film per comprare le sciarpe delle nostre casate. Siamo troppo fighi, sembriamo pronti per partire e andare a Hogwarts da un momento all'altro.

Usciamo a braccetto e ci stringiamo per cercare di non volare a terra scivolando sul ghiaccio, cosa inutile perché passati neanche dieci secondi, Eddie per poco non si spiaccica a terra come un budino, facendo rischiare grosso anche a me. Per fortuna siamo ancora tutti e due interi, con le mutande piene, ma comunque interi.

La fermata dell'autobus si staglia davanti a noi, affollata principalmente da studenti del nostro istituto. Sento un brivido percorrermi la schiena, ma non è per il freddo. Mi schiaccio contro Eddie e lui coglie subito il segnale; una volta fermi davanti alla stazione mi cinge le spalle con un braccio e mi stringe a lui per calmarmi. Mi sento quasi un pinguino, quelli che nei documentari naturalistici camminano sempre appiccicati alla propria mamma. Che teneri che sono.

Si sente un lieve rombo lontano e lo vedo: l'autobus. I fanali trapassano i numerosi fiocchi di neve che cadono dal cielo come zucchero a velo sopra una torta. In un attimo accosta davanti alla fermata e spalanca le porte. Eddie avanza per primo e mi prende la mano, trascinandomi all'interno del mezzo. Dentro fa abbastanza caldo, sento le mie mani e la punta del mio naso ringraziare il cielo per quel bel tepore che le scalda. Aleggia un odore strano, non saprei definirlo, sembra quasi un miscuglio tra "vaniglia chimica" e "corpo in putrefazione". Rimane comunque abbastanza fastidioso e nascondo il naso nella sciarpa per cercare di scampargli, anche se i miei tentativi sono abbastanza inutili.

Eddie mi trascina verso l'angolo meno affollato (meno si fa per dire) e mi lascia lo spazio vicino al finestrino. Mi siedo impacciata e rimango in silenzio per tutto il tragitto. Con lo sguardo percorro la città che si muove veloce accanto a me. Guardo le case, gli alberi, i cartelli, il cielo coperto da nuvole e la fitta neve che scende leggera.

Mi piace la neve, fa sembrare il mondo fatato e magico, ma in questo momento la odio un tantino: per colpa sua sono finita qua sopra, insieme a una trentina di persone e all'odore di vaniglia misto cadavere che pian piano si sta facendo sempre più insopportabile.

Il viaggio sembra durare un'eternità nonostante, secondo i miei rapidi calcoli da sei tirato di matematica in pagella, il tragitto a piedi da casa mia (che è più o meno vicina alla fermata dell'autobus) alla scuola dura dieci minuti circa.

Scendo dall'autobus come un'amazzone ubriaca e respiro l'aria fresca e specialmente PULITA. Sfiga vuole che, mentre inspiro l'ottima arietta, due fiocchi di neve mi si infilano in una narice, congelando, oltre alle mie povere mucose, anche il cervello rincoglionito che mi ritrovo.

Mi tengo la testa dolorante come uno che ha mangiato un gelato intero tutto in una volta e sbandando un po' mi avvio verso l'entrata di scuola. Ho perso di vista anche Eddie, grandioso.

La mia sfiga però colpisce ancora, talmente tanto rapidamente che non ho neanche fatto in tempo a fare quattro metri dal luogo in cui mi sono ciucciata con il naso i fiocchi di neve ed entrare a scuola.

La Fortuna viene spesso rappresentata come una donna di incantevole bellezza, bendata da una fascia nera che le impedisce di vedere. Insomma, è cieca, cieca e stupida oserei dire. Io invece mi sono fatta la perfetta idea della sorella: Sfortuna, o semplicemente Sfiga, una ragazza stronzissima che ci vede da Dio, venti decimi per occhio.

Quindi immaginatevi questa scena: Fortuna cerca di raggiungere la persona da inondare di puro culo, sgambettando faticosamente con il bastone per ciechi stretto in mano, ma quand'ecco che arriva la sorellona stronzona, che con tale grazia sfancula la sorella cieca e si getta verso il malcapitato, riempiendolo della sua schifosa maledizione del cappero.

Ecco, ora immaginatevi che quel malcapitato sia proprio io. Infatti, a neanche dieci passi dall'entrata, sento una palla di cannone fredda colpirmi l'orecchio destro. Un dolore mostruoso si espande dal lobo fino al mio timpano. Solo pochi secondi dopo realizzo che la "palla di cannone fredda" fosse in realtà una palla di neve, che ora giace mezza sfracellata sul suolo cosparso di sale antighiaccio.

«Cazzo scusami!» una voce mi raggiunge e volto la testa, scorgendo la figura di un ragazzo moro e dagli occhi azzurri. «Volevo prendere il cretino del mio amico, non te, perdonami. Ti ho fatto tanto male?» continua il tizio mentre si avvicina a me.

Per una frazione di secondo incontro il suo sguardo e subito sento una sensazione terribile allo stomaco. Non rispondo, mi volto, e prima che lui possa avvicinarsi di più e dire qualcosa, scappo dentro scuola e svanisco nel mio corridoio.

La Fantasma ~E l'articolo NON é sbagliato~Where stories live. Discover now