17.

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<<I wanna feel something, I'm numb inside
    But I don't feel nothing, I wonder why>>

Bussai ed aprii la porta di fronte a me.
Cercavo di porre il mio sguardo verso terra o comunque distoglierlo da chiunque si trovasse nella stanza.
<Adelyn stai bene? Sei in bagno da 20 minuti> mi sforzai di fare cenno di si con la testa, pensando a che scusa avrei usato questa volta.

<Non hai un bell'aspetto> fu in quel momento che mi accorsi che non ero sola con Robin e Nancy.
Un'altra voce pronunciò quelle parole.
<Sono Steve, ci siamo visti stamattina>
<Si... ciao> immaginavo ci sarebbe stato anche lui visto il rapporto che aveva con Nancy ma avrei preferito di no, non in quel momento.

Mi guardarono tutti per un tempo che a me parve lunghissimo.
<Sto bene davvero> dissi sedendomi sulla sedia della scrivania.
Passò un'ora o forse più e tutti stavano parlando.
Parlavano di scuola, del lavoro al negozio di cassette di Steve e Robin, di una certa Vichy per cui Robin sembrava provare qualcosa.

Provare qualcosa... era un concetto così semplice e così complicato, così vicino e così lontano da me.. tutto allo stesso tempo.
Non riuscivo a stare lì, dovevo andarmene.

Mi avvicinai a Nancy.
<Nance scusa ma non mi sento molto bene, vorrei tornare a casa> mi guardò per un istante insieme agli altri che nel frattempo avevano sentito tutto.
<Certo.. se non te la senti non stare qui. Vuoi che ti accompagniamo?>
Per un momento sembrai anche pensarci per poi realizzare che non avevo un posto in cui tornare, o meglio si, ma non era quello che loro avrebbero immaginato.

Mentii.

Di nuovo, come facevo ogni giorno.
Anche se per piccole cose, io mentivo.
E tutte le volte era come aggiungere un mattone ad un muro di illusioni che mi creavo intorno.
Un muro che nessuno avrebbe mai attraversato del tutto.

Nemmeno lui

Per quanto lo volessi, per quanto ne avessi bisogno.
Nessuno l'avrebbe fatto.
Volevo che quella fosse la versione reale, nonostante non lo fosse.

Uscii dalla stanza e attraversai il corridoio.
Scesi le scale, aprii e chiusi la porta.
Attraversai il vialetto e la strada.
Mi allontanai.

Arrivai di fronte alla mia casa, o meglio a quella che avrebbe dovuto essere la mia "casa".
Mi fermai a guardarla.
Era come l'avevo lasciata: le foglie secche erano ancora lì, le tende erano chiuse, mi chiesi cosa ci fosse dall'altra parte.

Sapevo di poterlo immaginare ma cercai comunque di illudermi, di mentire a me stessa raccontandomi come quella luce che oltrepassava il tessuto sgualcito delle tende fosse di una lampada lasciata accesa.

Mi illusi che non fosse la tv, mi illusi che non ci fosse lei di fronte ad essa.
Lei e un'altra stramaledetta bottiglia di un qualsiasi alcolico comprato al mini market infondo alla strada.

Cercai di ingannarmi ma dentro di me sapevo che non erano altro che menzogne, bugie.

Fui distratta da un accumulo di foglie mosso dal vento poco distante da me.
Era inutile stessi li a fissare una stupida finestra.
Feci un passo avviandomi verso il trailer park.
Cazzo.
E se fosse ancora a scuola? Aveva l'incontro con il suo club stasera.
Forse era meglio controllare, sicuramente non avevano ancora finito.

Mi girai e cambiai direzione dei miei passi dirigendomi verso la scuola.

Arrivata mi fermai su una panchina di pietra poco distante all'entrata, aspettai.

————————————-

Ero seduta sulla scaletta al di fuori della porta, il fumo della sigaretta si alzava circondandomi il volto.
Le luci dell'alba si facevano strada tra le roulotte, illuminandone le facciate.
Eddie era ancora in casa ed io lo stavo aspettando per uscire ed andare a scuola.

La porta dietro di me si aprì.
Indossava dei jeans blu scuro e una maglietta nera che gli stava abbastanza aderente.

Scese per la scaletta e mi tirò a se prendendomi per una mano.
Ci guardammo negli occhi e io mi persi nelle sue iridi scure.
Avrei potuto rimanere così per sempre.
Mi diede un bacio.
<Andiamo?> disse sorridendomi.

Mentre camminavano mi resi conto di non avergli parlato della sera prima e del perché fossi tornata.
"Un muro che nessuno avrebbe mai attraversato del tutto"
Cercai di evitare il discorso finché non arrivammo.

Oggi avevamo alcune classi in comune nelle ultime ore perciò, una volta arrivate, entrammo sedendoci ai soliti due posti in fondo.

Di tanto in tanto voltandomi incontravo lo sguardo di Jason che spesso ritrovavo già puntato su di me.
Ecco un'altra cosa di cui non gli avevo parlato.
Avrei dovuto dirglielo.
Più tardi.
Si, più tardi gli avrei parlato.

Non farlo, non rovinare tutto

Di nuovo nella mia testa regnava solo contrasto e confusione.
Eddie lo notò perché mi mise una mano sulla coscia, stringendola.
Non mi faceva male, cercava di calmarmi.

Stava per dire qualcosa quando una voce metallica squarciò l'aria.
<Adelyn Moore è richiesta nell'ufficio del preside> disse ripetendolo per un paio di volte.

Sobbalzai.
Non capivo.
L'unica cosa che riuscivo a vedere era l'espressione di tutti li dentro, mi guardavano.
Anche Eddie mi guardava, preoccupato.

Mi alzai raggiungendo l'uscita e mi chiusi la porta alle spalle.
Dall'altra parte trovai una donna.
Era abbastanza alta e teneva i capelli raccolti in una coda voluminosa.
<Ciao Adelyn, sono Kelly la psicologa della scuola>
Psicologa? Cosa c'entrava con la presidenza?

Mi guardava con un'aria triste, come se volesse consolarmi per qualcosa.
Come se le facessi pena.
<Ti accompagnerò dal preside d'accordo? Dobbiamo parlarti> mi mise una mano sull'avambraccio accarezzandolo.
Bruciava ma cercai di non darlo a vedere.

Durante tutto il tragitto ragionai su un possibile motivo per il quale tutto questo fosse necessario.
Non trovai nulla.
Cosa poteva essere successo?

Arrivati nell'ufficio non eravamo sole, oltre al preside c'erano una serie di professori e un agente di polizia.
Di nuovo cercai di capire cosa stesse succedendo.

Quest'ultimo mi si avvicinò seguito dagli altri alle sue spalle.
<Adelyn... questa mattina..>
Le parole che vennero dopo erano confuse, ne capii solo alcune, le altre erano come distorte.
<...bevuto... alcohol...distesa sul pavimento...>

Non so descrivere cosa provai perché non provai nulla.
Ero bloccata.
<...l'abbiamo portata in ospedale ma non ce l'ha fatta, è morta mezz'ora fa... mi dispiace>

Rimasi immobile, paralizzata.
Avrei potuto piangere, urlare, arrabbiarmi, avrei dovuto fare qualcosa.
Invece no.
Rimasi ferma.
Non riuscivo a mettere insieme una banale espressione e per un momento mi sentii svuotata.

Anche la voce era sparita.
C'era silenzio.
Non c'era nient'altro che silenzio nella mia testa.
L'unico rumore erano le voci di tutte quelle persone intorno a me.
Sentivo vagamente quello che dicevano ma potevo immaginarlo.

<Ho bisogno di andare in bagno> dissi con un filo di voce.
Non ascoltai neanche quello che mi risposero, ci andai e basta.
Camminavo come uno zombie, un fantasma.

La campanella nel frattempo era suonata, perciò dovetti attraversare il corridoio pieno di persone.
Mi sentivo gli occhi di chiunque addosso, anche se probabilmente non era così.
Una voce mi chiamava, era Eddie.
Lo sentii rincorrermi cercando di fermarmi nonostante io continuassi a camminare come se lui non fosse nemmeno lì.

Entrai nel bagno, lui rimase fuori.
Non ascoltavo quello che diceva, perché si,  stava parlando, ma l'unica cosa che sentivo era una serie di parole indistinte riecheggiare nella mia testa e l'unica cosa che volevo era che sparissero.

Volevo che lui sparisse, che tutto intorno a me cessasse di esistere.
Avevo bisogno di sentire quel silenzio ancora per un po'.
Avevo bisogno di rimanere vuota, in quell'attimo inconsistente che precede il disastro.

You can trust me || Eddie MunsonWhere stories live. Discover now