Capitolo 59

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Non ci mise molto. Quando uscì però aveva il respiro ancora corto e tremante mentre lacrime di dolore gli ballavano negli occhi senza scendere mai.

Non ebbi ancora modo di parlargli o di chiedergli cosa diavolo gli avessero fatto. Almeno tra me e me, però, non ebbi problemi ad ammettere di non avere abbastanza palle da chiederglielo davanti a tutti. Sarebbe stato troppo imbarazzante. O forse no. Nella mia testa comunque rimaneva troppo una cosa da coppia chiedergli di parlare in privato. (O forse no, di nuovo, ed ero semplicemente io a essere esagerata e paranoiaca).

Eppure ancora non pensavo a noi come una coppia vera e propria. O meglio, non riuscivo a pensarmi come fidanzata. Certo, lui era l'unico. E chi diavolo avrebbe voluto qualcun altro? Nessuno sapeva tenermi buona come lui. Ma c'era comunque qualcosa in quei pensieri che mi sapeva troppo di prigione. Anche se forse era semplicemente colpa di tutte le discussioni che avevo ascoltato tra i miei.

Non avevo mai pensato neanche a loro come a una coppia che si amava. Avevo assistito a più urla che risate in fondo. Ma la cosa non mi dispiaceva. Mi aveva resa forte in un certo senso. Era capitato spesso fin da piccola che fossi io a interrompere quelle grida per farli ridere entrambi con una qualunque stupidaggine. Io ero il loro sorriso. Lo ero sempre stata. E nonostante fosse stressante, avevo sempre visto più lacrime scendere sul viso di Dylan che sul mio.

I sentimentalismi non erano mai stati il mio forte. Di conseguenza... come facevo a essere una brava fidanzata? Non sapevo proprio nulla sulle relazioni. Non io. E fossi stata un po' meno orgogliosa forse avrei chiesto proprio a Dylan. In fondo tra fratelli parlavamo un sacco io e lui. Ma non di vita privata. No. Non di quella. Non della mia almeno. Io ero anche il suo di sorriso in fondo.

Eppure le cose che mi aveva sempre raccontato su di lui e sulle sue ragazze avevo sempre pensato di averle capite. O forse era solo un'impressione mia e gli avevo sempre dato pareri sbagliati non capendoci niente. O forse ancora, certe situazioni erano più chiare se viste da fuori e io riuscivo a essere più lucida.

Ma che vado a pensare? Chissà quante volte l'avranno mollato per colpa dei miei consigli... Lucida un corno. Mi contradii io stessa.

Quel pomeriggio, più per abitudine, andammo ad allenarci. Con nostro grande "dispiacere", però, trovammo lì solo i vampiri in compagnia di uno dei sei tizi in bianco. Forse era il loro turno. Eppure non ci cacciarono. Non tutti almeno.

Noi non parlammo. Né facemmo capire che non ci fosse stato detto nulla sui nuovi orari. Ci limitammo semplicemente a girare a largo non appena li avvistammo. Qualcosa andò storto però. Al tizio in bianco io dovetti piacere o, molto più probabilmente, era già di dominio pubblico che sarei stata con i vampiri.

«Non serve che tu vada via.» disse vedendomi.

Come sempre odiai quel tono freddo e pieno di finta condiscendenza che accomunava quei tizi ma, per puro istinto di sopravvivenza, restai. E guardai mentre invece congedava gli altri. Quel tizio m'informò perfino di dover tornare regolarmente per allenarmi più spesso con la mia "seconda squadra". E certo, quell'annuncio non potè farmi piacere in nessun modo, ma non protestai.

Fu l'allenamento più sfibrante mai fatto. Quei dannati cadaveri non perdevano mai occasione di farmi del male. Tutti, tranne uno: Michael.
Che ancora mi sembrò un nome strano per un vampiro. A me sarebbe bastato chiamarli "cadavere uno", "cadavere due", eccetera eccetera. Ma forse lui meritava un po' più di rispetto per avermi aiutata a salvare Raff... Ed essersi presentato.

Ero ancora dell'idea che quel suo sangue l'avrei pagato con il mio. Eppure mi aiutò ancora una volta e, quando fu il momento di combattere, si offrì volontario contro di me. Persi. Ovviamente.
Lui era più morto che vivo. Cosa potevo aspettarmi? Non sentiva dolore. Non sentiva stanchezza. Non quanto i vivi almeno. E io ero praticamente una novellina. Avrei perso contro di lui così come contro uno qualsiasi dei veri Lupi di Ingr. Che fossero stati adolescenti in salute o vecchiette canute e decrepite non importava. Avevo iniziato a combattere da meno di un anno mentre loro lo facevano già dall'interno delle loro culle.

Persi con stile però... O almeno lo sperai. Poteva essere definito "stile" rompergli tre costole? Riuscii a scorgere sul suo viso quanto facevano male.

Che fosse già morto mi permise di essere più violenta che mai e la cosa in un certo senso mi piacque. Fu liberatorio poter picchiare duro e senza regole. Peccato solo per il finale.

Mi ritrovai schiacciata contro il terreno duro e scomodo. Con lui addosso che, ancora una volta, si assicurava che non respirassi. Fortunatamente però ci andò piano, altrimenti, fui abbastanza sicura che a rompersi ci sarebbero state molto più di un paio di costole e la vittima sarei stata io. Ricordavo quanto fosse forte insomma.

Il lato positivo fu che, almeno a quel tizio in bianco, non fregasse assolutamente niente del modo in cui combattevo. A lui sembrò bastare che fossi pratica e funzionale. Se poi non coincidevo con ciò che c'era sulle sue pergamene, la punizione sarebbe stata un semplice sguardo disgustato. Nessun rimprovero. Nessun accanimento.

La giornata trascorse tranquilla dopo. Nessuno venne sulla rupe quindi trascorsi la serata provando a volare ancora con Liara. Più passavo del tempo con lei più mi rendevo conto di quanto fosse interessante il modo in cui sorvegliava la Gola. Aveva una vera e propria tecnica.

Partiva sempre dalla Rupe. Scendeva fino al manto di fumo che aleggiava diversi metri più in basso e si dirigeva subito verso la parte destra di esso. Continuava a scrutare sotto di se fin quando non arrivava alla fine della gola. Per poi continuare ancora fino a vedere il fiume perdersi in mare aperto. La stessa procedura veniva seguita nel dettaglio quando tornava indietro per perlustrare anche la parte sinistra. Non ero un'esperta, ma il fiume sembrava dividere letteralmente a metà la terra. Mi domandai come facessero i draghi a bere quell'acqua. Secondo ogni logica possibile, avrebbe dovuto essere salata, eppure quella del fiume era la stessa acqua del ruscello. Quella che quindi usavamo anche noi per bere e lavarci.

Passai la serata a cercare di capire, per poi ricordarmi delle tre enormi piattaforme di pietra che galleggiavano ogni giorno sulle nostre teste. Insomma, l'acqua, tutto sommato, certo non era la cosa più strana di Ingr.

Decisi quindi di godermi la "passeggiata" e di rimanere imbambolata su quel panorama oscurato dal fumo e dall'ombra sconfinata della notte. Forse proprio per questo non tentai nulla di pericoloso. Non osai dare comandi al rettile se non i più semplici per tornare a terra. Fare cazzate di giorno era una cosa, al buio un'altra. Avrebbe potuto davvero rivelarsi la mia fine.

Una volta tornate alla rupe solo dopo parecchio tempo passato a pulire pigramente le squame della dragonessa decisi di tornare a casa nonostante a lei l'idea non piacesse per niente.
E come biasimarla? Aveva qualcuno che le massaggiava il muso e toglieva le foglie di dosso senza dover fare assolutamente nulla. Quale altro drago poteva bearsi di questo lusso?

Tornai a casa per l'agognatissima seconda doccia del giorno e, prima che Lydia decidesse di spalmarmi in faccia una delle maschere che aveva tirato fuori per sé, decisi di passare dai ragazzi. In fondo era decisamente presto.

Ok, sono un soldato... più o meno... ma comunque non fino al punto di mettermi a letto alle otto di sera... sempre che lo siano davvero. Con il tempo avevo imparato a diffidare degli orologi di Ingr ma, soprattutto, del mio modo di leggerli. Comunque non potevo sbagliarmi di molto. La luna era sorta da ancora troppo poco tempo.

One Of The Wolves - Un'Anima Al GiornoTahanan ng mga kuwento. Tumuklas ngayon