Capitolo 51

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Passammo qualche momento ancora seduti. Fingendo che tutto andasse bene. Che lui non avesse ancora del sangue sul viso. E che nessuno mi stesse fissando come se avessi buttato nel water le loro tradizioni. Poi, nonostante mi impegnassi con tutta me stessa, iniziai a non tollerare più neanche di respirare il loro stesso ossigeno.

«Andiamo via.» disse Liam cercando di convincermi a mollare la gara di sguardi che avevo iniziato contro una vecchia impettita e decrepita.

«Voglio vedere per quanto ha intenzione di continuare.» Reprimetti più aggressività in quel momento che in tutta la mia vita.

«Fin quando non lo mangi. Andiamo via.» ripetè.

«Facile per te. Ha smesso di minacciarti con gli occhi da tre quarti d'ora.» sbottai.

«Facile? Assaggia pure se vuoi.» rise.

«Non tentarmi. È la quarta volta che considero l'opzione.»

Dovette prendere quell'ultima frase fin troppo sul serio perché esitò nel rispondere.

«Cosa c'è?» chiesi girandomi finalmente a guardarlo.

«Nulla, solo... non capisco chi te lo faccia fare.»

Non riuscii a decifrare l'espressione semi-apatica che mi presentò.

«Io non capisco come facciate a credere a questa bugia.» E quasi gli risi in faccia dicendolo.

«Credete davvero che una volta trascinati qui, e costretti a trasformarci, ci lascino essere padroni di noi stessi? Ne vogliono una seconda, e poi chissà cos'altro.»

Mi guardò come se faticasse a seguirmi.

«Ma ti sembra? Abbiamo scoperto da un bel po' chi è il nostro padrone. Crediamo solo nel goderci una tregua. Perché tu no? Qualunque cosa li abbia convinti di avere bisogno di noi l'ha fatto con largo anticipo.» Cercò di convincermi.

«Perché le tregue servono solo a farci più male. Ho bisogno che ci sia qualcosa da fare, ok? Qualcosa che dia un senso a quello che mi passa per la testa di notte. Ogni giorno che prendiamo per "goderci questa tregua"...» Virgolettai le ultime parole con un gesto delle dita.

«... È un giorno che loro passano essendo convinti di tenerci al guinzaglio. Solo perché non ho opposto resistenza quando si trattava di venire qui non vuol dire che accetti di farmici incatenare. L'Assassino ci disse di poter dimostrare di meritarci qualche richiesta. Allora voglio dimostrarlo in fretta e chiedere di poter tornare indietro.»

Mi scrutò perplesso per qualche secondo.

«Quindi è solo questo il problema? Non hai nolstagia. Non più di me o degli altri almeno. Hai paura.» Sentenziò.

Non riuscii ad avere più la minima idea neanche di cosa potevo aver detto io stessa per farglielo pensare.

«Paura di cosa?» chiesi.

«Di rimanere davvero e dover accettare quel guinzaglio. Magari non avendo neanche l'opportunità di tornare. Perché devi ridurre sempre tutto a una semplice claustrofobia? Hai paura di non poterti muovere. Di non poter fare nulla. Magari di essere in trappola. E la stessa cosa succede quando qualcuno ti tocca, no? Quando provo ad avvicinarmi. Ma una tregua è una tregua. E, che tu lo capisca o no, ti serve. Ma ti ricordi quante cose succedevano in una notte nel nostro bosco? Abbiamo tutti bisogno di riprendere fiato.» Si spiegò meglio.

E tutto ciò bastò a farmi sentire improvvisamente stupida. Avevo quasi scordato il modo soffocante in cui lo stress mi avvolgeva ogni volta che calava la notte a casa dei miei nonni. Il sangue che avevo lavato via dai vestiti. L'imbarazzo di essere costretta a stare con degli sconosciuti. Com'era stato possibile? Eppure, l'idea di accettare questa pausa e sfruttarla per elaborare tutti quei traumi continuava a disgustarmi. Tanto che dovetti sforzarmi per accettare la proposta che seguì.

«Tregua?» chiese porgendomi una mano.

Sospirai rendendomi dolorosamente conto di quanto avesse ragione.

«Va bene.» Accettai.

«Ma non voglio comunque farmi detestare dalle nonnine canute di Ingr. Quindi con quello che ci facciamo?» Indicai il jackalope.

Stavolta a sospirare fu lui. Fece per sollevarsi, mettendo la schiena un po' più dritta sul tronco dell'albero.

«Ok fallo, ma io non guardo.» rise nervoso.

«Mia nonna mi ucciderebbe se sapesse cosa mangio qui...» Fu l'ultima considerazione importante prima di prendere un morso.

E, nonostante provassi a sdrammatizzare, tutto si era rivelato perfino più nauseante in prima persona... Tanto che decidemmo di spostare il nostro "appuntamento" al ruscello. Con l'acqua gelata a tentare di esserci d'aiuto.

«Ne hai ancora un po' qui.» finalmente gli dissi indicandomi un punto appena sotto l'angolo della bocca.

Lui sospirò, esasperato. Erano ormai ore che provava a lavare via tutto. Il sangue asciutto sarebbe stato il peggior nemico che avremmo mai potuto trovare.

«Ok, basta! Ho un idea.» enunciò evidentemente stufo.

E un attimo bastò perché lo ritrovassi a testa in giù con il viso completamente immerso in acqua e le mani a strofinarlo in modo quasi violento. Feci un salto di tre metri vedendolo scattare così dal nulla.

«Ma che...» Iniziai prima che tornasse su.

«Andato via?» Mi interruppe con gli occhi serrati per non farci entrare l'acqua e un sorriso stupido e divertito.

«Sì...» Risi.

Quando tornò a guardarmi quel sorriso assunse un'aria più serena.

«Quindi dicevi davvero sulla tregua?» domandò.

Esitai, anche se solo il tempo di ricordarmi di aver avuto torto. Stavolta non mi pesò neanche troppo ammetterlo.

«Sì.» Risposi in fine.

Perché doveva sembrarmi sempre tanto carino quando sorrideva?

Tornando a casa notai subito la porta chiusa. Lydia era uscita.
In effetti quadrava tutto. Luna piena... Raff da solo... aveva tutto molto senso.
Non ne ero ancora del tutto sicura, ma i lupi, durante le serate di luna piena, tendevano ad avere solo tre modalità.

La prima: la modalità "giochiamo", di cui avevamo avuto vari esempi nella radura (vari esempi tra cui anche noi stessi).

La seconda: la modalità "ti uccido", che comprendeva liti e aggressioni di ogni tipo (verbale e/o fisico). Che fossero per sciocchezze, o per problemi seri.

E poi la terza. Nonché quella solitamente utilizzata, e preferita, da Raff e Lydia. Su quest'ultima però ritenni non fosse decisamente necessario approfondire.

«Puoi girarti un secondo?» chiesi a Liam.

Lydia mi avrebbe uccisa davvero se avessi fatto vedere a qualcuno il posto in cui nascondeva le chiavi. E lui lo sapeva.

«Finalmente è arrivata la parte in cui ti spogli?» Scherzò, voltandosi.

«LIAM...» Lo rimproverai sorpresa e nascondendo a stento una risata.

Presi le chiavi estraendo un mattone da uno dei numerosi punti della parete dove l'intonaco era caduto. Lo rimisi a posto e, sentendo poi il rumore della serratura, lui tornò a guardare.

Una volta che fui entrata restammo per un po' sulla porta a guardarci cercando forse il modo giusto di salutarci. Spostai il peso da un piede all'altro con un sorriso imbarazzato dipinto sulla faccia. E per una volta, decisi di essere io a tagliare corto. Decisione che però si rivelò comunque inutile considerata la mia lentezza; mi precedette.

Mi prese e tirò a sé per rubarmi un bacio.

Esitò solo vedendo il mio istantaneo tentativo di ritrarmi. E in realtà forse non c'avrei provato nemmeno se avessi avuto il tempo di pensare. A quella velocità però erano state le bruciature a pensare per me.

Accarezzò solamente il mio naso con il suo, per assicurarsi di avere il mio consenso.

«Mi hai... solo presa di sorpresa.» Blaterai imbarazzata e cercando di guardare altrove.

Fece nuovamente per avvicinarsi alle mie labbra ma lo fermai quando un pensiero si catapultò nella mia testa.

One Of The Wolves - Un'Anima Al GiornoOnde histórias criam vida. Descubra agora