Capitolo 4

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La prima settimana di prigione passò in fretta per Eren.

E fu anche piuttosto tranquilla, tranne per il pestaggio e tentato stupro del primo giorno.

Ma quasi ringraziava il suo assalitore poiché per le ferite passò tre giorni quieti in infermeria con le cure della dottoressa Hange.

Appena uscito, ancora un po' dolorante e con dei tutori ai polsi, non si azzardò a ripetere l'errore di andarsene in giro da solo e restò sempre in compagnia di Jean ed Armin.

Finalmente, poi, arrivò la domenica.

Giorno molto speciale in quel carcere, perché era il giorno delle visite.

Ogni detenuto aveva 15 minuti per sedersi a un tavolo e parlare con la sua famiglia o amici.

Niente abbracci e niente strette di mano.
Qualsiasi tocco era proibito.

Ma nonostante i mille divieti, la maggior parte dei carcerati attendeva quella chiacchierata con trepidazione.

Erano pochissimi quelli che non ci andavano.
Levi Ackerman era tra quelli.

La domenica per lui era un giorno come gli altri poiché non aveva nessuno che veniva a visitarlo.

Non se ne era mai lamentato. E non rispondeva a chi gli chiedeva se davvero non avesse nessuno che tenesse a lui al di fuori del carcere.

Beh, la verità era quella in fondo.

Ed era così da molto, molto tempo.
Cioè, da quando Levi era stato sbattuto dentro 11 anni prima, non aveva mai ricevuto nessuna visita.
Mai.

Perciò mentre anche i suoi "cani" andavano al turno mattutino di visite, egli stava in lavanderia a sistemare i preparativi per la fuga.

Sapeva che la maggioranza dei secondini controllava le visite, quindi quello era il momento perfetto per fare cose losche.

Eren, invece, era molto teso mentre si dirigeva nella sala accompagnato da Hannes.

Aveva sentito sua madre a telefono per qualche minuto e dalla sua voce traspariva tutta la preoccupazione.

Perciò, per evitare di causare un infarto a sua madre già la prima settimana, il ragazzo aveva deciso di togliersi i tutori ai polsi.

Non le aveva raccontato del pestaggio a telefono e non lo avrebbe certo fatto di persona.
Non era una cosa grave, pensava.
In fondo, non era morto.

Dopo aver attraversato un sacco di porte a sbarre, Eren entrò nella stanza piena di tavoli e sedie occupate, e scorse subito dov'era la sua famiglia.

Stava trattenendosi le lacrime mentre correva verso l'angolo nel quale stavano sedute Carla Jäger e Mikasa Ackerman, che non lo avevano notato.

Così il castano le chiamò ormai arrivato:
- Mamma! Mikasa! Sono qui!

Solo a sentire la voce entusiasta del figlio, a Carla sfuggirono un paio di lacrime e si alzò immediatamente in piedi aprendo le braccia per stringere il figlio a sé.

Appena prima che potesse farlo, però, una guardia rammentò il divieto di toccarsi.
Entrambi si sedettero delusi, le due donne da una parte del tavolo bianco quadrato, Eren dall'altra.

- Tesoro - iniziò la madre dopo essersi asciugata il viso - Allora? Ti prego, raccontami tutto!

E quello eseguì, omettendo ovviamente i dettagli che avrebbero potuto farla preoccupare troppo.
Si soffermò più volte sui suoi primi amici della prigione: Armin e Jean.
Non parlò di Levi, segno che probabilmente egli non sapeva ancora se fosse una persona per lui buona o cattiva.

<Senza Libertà> [Ereri] Where stories live. Discover now