Luna Capitolo 2 Parte 3

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Le mie due migliori amiche, mi incoraggiano e si prendono cura di me nei periodi difficili, come oggi.
Ci conosciamo da tanto tempo. La prima che ho conosciuto è stata Bea, ricordo ancora quel giorno.

«Luna fa la brava, la mamma ora va al lavoro.»
«Si mamma... ma torni vero?»
«Secondo te, tua madre non torna a prenderti?» mi giro e a parlare è una bambina con dei capelli neri, lisci e con una frangetta carina. Ha un cerchietto colorato tra i capelli e il vestitino che indossa è color fucsia. Ha una faccia buffa e pacioccona.
«Io, non so.» guardo prima mamma e poi la bimba.
«Io sono Beatrice, e tu?» si presenta la bambina.
«Io mi chiamo Luna.» dico tutta fiera.
«Luna, che bellissimo nome. Mi piace.» mi sorride Beatrice.
«Grazie, anche il tuo è bello.»
«Ho deciso, tu sarai mia amica.» mi prende per mano e si rivolge verso mia madre «Signora mi prendo io cura di Luna, lei si assicuri di venirla a riprendere.»
Mia madre trattiene a stento le risale e ci saluta con una carezza sulle nostre teste.
«Luna vieni con me, ci sediamo insieme.»
Mi fa sedere vicino a lei e mi mostra i suoi quaderni e i suoi colori. Io faccio altrettanto.
La mattinata trascorre tranquilla, un'oretta prima di tornare a casa le maestre ci fanno uscire nel cortile per poter giocare con le giostre all'interno della scuola.
A me è sempre piaciuta l'altalena e volevo assolutamente salirci, mi avvicino e chiedo ad alcune bimbe di farmi fare un giro e loro mi dicono di no, io insisto battendo i piedi per terra e quando sto per mettermi a piangere, arriva Beatrice che da una spinta alla bimba sull'altalena.
La bambina inizia a strillare e si avvicina una maestra chiedendo cosa fosse successo.
«Maestra è scivolata da sola, ha tolto le mani dall'altalena ed è caduta.» risponde prontamente Beatrice.
«Non è vero!» strilla la bambina verso la maestra.
«Si ti ho visto io, vero bimbe?» rivolgendosi ora alle altre bambine vicino a noi, guardandole malissimo.
Loro non rispondono.
La maestra non sapendo chi dice la verità preferisce allontanarsi con la bambina che è caduta e noi rimaniamo sole.
«Luna puoi salire sull'altalena ora.»
«Si, ma perché l'hai spinta?» chiedo frastornata.
«Oh, non voleva farti salire.» dice di risposta Beatrice.
«Ma non è giusto, sei stata cattiva.» cerco di farle capire.
«Non mi interessa, l'ho fatto per te.»
«Vieni, andiamo a scusarci.» le prendo la mano
«No.» mi grida e mi lascia la mano.
Beatrice scappa via e io la rincorro, ma nel mentre cado e mi sbuccio un ginocchio.
Sento avvicinarsi qualcuno e pensavo fosse Beatrice invece è la bambina di prima, mi guarda e si mette a ridere e mi dice «Ben ti sta.»
Inizio a piangere e vorrei tanto tornare a casa.
Le parole di quella bambina e il dolore al ginocchio mi fanno tanto male.
Beatrice mi sente piangere da lontano e mi raggiunge.
«Cosa le hai fatto?» rivolgendosi alla bambina.
«Nulla, è caduta da sola. Ma gli sta bene per quello che avete fatto prima a me.»
«Tu...» Sta per darle una spinta quando io la chiamo «Bea!
Lei si inginocchia vicino a me «Non piangere Luna, non è nulla.»
«Mi fa male.» mi lagno.
«Lo so, ma ora passa dai. Non piangere se no piango anche io.»
«Ludo.» le porgo le braccia e mi abbraccia.
«Sono qui Luna. Vieni alzati ti porto dalla maestra.»
«No, scusa.» cerco di dire tra le lacrime.
«Perché ti scusi?» non riesce a capirmi Beatrice.
«Perché ti ho sgridata prima.» le dico ancora piangendo.
«Luna tu avevi ragione, ma io volevo farti andare sull'altalena. Scusami tu.» inizia a piangere anche lei.
«Bimbe cosa è successo? I genitori stanno arrivando.» ci chiede la maestra avvicinandosi.
«Nulla maestra.» dico una bugia, non voglio che Bea venga sgridata.
«Andiamo.» dice la maestra.
«Riesci a camminare?» mi chiede dolcemente Bea ed io le faccio si con la testa.
Ci avviciniamo ai cancelli e Bea mi prende per mano. Io gliela stringo forte.
Quando si avvicina mia madre Bea le dice «Signora lei è venuta, e io mi sono presa cura di Luna.»
«Grazie, ne sono felice, hai fatto un buon lavoro.»
«Bea da oggi tu sei mia amica, va bene?» le dico dolcemente.
«Si Luna, siamo amiche, a domani.» e mi saluta con un abbraccio.

Da quel giorno siamo state sempre insieme, io e lei eravamo inseparabili.
Con il passare degli anni, ho capito che Bea è sempre stata una persona unica e rara, è stravagante e sa essere molto dura e cattiva con tutte le altre persone ma con me è sempre dolce e disponibile. Non mi lascia mai sola, non si stufa mai di me, è la migliore amica che esista. Ed io le voglio un bene dell'anima, senza di lei penso di poter morire. Lei è la mia ancora di salvezza, la mia luce.
Dopo l'elementari abbiamo frequentato le medie insieme ed infine abbiamo deciso di frequentare la stessa scuola superiore per non separarci mai.
Ed è proprio alle superiori che abbiamo conosciuto Kikka.
Non abbiamo fatto subito amicizia, è sempre stata una ragazza molto alla moda e allontanava chiunque non fosse di suo interesse.
Un giorno ci siamo ritrovate tutte e tre a dover preparare un progetto insieme, e quel giorno le nostre vite si sono intrecciate. 

«Allora Luna hai finito?» chiede Francesca nervosa.
«Non ancora, scusami.» dico cercando di finire la mia parte del progetto più velocemente possibile.
«Francesca con calma, non abbiamo fretta, la consegna è tra una settimana.» dice Bea iniziando ad irritarsi.
«Certo, ma io non ho tempo da perdere. Devo vedermi con delle amiche per fare compere.» ribatte Francesca.
«Se hai da fare noi possiamo andarcene, possiamo finirlo in un altro momento.» dico cercando di trovare una soluzione a quella situazione.
«Sarebbe meglio.» dice lei acida.
«Va bene, allora andiamocene Luna.» mi dice innervosita Bea.
Velocemente metto tutto nella cartella e Francesca rimane sul suo letto a mandare messaggi, non ci accompagna neanche alla porta.
Usciamo dalla stanza e ho paura di perdermi, la casa di Francesca è enorme, sembra un castello. Per fortuna c'è Bea accanto a me, con lei non posso perdermi, ha un ottimo senso di orientamento, io invece mi perderei anche nella mia stanza.
Non riesco proprio a capire l'atteggiamento di Francesca, a scuola sembra una ragazza che ci tiene molto a prendere buoni voti invece oggi sembrava che non le interessasse proprio nulla del nostro progetto, nonostante è molto importante perché il voto inciderà molto sulla nostra media scolastica.
Mentre ho queste pensiero mi ricordo che dovevo mandare un messaggio a mia madre per dirle quando tornavo a casa, cerco il mio telefono in tasca, nella cartella e nel giubbotto ma non lo trovo.
«Bea, penso di aver dimenticato il telefono in camera di Francesca.»
«Come fai ad essere così sbadata. Dai andiamo a prenderlo.» mi dice sbuffando.
«Scusami.»
«Scemina, non devi scusarti, scusami tu ma quella mi ha fatta davvero arrabbiare.»
Di risposta le faccio una linguaccia.
Torniamo di nuovo verso la camera di Francesca, spero che non si arrabbi perché penso che Bea non reagirebbe in maniera tranquilla come prima.
Nel momento in cui ci avviciniamo alla porta sentiamo il rumore di oggetti caduti per terra.
Apro la porta e vediamo Francesca dare dei pugni e dei calci dati al muro, non si è accorta di noi e sicuramente non ha neanche sentito la porta aprirsi perché senza che noi potessimo fare nulla lei lancia un urlo acuto fortissimo e si accascia per terra piangendo.
Entriamo veloce nella stanza, mi avvicino a lei non sapevo cosa fare.
La guardo raggomitolata per terra e mi viene da piangere anche a me, sono sempre stata molto sensibile e in queste situazioni posso solo abbracciarla.
«Cosa è successo?» chiede Bea preoccupata, «Rispondici!»
Per quanto Bea ci provava a farla parlare lei non ha mai risposto. Piangeva solamente e non riuscivamo a consolarla. 

In un mare di stelleWhere stories live. Discover now