Lele Capitolo 1 parte 3

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La giornata stava progredendo molto velocemente, i professori sono stati molto gentili con me, mi hanno illustrato cosa avevano fatto fino ad allora e per fortuna la maggior parte delle cose le avevo fatte anche io, dovevo solo recuperare qualche lezione.
Per me non è mai stato un problema studiare, a scuola ho sempre preso ottimi voti. Sarà anche grazie ai miei genitori che fin da piccolo mi impartivano di studiare molto e se non lo facevo non mi permettevano di uscire a divertirmi.

Durante la ricreazioni si riavvicinano alcuni ragazzi.
«Ciao, prima non mi sono presentata, io sono Giulia» dice buttandosi i capelli lunghi dietro le spalle, «Lei invece è Ilaria» indica l'amica vicino a lei, una ragazza bruna, un po' grassottella e bassa.
«Io sono Michele, ma tutti mi chiamano Lele. »
Vicino a me si avvicina anche il resto della classe, Ilaria mi chiede: «Come mai ti sei dovuto trasferire a Roma?»
«Mio padre è un grandissimo costruttore, è molto richiesto nel settore, ha avuto un'offerta di lavoro molto vantaggiosa.» rispondo tranquillo, mentre giocherello con una penna.
«Non poteva trasferirsi solo lui?» mi chiede ancora.
Ho pensato che fosse una domanda abbastanza indiscreta da chiedere ad una persona appena conosciuta, ma ho anche pensato che forse era solo molto curiosa.
«Purtroppo era impossibile perché mio padre aveva scelto come arredatrice di interni mia madre. Anche lei molto conosciuta nel settore. Inoltre, lei voleva che la famiglia rimanesse unita. Quindi non ho avuto scelta.»
«Anche se questo significava stravolgere la tua vita per tre anni?» continua a chiedere.
Inizio a pensare che forse è fin troppo curiosa e questo mi infastidisce un po'. Non amo molto raccontare della mia vita, soprattutto di questi ultimi tre anni di inferno.
«Si, ma ovviamente pensavano al lavoro.» dico secco.
Ma cos'ha questa ragazza? Non la smette di fissarmi e continua a farmi domande, posso capire l'interesse per un nuovo compagno di classe ma mi sembra molto ma molto sfacciata.
Vengo distratto dalla prossima domanda di Ilaria, ancora: «Com'è stato tornare a casa?»
Decido comunque di risponderle, non voglio essere troppo sgarbato alla fine dobbiamo passare tutto l'anno insieme.
«Bellissimo, quando ho visto la mia vecchia casa, ero su di giri.»
«È grande casa tua?» chiede un ragazzo alto e magro.
«Si, è molto grande. Abbiamo un ampio giardino, l'interno è enorme, ogni stanza è arredata da mia madre con mobili e accessori moderni, diciamo pure che si è divertita a creare un ambiente adatto per le occasioni di rito, con i loro colleghi.»
«Fighissimo!» esclama il ragazzo.
Si proprio fighissimo... Una casa bella alla vista, ma priva di calore.
Una casa dovrebbe essere calda e accogliente, un posto dove tornarci ti trasmette felicità, come la casa dei miei nonni. Loro avevano poche cose, ma come varcavi la porta di casa eri invaso dai profumi provenienti dalla cucina dove mia nonna cucinava le più buone prelibatezze per la domenica a pranzo, l'odore del legno dei vecchi mobili dello studio del nonno con un enorme libreria contenente tutte le enciclopedie e vecchi libri. Li, mi sentivo a casa.
«Ti mancavano i tuoi amici, quando eri a Roma?» chiede Giulia distraendomi dai miei pensieri.
«Certamente, mi mancavano tantissimo. Con Nino e Luca abbiamo condiviso tante avventure, sono i miei due migliori amici e sono felicissimo di essere con loro in classe.»
«Sei proprio dolce.» mi prende in giro Nino.
«Non farmelo rimangiare» gli rispondo guardandolo torvo, «Siete anche dei bei rompipalle.»
«Ci vuoi bene comunque» dice tirandomi un pugno sul braccio.
Tutti iniziano a ridere di questa nostra scenetta, contagiato da loro, rido anch'io.

Quando tutti sono ritornati al loro posto, rimango solo con i miei due amici.
«Ti tieni in contatto ancora con qualcuno? E le ragazze?» chiede Nino.
«Ogni tanto mi sento con alcuni amici, ma man mano che passano i giorni li sento sempre meno, non penso di ritornare a Roma per rivederli. Per quanto riguarda le ragazze, ho provato ad uscire con qualcuna, a fidanzarmi anche, ma nessuna di loro mi aveva colpito davvero.»
«Non ti sei innamorato?» dice Luca
«No, mai veramente.» non che pensassi già all'amore o ad altre cose simili, «Infondo, non potrei, ho fatto una promessa», e so di doverla mantenere.
Loro mi guardano comprensivi, e non mi chiedono nient'altro.

Da quando sono tornato la mia vita sembra essere ritornata quella di una volta.

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Qualche mese dopo l'inizio della scuola ho rincontrato Ela.
Era in vacanza con i suoi genitori e aveva perso qualche mese di scuola, ma per lei non era un problema, era come me.
Anche lei doveva tenere un livello alto di studi e i suoi la facevano studiare anche in vacanza.
Lei abita proprio di fronte a casa mia, quando è scesa dalla macchina, io stavo rientrando da scuola e abbiamo incrociato gli sguardi. Lei come un fulmine è corsa verso di me e mi ha buttato le braccia al collo, io d'istinto l'ho abbracciata.
Mi era mancata.
Tenerla stretta, ha suscitato in me mille emozioni contrastanti.
Rabbia per essere partito.
Delusione per non averle scritto ogni giorno.
Tristezza per averla lasciata da sola.
Ansia per la promessa che ci siamo fatti.
Felicità per averla rivista.
Sereno per vederla stare bene.
Paura di cosa succederà d'ora in poi.

«Mi sei mancato.» mi dice stringendomi ancora più forte.
«Anche tu.»
Si stacca da me e la guardo fare una giravolta, indossa un vestito azzurro lungo fino ginocchia, un po' scollato e le spalle completamente nude, se non avesse le spalline il vestito le scivolerebbe ai piedi.
«Come sto?»
«Sei bellissima come sempre.» mentre glielo dico le sorrido. Lei è sempre stata bella, fin da quando era una bambina.
«Grazie. Ma lo sapevo già.» lo dice con un sorrisetto beffardo.
Da li in poi abbiamo parlato senza sosta fino alla sera, ci siamo divisi solo il tempo in cui lei è andata a cambiarsi per indossare qualcosa di più caldo visto che qui non è estate.
Ho scoperto che non è in classe anche lei con me, ma fa parte di un altra sezione ma siamo vicini di aula. Sarebbe stato bello essere di nuovo tutti e quattro insieme come un tempo, ma i tempi sono cambiati.
Siamo cresciuti e abbiamo vissuto le nostre vite in questi anni, molte cose anche se non sembravano erano cambiate.
L'unica cosa che spero non cambierà mai, è il nostro essere amici per sempre.
Sono la mia famiglia, le persone a cui voglio più bene.
Prima di andare a casa, si gira verso di me e mi guarda qualche secondo e poi mi dice «È cambiato qualcosa in questi ultimi anni?» mentre lo chiede è seria.
«No, non è cambiato nulla.» so a cosa si riferisce e sono serio anche io.
«Anche per me non è cambiato nulla.»
Il suo sguardo nei miei occhi è molto più intenso, i suoi occhi azzurri di solito così belli con l'oscurità della notte sembrano di un blu quasi nero. Mi sembra di entrare in quella oscurità e questo mi fa paura. Una goccia di sudore mi percorre la schiena e mi fa congelare la pelle.
«Va bene così.» sospira «Adesso devo proprio andare. A presto Lele.» e corre via.

Sono passati mesi da quel giorno, adesso è Estate, la scuola è finita e siamo tutti stati promossi al quinto anno.
Dopo tanto tempo voglio godermi questa Estate, sarà diversa dalle ultime che ho passato. Potrò andare al mare tutti i giorni.
Il mare...
Solo chi è nato vicino a esso può capire cosa significa esserci distante. Al solo ricordo mi sale un'amara malinconia.
Il rumore delle onde contro gli scogli, l'odore della salsedine, la sensazione del sale sulla pelle e la sabbia sotto i piedi, l'immensa acqua salata che assume vari colori: azzurro chiaro, verde smeraldo fino al color blu zaffiro.
Ela non ha più riaperto con me quell'argomento, e forse è stato meglio così, ma io non riesco a togliermi dalla testa la sensazione che ho provato in quel giorno.
Lei è la più cara amica che ho, e le voglio tantissimo bene, chissà cosa ci riserverà il futuro.
Ora ho paura a pensarci, non voglio pensarci.
Prendo il mio pacchetto di sigarette nascosto per bene sotto le doghe del letto ed esco di casa.
Mi allontano il più possibile da casa mia ed entro nel parco, cerco un posto tranquillo dove non c'è nessuno e accendo la mia sigaretta.
Faccio un lunghissimo tiro e trattengo dentro i polmoni il fumo. Poi lo getto fuori.
Ecco, ora sto un po' meglio.
Se lo sapessero i miei, mi ucciderebbero.
Ma ora non mi importa.
Mi siedo ad una panchina e finisco di fumare la sigaretta nel silenzio del parco. 

In un mare di stelleWhere stories live. Discover now