Capitolo due: l'addestramento

5 1 0
                                    

La casa di Arvid era piena di cimeli di guerra, ma senza amore o nemmeno qualcosa che si poteva avvicinare ad esso, la sua casa raccontava chi era Arvid: un' uomo nato solo per combattere con il cuore duro come una roccia, ma con una mente saggia e in grado di dare molto più di quello che può sembrare.

Appena arrivati Arvid volette squadrarmi per bene e cominciò a guardarmi negli occhi cercando di farmi distogliere lo sguardo, senza riuscirci; poi disse "la forza che vedo nei tuoi occhi verdi come il corpo di Jormungandr, prova a nascondere qualcosa che tu non vuoi far vedere" ascoltai solo fino a quando non pronunciò il nome del serpente in grado di avvolgere tutto il mondo e quel paragone non fece altro che incoraggiarmi. Arvid continuò "oggi inizia il tuo addestramento, mangia e raggiungimi all' esterno della mia dimora", risposi che non avevo bisogno di nutrirmi e Arvid tuonò " tu sei il mio allievo e fai ciò che io ti dico, mangia e poi raggiungimi",così presi un panetto di pane e lo mangiai senza proferire più nessuna parola; successivamente raggiunsi Arvid all' esterno e come primo compito mi ordinò di scegliere quella che poi sarebbe stata l'arma che mi avrebbe accompagnato per tutta la vita, potevo scegliere tra archi, lance e spade ma le ignorai tutte e scelsi un'ascia con incise sopra delle rune che ricordavano le imprese di Odino contro il lupo Fenrir, Arvid approvò la mia scelta, mi fece prendere l'ascia e subito dopo me la fece deporre in una cassa dove all'interno vi era anche l'armatura che egli teneva conservata per quello che sarebbe stato il suo allievo.

Quello stesso pomeriggio iniziò il mio addestramento, avevamo poco tempo visto che le razzie sarebbero iniziate il mese seguente ed io ero solo un ragazzino inesperto che credeva di poter conquistare il mondo senza mai aver pensato ai problemi che derivano da ciò. I primi esercizi furono molto semplici ed a volte anche noiosi, come ad esempio il lancio della palla, la camminata in punta di piedi con le braccia in alto o i salti in lungo; continuammo così per tutta la settimana fino a quando Arvid non decise di portarmi sulla sua barca e restarci per i restanti venti giorni di addestramento per imparare a navigare (fino a quel momento non avevo mai visto il mare e mi era sembrata la cosa più bella che un'uomo possa conoscere) e a combattere a bordo di essa. Alternavamo conoscenza della navigazione di giorno e combattimento di notte e viceversa ogni due giorni fino a quando non arrivò il momento di sbarcare per andare al centro di Oslo dove re Harald avrebbe spiegato i progetti per le razzie di quell' anno.

Il diario di Aren JensenWhere stories live. Discover now