Scansionò con lo sguardo il trono un tempo appartenuto al Guardiano, e da quel giorno al Reverendo, da cima a fondo senza tralasciare neanche un centimetro del rivestimento damascato o dell'argento di cui era fatta la struttura – metallo scelto dalla Luna, che andava cambiato il prima possibile.

Da bambino, Jesse amava sedersi sul trono del nonno e ammirare dall'alto quello che un giorno sarebbe stato il suo regno. Spesso, coinvolgeva anche Artie e Nova nei suoi deliri d'onnipotenza, costringendoli a inchinarsi sul fondo della scalinata e a venerarlo come un vero Guardiano per gioco.

I litigi erano all'ordine del giorno, all'epoca, perché Artie tentava a più riprese di fare a cambio di ruolo con l'amico, privilegio che Jesse non gli aveva mai concesso. Al massimo, Artie poteva interpretare il Reverendo della Luna affiancando Nova in veste di Sacerdotessa del Sole; tuttavia l'amico non aveva mai accettato: le regole decise da Jesse imponevano l'uso esclusivo di Acqua e Terra per l'intera giornata, per calarsi meglio nella parte, e lui non le aveva mai ritenute corrette.

Nel presente, però, quella era la realtà e non più una recita infantile con schemi preimpostati: Jesse era davvero diventato Sire supremo e poteva sedersi sul suo trono senza la paura che un vecchio ciccione arrivasse a scacciarlo perché doveva lavorare – come se suo nonno Melchior avesse mai lavorato un giorno della sua vita.

Sebbene Jesse fosse consapevole della propria vittoria, c'era un qualcosa che lo bloccava. Un tarlo fastidioso non ben identificato che gli impediva non solo di appropriarsi del suo posto, ma persino di accarezzare l'idea col pensiero.

Tutte le volte che Jesse aveva provato a scalare i tre ripiani circolari, i quali innalzavano il seggio dalla pedana dov'era concesso stare anche ai Sacerdoti, non ci era riuscito. C'era un qualcosa di sbagliato in tutto ciò, una sorta di nodo alla gola che non riusciva a sciogliere. Forse gli serviva soltanto...

«Mamour

Jesse venne attirato da Miranda, appena uscita dal varco, con un sorriso sornione sul volto. Non appena l'ebbe vicina, l'avvolse per i fianchi con un braccio. «Già finito di stilare il verbale, piccola mia?»

Miranda annuì. «Devo sviluppare gli ultimi punti, ma ci penserò più tardi.» Si issò sulle punte dei piedi e lasciò un bacio a fior di labbra al fidanzato. «Non volevo perdermi il tuo grande momento.»

Jesse sorrise. Forse era stata l'assenza della donna amata a paralizzarlo. «Grazie, piccola. Tutto questo non sarebbe stato possibile senza di te.»

Miranda era sempre stata molto più intuitiva rispetto alla massa; non c'era niente che potesse sfuggire ai suoi vispi occhi grigi o alla sua mente svelta.

Jesse non avrebbe saputo collegare tutte le stranezze del mandato di Dame Noyer a partire da un ti amo sbagliato, come invece aveva fatto Miranda. Anzi, a voler essere del tutto onesto con se stesso, se non fosse stato per la fidanzata, in quel momento sarebbe stato ancora a subire il silenzio della ex Guardiana e a piangersi addosso.

Sì, Jesse doveva essere grato a Miranda per averlo aiutato e per essere ancora dalla sua parte, malgrado lui non se lo meritasse più.

«Non darmi più meriti di quelli che ho, mamour», ricambiò lei. «Io ti ho solo dato qualche idea; il resto l'hai fatto tu.»

Jesse si irrigidì. Il resto... se Miranda avesse anche solo immaginato qual era stato il resto fatto da lui la notte scorsa, non sarebbe stata così gioviale. «Sì, già. Un bel lavoro di squadra.»

Miranda si bloccò a fissarlo e inclinò la testa – un gesto che a Jesse mozzò il fiato. «C'è qualcosa che non va, mamour

«No», rispose Jesse, forse un po' troppo agitato. «Perché me lo chiedi?»

Come Acqua e FuocoWhere stories live. Discover now