1.18 - Giustizia

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«Buongiorno, sig. Hammer. Posso darle del tu?»

Jack mugugnò ancora intontito dal sonno. Strizzò le palpebre e si sollevò sulla schiena. Subito dopo, appoggiò le dita su un lato dell'addome con una smorfia. Avvertiva un bruciore fastidioso dietro il cerotto posto all'altezza dello stomaco. Non ci vedeva molto bene da lontano senza lenti a contatto, ma era certo che la macchia bianca davanti ai suoi occhi fosse un medico o un infermiere.

«Come ti senti? Dolore?»

«C'è qualcosa che mi tira sul fianco ma non è molto forte.» si grattò la testa spettinata, ancora molto confuso. Non sapeva neanche che ore fossero e da quanto si trovasse in ospedale. I bip delle apparecchiature in stanza lo aiutavano a scandire i secondi, ma non fornivano altre informazioni sul tempo trascorso lì. Filtrava il bagliore del sole dalla tenda della finestra alla sua sinistra. Era quasi finito il mese di ottobre, quindi dovevano essere tra le sette e le otto del mattino.

I ricordi della sera prima gli apparivano sfocati, forse anche per via degli antidolorifici. Tutto quello che riusciva a rammentare sembrava far parte di un incubo distorto: sprazzi di luce, sirene spiegate, urla sconnesse...

E poi una voce che lo chiamava senza sosta, fino a perdersi nel vuoto. La voce disperata di una donna, di questo ne era certo. Forse si trattava della stessa persona che aveva dormito su di lui e che ora non c'era più.

«Da quanto sono qui?»

«Circa due giorni. Hai dormito più o meno fino a pochi minuti fa. È un bene che senti pizzicare ai punti, vuol dire che la ferita si sta rimarginando.»

«Punti?»

«Hai due punti di sutura sotto la medicazione. Più tardi, passerà un'infermiera per disinfettare la ferita e cambiarti le garze. Hai bisogno di un ricovero di altri due giorni per rimetterti del tutto. Sei stato accoltellato all'addome, immagino tu ricordi soltanto questo.»

Il medico consegnò un paio di occhiali al ragazzo e continuò a spiegare, «Lo shock e la perdita di sangue ti hanno fatto perdere i sensi e sei stato trasportato in ospedale, dove hai ricevuto una trasfusione e sei stato medicato. Hai avuto fortuna, un centimetro più in fondo e avresti dovuto dire addio alla milza. E forse a questo mondo.»

«C'era una donna accanto a me, che fine ha fatto?»

«È lei che ti ha donato il sangue. Si è precipitata qui apposta per te e ti è stata vicino tutta la notte. Ora è andata a prenderti da mangiare, credo stia tornando.» deglutì l'uomo, come se parlare di quella persona lo turbasse per qualche motivo.

Jack non si fece altre domande in merito. Provò a stiracchiarsi per quanto riusciva a farlo senza farsi male per i punti sotto la garza. Neanche si era svegliato per bene che già si era scocciato di tutta la faccenda.

«Che rimanga fra noi: almeno l'infermiera è carina?»

«È un cesso. L'ho scelta apposta per sembrare più brutta di lei.» Una terza voce interruppe il siparietto tra i due all'improvviso.

«Vertice Dot!?» Jack strizzò subito le gambe tra le coperte appena la vide comparire sull'uscio della stanza con un vassoio tra le mani. Ci mancava soltanto lei a rendere la situazione ancora più imbarazzante.

La donna scoccò una bruttissima occhiata al medico e aspettò che sparisse dalla sua vista. Appena la serratura della porta scattò, si sedette accanto a lui e si appoggiò il vassoio sulle gambe: conteneva un piatto di riso in bianco e un panino tondo.

«Ho perso più sangue con te che in un secolo. Non so se dire purtroppo o per fortuna.» La colse uno sbadiglio, aveva l'aria di chi non aveva chiuso occhio per giorni. A momenti avrebbero dovuto ricoverare lei al posto suo.

Just a Pretense Vol. I - Break the RoutineDove le storie prendono vita. Scoprilo ora