1.13 - Stridio

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La zia di Jack non ricordava quando sarebbe stata l'ultima volta che ci fosse stato così tanto silenzio in casa. Vedeva i due ragazzi soltanto per cena, ormai: suo nipote passava gran parte della giornata a lavoro, mentre sua figlia se ne stava chiusa in camera per ore e ore, muta come un pesce. A fare cosa, non lo sapeva.

Sedna aveva terminato le superiori da poco e neanche aveva deciso di continuare con l'università, come la maggior parte delle persone della sua età. Quindi non aveva neanche motivo di passare le giornate a studiare.

Ciò che lei faceva, in effetti, era proprio studiare, ma non lo faceva sui libri. Studiava la voce di Jack e lo faceva da lontano, attraverso un piccolissimo registratore infilato nel suo pupazzetto preferito.

Per giorni e giorni, suo cugino aveva messo la stanza ancora più a soqquadro di prima, finché quella moto di stoffa non era saltata fuori come per magia. Da quel momento, era sempre nelle sue tasche o sulla scrivania quando lavorava.

Per evitare di essere scoperta, aspettava che il ragazzo tornasse dal lavoro per intrufolarsi nella sua stanza e recuperare il peluche, magari quando faceva la doccia oppure scendeva in soggiorno a parlare con sua zia, per poi scaricare le registrazioni nel suo cellulare e infine passare i pomeriggi, a volte notti intere, a trascrivere tutto quello che diceva su un quaderno che solo lei sapeva dove tenerlo nascosto. La mattina seguente, il pupazzetto tornava nella tasca della sua felpa rossa e nera, come se niente fosse. Tutto, senza il minimo sospetto di nessuno.

Dalla sua opera maniacale, aveva scoperto che il suo detestabile cugino trascorreva molto tempo con una donna a cui dava spesso del lei, rivolgendosi all'occasione con l'appellativo di Vertice. Nonostante le formalità, i due sembravano anche molto in confidenza, viste le battute del tutto fuori luogo che facevano mentre lavoravano insieme.

Cosa alquanto singolare da parte sua, era il fatto che si confidasse con quest'ultima: stava sempre a lamentarsi di quanto si trovasse male a vivere a casa sua, del disprezzo per Sedna per come trattasse male il suo migliore amico.

Parlava male soltanto di lei: le poche volte che accennava sua zia, diceva fosse l'unica che l'avesse davvero accolto tra le quattro mura, a differenza della cugina.

Il problema di quella casa era sempre e solo Sedna Hammer. Si riferiva a lei col nome esteso. Nome e cognome come un'estranea, come il resto della famiglia che lo aveva rinnegato.

Parlava proprio lui che cambiava più ragazze che mutande della sua vita sentimentale, che mangiava e dormiva a casa sua da quando era stato sbattuto fuori dagli stessi genitori a dodici anni, senza un minimo di gratitudine per chi l'aveva raccolto da terra come lo scarto più bieco di una stirpe venuta su a pane e invidia.

Avrebbe voluto far sentire quelle registrazioni a sua madre, ma quella avrebbe dato ragione all'idiota, come tutti. Ormai nessuno le dava più ragione: per tutti, Sedna era una persona troppo rancorosa e maligna, accecata da un sentimento che neanche lontanamente era assimilabile all'amore.

Lei non amava più Piezo, non l'aveva mai amato. Amava solo se stessa. Ora che l'ennesima persona la stava abbandonando, cominciava a sentirsi ancora più in collera col mondo intero. Il ratto era solo l'ennesimo uomo ad andarsene via dalla sua vita, a partire da suo padre.

L'ascolto dell'ultima registrazione fu un pugno nella pancia: quella del giorno della discussione a mensa tra Jack, Piezo, Eris e Dot. Scaraventò via il peluche lontano e si portò le mani al ciuffo biondo; voleva immaginare che dolore di ogni capello che tirava si potesse ripercuotere sul corpo di Jack come mille coltellate. La vista era annebbiata da lacrime che avrebbe voluto vedere sul viso di quel bastardo, sotto forma di lacrime di sangue. Per colpa sua.

Just a Pretense Vol. I - Break the RoutineDove le storie prendono vita. Scoprilo ora