Libro 1: Hidden - Cap 1: Arrivo al Molo

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Strinsi la corda al molo più stretta che potei, ma i guanti che mi proteggevano le mani mi impedivano di lavorare per bene. La signora che me li aveva venduti aveva nominato un povero pinguino lontra che aveva tentato di fuggire, ma a guardare le mie mani preferivo non pensare a quella povera creaturina.

Lasciai cadere l'orlo della tozza corda sul molo e rimisi i piedi sulla scialuppa di fortuna che mi aveva portato fino a lì: scatolette di cibo essiccato, patate piene di radici e ampolle contenenti rimasugli di liquidi colorati riempivano il fondo della barchetta. Sotto alla panca, vicino ai remi marci, spuntava uno zainetto di pelle di orso; le tasche mezze scucite erano ricolme di ami e fili da pesca.
Mi abbassai ad afferrarlo, svuotandolo e prendendo alcune delle scatolette. Aprendo la tasca più grande trovai l'apriscatole, che pensavo di aver perso in fondo al mare giorni prima, un sacchetto di monete e un cambio di intimo.
Ecco lì, tutto quello che mi aveva tenuto in vita negli ultimi anni, rinchiuso in uno zainetto logoro.

Lo chiusi e me lo misi in spalla, cercando di non impigliare le bretelle al cappuccio che mi copriva spalle e testa; poi scesi dalla barca, rimettendo i piedi sul molo e salutando la scialuppa. Non mi interessava minimamente che qualcuno potesse rubarla: avrei riguadagnato i soldi che ci avevo speso facendo qualche lavoretto.
Avrei potuto scaricare merci e bagagli al porto, oppure fare da cameriera in qualche ristorante. Mi sarebbe bastato qualunque cosa pur di avere i soldi necessari per riuscire a rimanere nella Tribù dell'Acqua Meridionale: avevo bisogno di un maestro che mi insegnasse il dominio dell'acqua.
Di sicuro ne avrei trovato uno lì, bisognava solo capire dove.

Il mio sguardo si posò lontano, oltre alle persone che passeggiavano per il molo.
Uomini, donne e bambini coperti da capo a piedi con abiti di vari colori. L'unica cosa che le accumunava erano le folti pellicce che proteggevano tutti dal freddo inverno. Eppure erano tutti diversi: colori della pelle e dei capelli, capigliature, muscolatura... tutti insieme, pronti a celebrare il Solstizio d'Inverno.
Infatti, appena scese dalle grandi imbarcazioni, le persone si dirigevano verso la città portuale, primo baluardo per arrivare poi a Capital City, situata verso l'entroterra.
Ero sicura avrei trovato qualche lavoretto: con tutte le persone che stavano arrivando per assistere al festival, mi sembrava ovvio che sarebbe servita loro una mano in più. E mentre lavoravo avrei potuto trovare informazioni in più sugli insegnanti del dominio dell'Acqua.

Iniziai dunque a camminare in mezzo alle altre persone: dopo alcuni sguardi confusi che passavano da me alla barchetta, le uniche occhiate che ricevetti mi arrivarono da vecchi pescatori che sedevano qua e là sul molo. Non avevo mai apprezzato gli sguardi: molti mi mettevano soggezione ma, lì in mezzo, nascosta dalla folla, mi sentivo protetta.
Mentre camminavo sentì parlare alcuni di loro: parte si lamentava che tutto quell'afflusso di gente aveva allontanato i pesci, che non avrebbero avuto di che pescare per giorni. Invece, tra le persone che spintonavano e passeggiavano, c'era aria di festa: gente che aveva già assistito, altri che non sapevano nemmeno in cosa consistesse.
E, a dire la verità, nemmeno io conoscevo le tradizioni, tantomeno come si sarebbe svolto il festival. Sapevo solo che si sarebbe festeggiato di lì a due settimane, ma che nel mentre la Capitale era già stata addobbata a festa. Almeno così riuscì a capire da quello che disse un bambino vicino a me.

Mentre ero inghiottita dalla folla di gente, schiacciata tra una famiglia e l'altra, riuscì a portare lo sguardo sul bambino: sulla testa rasata appoggiava un berretto giallo, mentre aveva addosso un giacchetto rosso, completamente aperto.
Un uomo corse verso di lui, lo prese per una mano e lo tirò fuori dalla folla. Insieme a loro uscì fuori una bambina con indosso una giacca verde. Non riuscì a sentire alcuna parola, ma vidi la preoccupazione dell'uomo mentre cercava di chiudere i bottoni del giacchetto del bambino.

-Mi scusi! Mi scusi! Si fermi!-

Una mano mi prese e mi strattonò fuori dalla folla. All'improvviso le tavole di legno che avevo sotto i miei piedi divennero un solido tappeto di terra e poltiglia di neve sporca.
Un'anziana donna mi guardava dal basso: la pelle ambrata, tipica della Tribù dell'Acqua, era piena di rughe. Gli occhi invece erano azzurri e mi fissavano con fare interrogatorio.
A quanto pare ero nei guai.
Ma non sapevo di quale tipo.

AVATAR: La leggenda di ChengWhere stories live. Discover now