Consapevolezza

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Mio padre, ancora una volta, sembrava furibondo. Leonard appena lo vide si allontanò da me, ed io tentai in ogni modo di ricompormi, sperando che non avesse visto nulla. Eppure, ero così brava a far accadere le cose nei momenti meno opportuni. Ma, era trascorso troppo tempo ed io avevo seguito il cuore, di nuovo. Non ero certa che avrebbe portato a della serenità generale, ma mi bastava guardarlo negli occhi per capire che non volevo nessun altro che non fosse lui.
Quello che mi spaventò di più fu la calmezza di mio padre: si limitò a donare un'occhiata spenta ad entrambi, e a rifugiarsi nella sua camera da letto.

Vedendo rientrare mia zia, Kate e Charles mi alzai dal divano. "Che cosa succede?" domandai preoccupata, non attendevo nessuna risposta positiva chiaramente.
"Ci dispiace Mary, ma tuo padre non sembra voler cambiare idea al riguardo, e mi auguro che la situazione si ristabilisca il prima possibile." mi spiegò Kate, poggiando la sua mano sulla mia spalla e sorridendomi tristemente. Io annuii, ben certa di come fosse degenerato il discorso, e di quanto ora mio padre fosse arrabbiato per averci visti avvinghiati l'uno all'altra sul divano.
Mia zia Emily, evidentemente sorpresa, arrabbiata e attonita allo stesso tempo, assegnò agli ospiti delle stanze in cui poter trascorrere la notte. A Leonard non importava nulla, avrebbe dormito anche sul pavimento se necessario. Mi disse che non se ne sarebbe andato senza di me, sebbene sapessimo entrambi che non era possibile e che ci erano stati affidati destini differenti, che non potevano essere intrecciati.
"Non è vero." mi disse, "Se pensi che domani mattina partiremo, non hai davvero capito nulla. Io sono qui per te, Mary."
Gli sorrisi e non risposi, togliendogli la mano dal mio viso. Il suo sguardo si dipinse di confusione, poi scosse il capo. "Vuoi davvero tornare a Londra? Da sola?"
Nella sua voce traspariva della speranza, speranza che io gli dicessi che saremmo scappati insieme, proprio come gli avevo riferito nella lettera, ma sappiamo tutti che i sogni non sempre possono diventare realtà.
"Mary, guardami..." mi supplicò, sollevandomi il viso tramite le sue dita. Lo guardai negli occhi, di nuovo.
"Leonard," sospirai, dovevo dirgli la verità, anche se non lo volevo, "lo sai che non è possibile. Non possiamo scappare, nè tantomeno stare assieme, però ti sono grata per tutto."
"Ma che diavolo stai dicendo?" si alterò, "Vuoi davvero dirmi che tutto questo non è servito a niente? Che sono stato così sincero con te perchè credevo che ricambiassi i miei sentimenti, quando in realtà non è così?"
Tolse la mano dal mio viso e strinse la mascella, guardando ogni singolo frammento della casa pur di non incontrare il mio sguardo.
"Io provo ciò che provi tu, ma non posso sempre dar retta al mio cuore. Rischierei di perdere la mia famiglia, Leonard, lo capisci? Non possiamo stare insieme, nè ora, nè mai."
Non rispose, semplicemente annuì, sebbene io sapessi quanto non fosse d'accordo.
"Ascoltami." Lo obbligai a guardarmi. "Continueremo a parlare, di tanto in tanto. Non è un addio."
Pensavo di averlo tranquillizzato un po', ma non era così.
"È un rifiuto infatti." mi guardò, "Quando lo capirai che io non voglio solamente parlarti, ma stare con te?"
Gli sorrisi amareggiata, voleva stare con me, nonostante tutto. Sapere quanto limpidi fossero i sentimenti che provavamo l'uno per l'altra, e che una nostra unione sarebbe stata impossibile, mi distruggeva il cuore, e con lui si distruggeva anche la visione di un futuro felice.
"Ma, se non è me che vuoi, sei libera di tornartene da William." e con questa frase emessa con tanta di quella crudeltà, si allontanò da me, ritirandosi anche lui nella sua stanza temporanea, lasciandomi così sola, di nuovo.

Le tempie mi pulsavano e la mia vista era offuscata, quest'assurdità mi aveva arrecato un terribile mal di testa, che ci avrebbe messo ore a scomparire. Non avendo assolutamente nulla da fare, e non avendo le capacità di riportare la normalità in questa casa, non mi restò che ritirarmi a mia volta. Mi coricai sul letto, col viso rivolto verso il soffitto. L'aria primaverile che penetrava dalle finestre spalancate mi accarezzava i capelli, accompagnandomi in un sonno di sconforto, provocato dall'irrimediabilità di ciò che l'amore è in grado di combinare.
Non dormii molto, mi svegliai nel silenzio totale. Il sole non era ancora tramontato, e l'aria era così rigenerante da farmi credere che ogni cosa si sarebbe sistemata per il meglio. La troppa tranquillità, però, destò in me il sospetto che tutti si fossero allontanati, che lui si fosse allontanato, e da una parte lo speravo con tutta me stessa: mi avrebbe tolto l'incombenza di cambiare idea, o di soffrire ancor di più la sua partenza, perchè senza un "addio" le strade non ci sembrano separarsi per davvero, senza quell'ultimo saluto nessuna decisione sembra essere stata presa, risulta tutto così rimediabile, quando chiaramente non lo è.

RMS Titanic - un viaggio da non dimenticareWhere stories live. Discover now