Speranza

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I giorni trascorsero, e lentamente iniziammo ad abituarci al nuovo modo di vivere. La mia permanenza da mia zia Emily riguardò soprattutto lunghe giornate trascorse a leggere lunghi libri sul davanzale della finestra della mia stanza, o a trascrivere i miei pensieri su carta. Contribuì molto alla distrazione, infatti piansi meno del previsto. Nel frattempo mi domandavo che cosa stesse facendo Leonard, se mi aveva mai pensata, se aveva mai pensato di raggiungermi, o se pensava che gli avrei scritto. Ecco! Potevo scrivergli! Nessuno se ne sarebbe accorto: trascorrevo la maggior parte delle giornate da sola, in quanto i miei zii e i miei genitori erano impegnati con questioni riguardanti le miniere, o trasferimento di alcuni documenti. Mi buttai sullo scrittoio, presi un foglio limpido e la penna ad inchiostro, accesi una candela per calmare la tensione e cominciai a scrivere.

Mary Livingston
Union Square, Thompson mansion
New York, NYC. 10003

24 Aprile 1912

Mr. Leonard Clearson
Gardens Street, Clearson mansion
Philadelphia, PHL. 191xx

Caro Leonard Clearson,

mi è costato molto giungere alla decisione di scrivere questa lettera e finalmente lo sto facendo. Come avrai intuito, la notte dell'affondamento mi ha segnata molto, così come la morte della mia amata sorella Anna, la quale non è riuscita a sopravvivere al terribile freddo. Sono stati giorni terribilmente difficili per me, giorni che ho trascorso tentando di trovare distrazioni dovunque mi trovassi, sebbene un punto di riferimento per me rimanessi tu. Ho trascorso ore a domandarmi se ci saremmo mai rivisti, se mettere a rischio la mia reputazione avrebbe ripagato lo sforzo, ma mi duole informarti che non è così. Al momento dobbiamo risolvere alcune questioni riguardanti le miniere di famiglia, poi partiremo subito per l'Inghilterra, dove probabilmente mi vedrò protagonista di un matrimonio, del mio matrimonio. È così complicato esprimere quello che sto provando al momento, e nonostante la nostra conoscenza si estenda a pochi giorni, sono arrivata a comprenderti più di quanto credi, e ti avverto già del fatto che non permetterò che questo matrimonio, ingiustamente destinato a realizzarsi, venga ostacolato da quella che possiamo definire una 'passione giovanile'. Non voglio rendere questa lettera troppo intima per paura che possa essere letta, ma mi sembra doveroso salutarti e ringraziarti come si deve.
Per quanto dolorosa risulti questa separazione, i momenti che abbiamo trascorso insieme non li dimenticherò mai. Il tuo viso, i tuoi occhi, le tue mani e le tue labbra saranno un ricordo indelebile, un ricordo che mi porterò a letto con me ogni notte. Ti sono infinitamente grata per tutto. Spero che, sebbene saremo sistemati e magari innamorati, un giorno ci rivedremo ancora, e continueremo a ricordare tutto ciò che è stato. Ti auguro il meglio. L'affetto che provo nei tuoi confronti non svanirà mai.

Anche se questa lettera dovrebbe essere terminata, ci tengo a dar spazio anche al cuore. Per favore, vienimi a prendere, in modo da poter trascorrere tutta la vita assieme. Non dar peso alle sciocche parole dettate dalla ragione, perchè sai che il cuore è più forte della mente.

Ci rivedremo presto.
Tua, Mary.

Sapevo bene quanto incoerente questa lettera fosse, ma era proprio questo lo scopo. Inoltre, rivelandogli ciò che il mio cuore più bramava, desideravo vedere se avrebbe seguito il mio cuore o la mia mente.
Essendo le sedici, avevo ancora mezz'ora a disposizione prima che i miei familiari rincasassero, dunque mi cambiai d'abito (sebbene nero), indossai il mio cappotto, le scarpe ed il cappello e mi diressi all'ufficio postale vicino casa. Una volta giunta notai un'immensa fila, ma in caso dovessi rientrare tardi, potevo utilizzare la scusa della passeggiata. Riuscii finalmente ad inviare la lettera, un brivido di euforia mi pervase. Non vedevo l'ora di leggere la sua.

Rientrai che erano le diciassette e trenta.
Sistemati i soprabiti nell'attaccapanni e mia madre mi raggiunse, domandandomi dove fossi stata.
"Sono uscita a prendere una boccata d'aria. Mi sto man mano riprendendo."
"Va bene." mi disse, accarezzandomi il volto, "È l'ora del tè, se vuoi unirti. Abbiamo ospiti."
Annuii e mi sistemai i capelli. Dopodiché attesi qualche minuto prima di presentarmi in sala dato che il mio naso era diventato rosso a causa dell'aria fresca che tirava.
Quando giunsi nel salone vidi un signore e una signora assieme ad un uomo sulla trentina d'anni.
"Buongiorno." salutai i presenti.
I tre si alzarono, il "giovane" mi strinse la mano sorridendomi. Era un uomo particolare, e i suoi baffi sembravano abbastanza lunghi.
"Siete deliziosa oggi, signorina Mary."
"Vi ringrazio, ma dovreste sapere che sono in lutto."
Pentita d'essermi presentata, mi andai a sedere vicino a mia zia, la quale notò all'istante che avevo capito il perché quell'uomo si trovasse lì. Assieme ai genitori. Mi sorrise per incoraggiarmi.
Consumai il mio tè in silenzio, parlando se veniva richiesto, del tutto limitando la mia natura. Nemmeno Carl, l'uomo, parlò molto, tant'è che pensai che mi trovasse noiosa, oppure che si fosse offeso per la mia schiettezza. Tuttavia, non ero interessata ad una nuova relazione.
Fortunatamente i signori si allontanarono presto, ed io fui libera di assentarmi per una (seconda) passeggiata. Amavo questo momento della sera, come avevo già ripetuto miriadi di volte. Il cielo era grigiastro, le prime stelle stavano uscendo e la luna pian piano si rivelava. L'aria fresca che ti baciava il viso e l'odore di bruciato che però risultava piacevole.
Sebbene mia zia vivesse in una grande città, fortunatamente la sua casa si trovava in mezzo ad un po' di vegetazione, dunque sembrava quasi d'esser in mezzo ad un prateria. La mia attenzione venne catturata da un meraviglioso fiore, era un'aquilegia. La raccolsi e ne inspirai il profumo. Ne presi un ciuffo per posizionarli sul davanzale della mia finestra. Poi, vedendo che il cielo si stava facendo sempre più scuro, mi affrettai a rientrare.
"Sono bellissimi quei fiori!" esclamò mia zia non appena li vide.
"Sono davvero deliziosi."
Mentre mia madre e mia zia conversavano animatamente sul divano, mio padre leggeva il quotidiano.
"Ci sono notizie?" domandai, sedendomi accanto a lui.
"Sì," annuì. "Il Titanic."
"Che cosa dice?" domandai curiosa.
"All'incirca duemila persone hanno perso la vita, molte delle quali non riescono ad essere ritrovate."
Annuii, pensierosa. Troppe persone erano morte ingiustamente.
Mia zia sospirò pesantemente, dicendo che lei stessa aveva letto il quotidiano subito dopo il disastro, dove si assicurava che nessuna vita era stata persa, mentre ora il conto risaliva a quasi duemila persone.
Fortunatamente, il discorso cadde subito, e tutti quanti ci avviammo verso la sala da pranzo per consumare il pasto.
"Vi piacerebbe fare una gita fuori porta domani?" propose mia zia Emily. "Ritengo che ci farebbe molto bene una piccola distrazione."
Io fui d'accordo immediatamente, anzi, liberarmi un po' dei miei pensieri mi entusiasmava.
"Dove andiamo?" domandò mio padre, incerto.
"Io e Mark (il marito) avevamo pensato di andare a Trenton. È davvero una bella località. Rientreremo in giornata."
I miei genitori si guardarono un attimo, poi annuirono entrambi.
"Potremmo invitare anche altre persone. Se vi va."
"Non Carl spero." intervenni.
"Allora andiamo in famiglia." Mi accennò un sorriso.
"Hai per caso scritto a William?" chiese mia madre. "Ti vedo sovrappensiero."
"A dire il vero non l'ho fatto, non mi è passato nemmeno per la testa."
Mia madre sospirò infastidita, poi mi ricordò di quanto tempo fosse trascorso dall'ultima volta che l'avevo visto. Io annuii, dicendole che gli avrei scritto, anche se non rientrava nei miei piani immediati.
"Bene! L'amore richiede molta dedizione, ma che ne dite di giocare ad un gioco di società questa sera?"
Io risi poi dissi di sì.
Il marito di mia zia tirò fuori un grosso mazzo di carte, e cominciammo a giocare. Ero così scarsa che non vinsi nemmeno una partita, anche se ritenevo che mio padre avesse barato troppe volte. Lui chiaramente non voleva ammetterlo.
Quella sera si fece molto tardi, nessuno sembrava aver voglia di andare a dormire, però ci toccò farlo in quanto avremmo dovuto svegliarci presto la mattina seguente. Tutti si allontanarono lasciandomi sola nella sala da pranzo. Riempii un bicchiere d'acqua e accesi una candela: adoravo dormire accompagnata dalla lieve luce che emetteva. Prima o poi avrei preso fuoco, ne ero consapevole.
Mi sistemai nell'accogliente stanza che mi era stata attribuita, per poi sprofondare nelle morbide coperte del letto, ammirando il cielo stellato dalla finestra.

RMS Titanic - un viaggio da non dimenticareWhere stories live. Discover now