chapter two

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by kripxn

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i tuoi figli non ti rispettano, Terry,
i tuoi figli ti temono.

16 june - 18:56
l'orologio, illuminato dallo schermo del telefono, l'avvisò che a breve avrebbe concluso il turno di lavoro, tuttavia prima che arrivasse l'orario prestabilito dal contratto dovette patire diversi discorsi da parte dei clienti, su argomenti tutto fuorché legali a dirla tutta.
Eppure non se ne pentì, non si pentì di aver intrapreso quella strada, imboccando la via dell'alibi bar sin dalla più giovane età.
«non credevo che tommy potesse arrivare ad uccidere la moglie, la malattia l'ha rovinato, così come i funghetti che buttava giù a colazione al posto dei cereali.» s'intromise nel pettegolezzo, rendendo il tutto più confusionario, il datore di lavoro per eccellenza: Kevin Ball.

Il sole caldo si percepiva come brace ardente.
Una calura invadente.

Un tonfo subito dopo, che si rivelò essere Frank, Frank Gallagher.
Non vi mise molto a comprendere che da quel luogo non si sarebbe rialzato, né facilmente né presto, perciò decidette di trasportarlo -a peso morto- fuori dal locale. Ciò nonostante ad aprirle l'uscita, inaspettatamente, fu il padre che in assenza di voce sosteneva l'oggetto tramite la maniglia con lo scopo di tenerla aperta, osservando con disgusto l'uomo disteso.
Scelse il silenzio, preferendo proseguire il proprio cammino. Ciò nonostante, conoscendo la figura in questione, non si concluse lì, poteva sentire i passi pesanti alle sue spalle ed il respiro afoso tipico di un fumatore, che la seguirono finché non abbandonò il corpo privo di coscienza al fianco di una panchina.

Respirò a pieni polmoni, trattenendo l'aria per interminabili secondi prima di espirare il tutto, allacciando le braccia snelle al petto vergognosamente piatto.
Ruotò in sua direzione, ed effettivamente era lì, inaspettatamente da solo.
«cosa ti serve?» sputò, acida, sul soggetto in questione definibile in altro modo suo tutore legale, sospirando poi annoiata della situazione creatasi.
Non era definibile "genitore" -semplicemente errore, secondo i familiari, su cui sfortunatamente erano inciampati.
«mi servi in casa, non ci sei mai, sempre a casa di quel tuo amico, figlio della feccia che hai appena trascinato, lasciando la nostra come fosse un porcile.» rispose, con altrettanto acidume, osservandola dalla testa ai piedi con disprezzo.
Ed era una verità dolorosa da digerire, poiché veniva utilizzava unicamente per le pulizie e non gli interessava altro per quanto la riguardava, un vizio che con il tempo iniziò a darle fastidio. Facendola sentire inutile.
«mi pare tu abbia le mani, potresti iniziare ad utilizzarle per pulire invece che macchiarle di altro sangue, Terry.» decise di superarlo, con l'intento di ritornare dal luogo da cui si era allontanata poco prima, ma venne brutalmente stretta all'altezza del polso e voltata in sua direzione.
«non osare rispondermi in questo modo, lurida puttana, i miei figli mi portano rispetto.» replicò, lasciando scivolare fuori dalle labbra screpolate della saliva che cadde aspra sulla guancia della ragazza che schifata si ripulì, in seguito ad essersi liberata dalla presa ferrea.
Trattenendo un rigetto a causa del disgusto.
«i tuoi figli non ti rispettano, Terry, i tuoi figli ti temono. Sono terrorizzati dalla tua faccia, da tuo modo di fare, da sempre -cominciò ad alterarsi, brutta abitudine ereditata dallo stessa uomo che più disprezzava, da cui non sarebbe fuggita e che col tempo iniziò a tollerare: i problemi nel controllo della rabbia- non sei un cazzo di padre Terry, sei un tiranno, un pezzo di merda che condanna i propri figli all'inferno, li sottometti per ottenere il potere senza renderti conto che in realtà sei solo un povero illuso, ti credi superiore? -la voce dapprima calma e pacata si sollevò notevolmente, divenendo quasi acuta, intanto che il viso diventò di un colorito purpureo, lasciando che i ricordi della convivenza invadessero la mente di Evdokiya- non lo sei, lurida feccia, marcirai in carcere.» concluse il proprio discorso, colmo di rabbia repressa, sputando in direzione dell'occhio sinistro.

Il calore, d'inizio giugno, sbatteva sulla pelle macchiata di lei. La delicata brezza estiva le disfava la chioma scura. Ed il viso di lui, contornato da rughe a causa dell'età avanzata, veniva scheggiato dai diversi anelli che le ornavano la mano destra, attraverso lo sbattere ripetutamente su di esso.
Con rabbia.

La figura minuta di Evdokiya ebbe la meglio su quella dell'uomo, solamente dopo avergli tirato -senza alcun ripensamento- una testata, che inizialmente lo fece barcollare e quasi perdere il controllo della situazione. Un pugno, diretto alle costole della giovane ragazza, generò un affanno fugace che la fece boccheggiare alla ricerca di ossigeno, incurante del dolore che avrebbe provocato in futuro. Continuarono a menarsi, con l'unico intento di sfogare la propria ira sull'altro, fintantoché un terzo individuo la strattonò attraverso una presa ferrea per allontanarla da quelle sgradevoli circostanze.
Accecata dalla collera non mise a fuoco il soggetto, rivelandosi essere il suo migliore amico che trovatosi impreparato si diresse all'unico posto sicuro.
Casa.
La sua supposizione non fu errata, lasciandosi cadere a peso morto sulle scalinate nel retro con in sottofondo le urla felici dei più piccoli che si godevano la nuova piscina -comprata realizzando una raccolta di denaro a cui lei stessa partecipò.
Le porse un birra fredda, intanto che cominciò ad attrezzare una canna, girata rigorosamente a bandiera, con dell'erba appena acquistata.

Non le chiese nulla.
Neppure il perché.
Si godevano, genuinamente, l'estate.

«testa di cazzo.» disse Lip, ridacchiando nel guardarle le mani rovinate sulle nocche ed il naso che durante il tragitto aveva iniziato a far sgocciolare del sangue cremisi.
Evdokiya ricambiò con un'altrettanta risata soffocata, ingoiando con dolore un altro sorso del liquido amaro. Solo loro due.
Seppur non durò a lungo, poiché una chioma rossa li raggiunse sedendosi al fianco del fratello ed il più lontano possibile dalla ragazza, non che fosse una novità.
Ma la preoccupazione sul suo volto si prolungò osservandole il setto nasale arrossato -contornato dal sangue rappreso- successivamente spostò lo sguardo sulla stretta al collo della bottiglia e allo stesso momento alla presa sulle costole, ora doloranti, ma ragionandoci per un breve attimo lo ricolegò al precedente lavoro come paramedico.
Anche quando lei si voltò, lui mantenne gli occhi sul profilo della donna.

Strano.
Ian e Eve non si preoccupano dell'altro solitamente.

( CHAPTER REVIEW )
18 january 2023

ammettilo [ian gallagher]Where stories live. Discover now