Capitolo 9

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Uscita dal bagno, con il cuore che mi balzava nel petto e le guance accaldate per l'emozione, sono corsa al piano superiore sperando di trovare April là dove l'avevo lasciata. Ho aperto lentamente la porta e l'ho trovata accovacciata con la schiena alla parete, il corpo smosso dai singhiozzi e gli occhi persi nel vuoto.

"Ei" le sussurro sedendomi accanto, lei alza lo sguardo e a me stringe il cuore nel vederla così fragile, con gli occhi pieni di dolore e di lacrime per qualcuno che, per l'ennesima volta, non le merita. April e l'amore non hanno mai avuto un buon rapporto, non è mai stata brava a capire su chi riporre la sua fiducia e su chi no, così si è sempre affidata ciecamente e completamente a gente, la quale non ha fatto altro che usarla a suo piacimento e la parte peggiore di tutto questo è che lei ne è consapevole ma preferisce non dargli peso o, semplicemente, fingere che non sia così. Sono innumerevoli le volte in cui ho cercato di farle capire che vale molto più di questo, che merita molto più di quello che cerca e lei sembra capirlo all'inizio ma poi ricade di nuovo in questo loop di sofferenza di cui, però, non ha nessuna colpa.

E' cresciuta in un ambiente grigio, vuoto e senza una stilla d'amore. Quando aveva 9 anni suo padre è andato via di casa con una giovane modella thailandese conosciuta durante un viaggio di lavoro, è andato via senza dire nulla, senza lasciare un biglietto, senza dare spiegazioni, senza dire a sua figlia di soli 9 anni che la voleva bene e che sarebbe tornato da lei. Quello che so è che una fredda mattina di Dicembre, una bambina con il volto rigato dalle lacrime, le guance rosse, i capelli arruffati e il corpo scosso dai brividi, ha suonato alla mia porta dicendo che il suo papà era sparito e che forse non sarebbe più tornato da lei. I mesi e gli anni successivi furono terribili, sua madre era depressa, è stata ricoverata in un centro psichiatrico per otto mesi poiché non più in grado di badare ad April che, per quel lasso di tempo, ha vissuto dai nonni ed io non ho potuto consolarla, abbracciarla, starle vicino. Quando sua madre è tornata a casa, tutto era cambiato, lei non era più la stessa ed April cercava in tutti i modi di compiacerla, ricevendo come risposta solo sorrisi sforzati e un 'Non ora', ogni volta che cercava di raccontarle qualcosa. Quindi sì, è cresciuta con un senso di insoddisfazione perenne misto ad una quantità di autostima e amore per se stessa pari a zero e non so se riuscirà mai a vedersi con gli occhi con cui la vedo io, come la ragazza più forte, coraggiosa e bella che io conosca. 

"Come stai?" le chiedo, lei appoggia la testa sulla mia spalla e sospira

"Come una che è stata pubblicamente insultata nel cortile della sua scuola" alza lo sguardo e mi rivolge un debole sorriso "Io... non so perché lui abbia detto quelle cose, ieri sembrava aver capito" 

"Ieri? Cos'è successo ieri?" le chiedo, lei abbassa gli occhi sulle sue mani intrecciate e inizia a tremare come una foglia.

"April..." mi avvicino a lei e la stringo tra le mie braccia "Me lo dirai quando il solo pensiero non ti farà stare così male ma per il momento..." Mi allontano da lei e le asciugo le lacrime sulle guance "Per il momento devi asciugarti il viso, sfoggiare il tuo sorriso più bello, alzarti, uscire di qui e continuare come se niente fosse successo, anche perché non è successo proprio nulla, sai? Un coglione ha dato di matto in cortile, niente di più". 

Con l'ultima frase riesco a strapparle un sorriso, mi guarda annuendo e insieme ci alziamo dirette a riprendere le nostre giornate scolastiche, proprio in quel momento la campanella suona, April si volta verso di me con gli occhi impauriti, io la abbraccio e le sussurro che andrà tutto bene, dopodiché usciamo dall'aula e senza dire più nulla, ci dirigiamo ognuna nella propria aula. 

Le ore successive scorrono lentamente mentre guardo ossessivamente l'ora sul cellulare con l'unico desiderio di uscire da qui e raggiungere la mia migliore amica. 

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⏰ Last updated: Oct 09, 2021 ⏰

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