Courage

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Era un noioso giorno qualunque e io ero alla solita riunione del Glee Club.
Stavo comodamente seduto sul divano dell’aula prove e cercavo con tutto me stesso di partecipare alla conversazione, ma c’era un litigio in atto e non avevo alcuna voglia essere interpellato.
Cercai di estraniarmi dal mondo, ma il martelletto di Wes mi perforò i timpani.
“Warblers! Warblers! Non è il momento di litigare.”
“Wes ha ragione -commentò David- le provinciali sono vicine e non abbiamo ancora scelto una canzone!”
“Non mi interessa! -Protestò un primino fin troppo sicuro di sé- Io non sono stonato. Non potete escludermi soltanto per delle congetture di qualche ragazzo invidioso!”
Sviai lo sguardo, sospirando. Ogni tanto capitava qualche ragazzo che tentava a tutti i costi di entrare negli Warblers con lo scopo di diventare popolare, ed era sempre uno strazio dovergli spiegare in modo gentile che non ci piaceva accettare gente stonata solo per aumentare la sua notorietà.
“Non si tratta di QUALCHE ragazzo. Ti abbiamo sentito e, mi dispiace molto, ma sei ancora…inesperto.”
Inesperto. Un modo carino per dire che era completamente negato. Abbozzai un sorriso, divertito. La diplomazia di David era sempre esemplare.
“La so io qual è la verità… -sentenziò il ragazzo con occhi furenti- avete paura che monopolizzi tutta l’attenzione, che diventi la nuova stella degli Warblers!”
E in quel momento tutta la stanza si riempì di critiche, sguardi sbigottiti e risate incredule.
Io poggiai la testa sullo schienale del divano, socchiudendo gli occhi. Avrei potuto benissimo addormentarmi lì, in quella posizione, in mezzo a quel caos, se qualcosa nella tasca dei pantaloni non avesse cominciato a vibrare.
Guardai disattento il nome sul display. Pensai subito a qualche richiesta di Ed, o ad uno scherzo di Colin.
Per poco non saltai giù dal divano quando lessi il nome Kurt. In quello stesso momento i membri del consiglio avevano pensato bene di mettermi in mezzo alla discussione.
“Blaine? Blaine! - Urlò Thad facendomi tornare alla realtà -Dì qualcosa anche tu!”
Balbettai qualche parola, ma il cellulare continuava a vibrare insistentemente.
“Io..scusatemi.” Mi defilai verso un’aula silenziosa evitando gli sguardi scandalizzati dei compagni. Quando mi accertai di essere lontano da occhi e orecchie indiscrete mi rassettai un attimo, schiarendomi la voce, e risposi.
“Hei Kurt! Ciao, come va? Che piacere sentir..”
“Blaine.” Mi sussurrò il ragazzo, con la voce spezzata.
“Kurt!? Che succede? Stai bene?!?” Esclamai, aggrottando le sopracciglia.
“Sì…cioè…non lo so…io…scusami…-aggiunse infine, abbattuto- non sapevo chi altri chiamare…”
Cercai in tutti i modi di nascondere la mia preoccupazione, ma non mi riuscì molto bene, anzi, diciamo che non mi riuscì affatto.
“Che è successo? Ti hanno fatto del male? E’ stato quel ragazzo di cui mi hai parlato ieri?”
Ovviamente la mia reazione peggiorò soltanto le cose. Lo sentii scoppiare in lunghi singhiozzi, e io strinsi istintivamente i pugni. Guardai l’ora: erano quasi le quattro, le lezioni stavano per finire.
“Dove ti trovi?” Domandai, stavolta più calmo.
“A…a scuola.”
“A che ora finisci? Ti vengo a prendere.”
“No, Blaine, non ti preoccupare” ribatté il ragazzo, mortificato.
“No, tu, non ti preoccupare. Che scuola frequenti?”
“…Mc Kingley..a Lima.”
“Dammi venti minuti e sono da te.”


Avevo detto venti minuti, ma in verità arrivai a destinazione in un quarto d’ora.
Probabilmente avevo infranto una dozzina di codici della strada, ma non mi importava.
Trovai Kurt al cancello d’entrata, le braccia incrociate, lo sguardo ancora spaventato.
“Ciao.” Abbozzai un sorriso. ”Ti va di salire? Ti offro un caffè.”
Lui annuì, ed entrò velocemente in macchina.
Seduti  ad uno dei tavolini del Lima Bean, aspettai pazientemente che fosse lui il primo a parlare, e mentre lo guardavo bere qualche sorso del suo latte scremato cercai di osservarlo in modo discreto, verificando se avesse occhi neri o labbra spaccate.
“Sto bene, Blaine.” Disse infine, guardandomi di sottecchi. “Non c’è bisogno che tu mi faccia la radiografia.”
“Oh.” Meno male che dovevo essere discreto. In pratica l’avevo scannerizzato con gli occhi. “…scusa.”
“No, scusami tu…” fece lui, addolcendosi. “Per…per la telefonata. Ero molto scosso e…”
“Non ti preoccupare, hai fatto benissimo.”
Esitò un secondo, martellando l’indice contro il suo bicchiere.
“Ho fatto come hai detto tu…ho affrontato quel ragazzo.”
Per un momento che sembrò un’eternità mi si gelò il sangue nelle vene. Lo guardai interdetto, gli occhi sgranati come due fari. Non mi ero mai sentito così amareggiato in vita mia.
“Oh, Kurt.. Mi, mi dispiace così tanto… ti ho detto io di affrontarlo, di non fuggire… è solo colpa mia. Sono veramente un idiota…”
Ma come potevo essere stato così deficiente!? Per colpa mia, del mio stupido consiglio, del mio stupido non farmi i fatti miei, avevo messo in pericolo quel ragazzo. Stupido, cretino di un Blaine. Avrei voluto prendermi a padellate in testa, avrei voluto picchiarmi, avrei voluto…
“Oh, no, non è stata colpa tua, Blaine!” Esclamò Kurt interrompendo i miei improperi.
Oh, sì invece.
“Che cosa ti ha fatto!?” Incalzai, e ogni secondo che passava mi sentivo sempre più uno schifo.
“…Non mi ha fatto del male. Non fisicamente, insomma.”
“Come?” Inarcai un sopracciglio. Lipperlì non avevo capito. Kurt stringeva sempre più il suo latte scremato.
“Gli stavo urlando contro e…e poi…tutto ad un tratto…mi ha baciato.”
Devo dire che durante il viaggio d’andata il mio povero cervello aveva simulato ottomila conversazioni diverse, un centinaio di risposte più o meno simili, una ventina di varianti della stessa dinamica. Insomma, pensavo di essere pronto a sentire qualsiasi cosa, per non avere reazioni esagerate di fronte a Kurt ed evitare sguardi scandalizzati. Come non detto. Sentendo quella risposta la mia mascella scese di due piani.
Fissai Kurt per circa una quarantina di secondi. Forse non avevo capito bene? Purtroppo, però, le sue guance rosso porpora mi toglievano ogni dubbio.
Baciato…da quel ragazzo? Ma come era possibile? Che razza di bullo gli era capitato!?
Lo vidi esitante. Aspettava un qualche mio commento? E cosa potevo dire? Ci ero rimasto di sasso almeno quanto lui.
Cercai di riflettere ad alta voce, rendendo Kurt partecipe dei miei pensieri.
“Questo ragazzo ha sicuramente agito d’impulso, seguendo l’istinto. Il che mi porta a pensare che magari tutto questo suo tamponarti deriva dal fatto che…che gli piaci?”
“Cosa!?” Sbottò Kurt, strabuzzando gli occhi. “Assolutamente no! Karofsky è l’immagine tipo del ragazzo etero che finirà per sposare una donna che ha messo involontariamente incinta e che finirà i suoi giorni tracannando birra e guardando le registrazioni di partite di football degli anni venti!”
“Beh, a me sembra molto confuso.” Ribattei, cercando di non ridere dell’immagine appena descritta.
“Sì, forse hai ragione tu…” asserì lui, abbandonandosi alla sedia. “Sarebbe molto meglio se si schiarisse un po’ le idee e ne parlasse con qualcuno.”
“Già…” ma con chi? Dopo qualche secondo sorrisi, illuminatomi.
“Gli parlerò io.”
Kurt mi guardò sbigottito. Probabilmente si stava chiedendo se conoscessi la frase “non sono fatti tuoi”, o più semplicemente si stava domandando se fossi pazzo.
“No, Blaine, lascia stare.” No che non lasciavo stare. Lo fissai dritto negli occhi.
“Kurt…fammi fare un tentativo. Per favore.”
Lui mi guardò di rimando, e dal suo sguardo folgorato pensai che fosse rimasto colpito dalle mie parole. Non potevo ancora sapere che in verità stava ammirando i miei occhi.

Blame it on BlaineDove le storie prendono vita. Scoprilo ora