Capitolo 1: I'm back.

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Sospiro appoggiando la testa contro il vetro del pullman osservando il paesaggio scorrere sotto i miei occhi, con in sottofondo una canzone provenire dalla radio; con il brusio delle persone che parlano a voce fin troppo alta, in particolare un gruppo di ragazzi in fondo al mezzo, che non smettevano di urlare, accendendo una delle casse che si erano portati alzando il volume ad un livello tale da far spaventare due signore anziane, che cominciarono a borbottare tra di loro, lamentandosi del comportamento dei 'giovani di oggi' e di quanto fossero maleducati. 

Annoiata, prendo dalla tasca il telefono e le cuffie, cercando l'unica applicazione che mi sono lasciata e premo il pulsante d'avvio così da poter ascoltare le prime note di No One di Alicia Keys. Socchiudo gli occhi, sentendo i nervi stendersi lievemente, riuscendo perfino a sentire il mal di testa alleviarsi. Non capisco il perché, ma da quando sono scesa dall'aereo le tempie hanno cominciato a battere con insistenza. Con molta probabilità è dovuto al fatto che non appena sono scesa dall'aereo, ho preso un taxi, che mi ha lasciata a un chilometro e mezzo dalla stazione più vicina. Ammetto di essermi infastidita da quel comportamento, ma armata di pazienza ho cercato la fermata dell'autobus che mi avrebbe fatto raggiungere la mia destinazione; ho letto lo schedario con tutte le linee e le loro fermate; non appena l'ho trovato quasi non potevo credere ai miei occhi, ho dovuto aspettare due ore prima che arrivasse quello giusto, che in questo momento mi sta conducendo alla mia nuova casa.
La mia parte razionale e autosufficiente mi sta gridando contro, perché alla mia età dovrei avere un mezzo con cui spostarmi, ma so che sarebbe una spesa non necessaria, non posso permettermi di spendere più del necessario e anche se potessi non li spenderei a quel modo, posso sempre trovare una soluzione migliore per spostarmi.

Non appena vedo la mia fermata, premo il pulsante e una luce lampeggiante appare sopra ad uno schermo, che avverte il guidatore di fermarsi. Riesco a percepire su di me gli sguardi dei presenti che si sono voltati a guardarmi, ma la cosa mi crea indifferenza. Non mi importa di quello che le altre persone pensano di me, anche il fatto che non importa dove una persona va, come si veste o di quanto qualcuno sia perfetto, le persone non si faranno mai gli affari propri.

" Ma chi è? " sento dire da uno del gruppo, che aveva cercato di parlare il più piano possibile, ovviamente fallendo. Infatti, tutti lo sentirono.

" Non ne ho idea. " rispose una delle ragazze, " Hai visto come si è conciato quello lì? " continuò incurante del fatto che aveva parlato con un tono normale.

" Sarà un barbone. " disse l'amica coprendosi il naso, facendo una smorfia di disgusto.

Per carità, non mi scalfisce ciò che dicono. Non sono così sciocca da rimanerci male, purtroppo loro sono il classico esempio di persone che non avranno mai un po' di cervello, seguiranno spesso il gregge e non importa se feriranno o causeranno dei complessi ai loro coetanei, per loro l'importante è essere idolatrati dai loro amici. Vorrei dire qualcosa, ma perché inimicarsi la gente del posto? Sarebbe controproducente e soprattutto non voglio avere fastidi di alcun genere.

Trattengo un sospiro, non appena il pullman si ferma " Buonasera. " dico poco prima di scendere, sentendo le porte chiudersi alle mie spalle e ripartire finché non sparisce dalla mia vista. Conto fino a dieci, prima di rilasciare il sospiro, che avevo trattenuto. Mi volto e attraverso la strada per vedere il cancello della mia nuova-vecchia casa, osservando la rete di fil di ferro verde che formava piccoli quadri. Mi avvicino al cancello in ferro arrugginito con il passare degli anni e lo accarezzo con la punta delle dita, sentendo gli occhi bruciare e un nodo formarsi alla bocca dello stomaco. " Non puoi essere così infantile, sono passati anni. " scuoto la testa cercando di scacciare via quel senso di malessere che mi stava risalendo per tutta la spina dorsale; con il solo risultato di far peggiorare il mal di testa. Mi colpisco con entrambe le mani sulle guance, riprendendo il controllo. " Datti una svegliata, mocciosa. " prendo il telecomando del cancello dal borsone nero, premendo il pulsante riuscendo a sentire solo un piccolo rumore, prima che si aprisse con lentezza bloccandosi a metà, facendomi sospirare. " Domani dovrò fare l'inventario di ciò che ho in garage, buttare ciò che è rovinato e non posso riutilizzare. " continuo a parlare da sola come una svitata quale sono. Nel mentre, ragiono su un piano d'azione e con pazienza riesco a sbloccare il cancello dopo diverse spinte e calci.

The mate of the AlphaWhere stories live. Discover now