Capitolo 25.

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<< Hai intenzione di restare lì? >> mi disse Grayson mentre mangiava un panino a tre tavoli di distanza.

Avevamo trovato un chiosco sulla spiaggia ed eravamo entrati dentro. Non avevo fame, stavo soltanto aspettando che Barley chiamasse qualcuno per venirci a prendere, e lo stavo facendo a tre tavoli di distanza.

Non riuscivo a starli nemmeno vicino, mi stava antipatico, era arrogante e presuntuoso, non gli importava degli altri, gli importava soltanto di se stesso.

<< Non vuoi parlarmi finchè non chiamerò qualcuno? >> mi domandò mentre io lo fissai piccata.

<< Esattamente >> risposi, mentre lui fece un sorriso divertito.

<< Mi hai parlato >> disse ridacchiando e mordendo tranquillamente il suo panino.

<< Non capisco perché... >> incominciai io mentre lui roteò gli occhi.

<< D'accordo >> mi bloccò lui abbandonando il suo panino e tornando serio << Non ti sto tenendo in ostaggio, ti ho proposto di venire a mangiare semplicemente per parlarti >> mi disse poi mentre io lo fissai sbigottita.

<< Mi hai costretta! >> allargai le braccia sul tavolo.

<< Perché se te lo avessi chiesto con gentilezza avresti accettato? >> mi domandò.

<< Beh Barley spetta a me deciderlo >> lo informai << È così che funziona, non funziona come vuoi tu >> gli puntai un dito contro mentre il proprietario del chiosco dietro al bancone incominciò a guardarci.

<< Si ma sei davvero una rompi palle, non ho niente contro di te, tu invece sembri
detestarmi >> mi accusò mentre io annuii.

<< È così infatti >> gli risposi risoluta.

<< Trattieni il tuo astio allora Marrow, perché non vivo per i tuoi litigi o le tue occhiatacce o le tue frecciatine o tutto ciò che a te da
fastidio >> disse infine zittendomi, mentre io lo guardai imbambolata.

Rimasi zitta, non solo per il suo tono fermo e deciso ma anche perché quello che mi stava dicendo era vero.
Dopo tutto quello che mi era successo in queste settimane, avevo accumulato stress che scaricavo sugli altri, che scaricavo su di lui non appena ne avevo l'occasione perché non mi piaceva.

Non era rancore il mio, alla fine ciò che era successo in passato era successo, solo che non mi piaceva come persona, e allora ne approfittavo per sgonfiare le mie frustrazioni su di lui, facendo andare male le cose ancora di più.

Andava tutto male, la mia vita andava male, le persone che mi stavano accanto prima o poi se ne andavano, se ne infischiavano, sentivo di non avere il controllo su niente, non solo lo sentivo ma sapevo di non averlo mai avuto.

Avevo faticato tutti quegli anni, ne avevo subite di batoste, e vedere il mio ex bullo, tranquillo, con una vita migliore della mia, nonostante tutto quello che mi aveva fatto passare, mi feriva, mi feriva davvero.

Perché io mentre ne avevo mangiati di pettegolezzi, di commenti sul mio conto, di nomignoli, di angherie e di mille e cento cose che non avrei mai fatto a nessuno, e nel frattempo avevo cercato di costruirmi un futuro che alla fine si era rivelato una schifezza, in un attimo mi ero ritrovata di nuovo con il mondo contro di me.

E lui invece se ne stava a mangiare un cazzo di panino, mentre io non avevo più niente.

Lui stava a mangiarsi quel panino tranquillo, mentre io volevo soltanto farmi prendere da qualcuno e ritornare a letto, in quel letto che nonostante non fosse più quello di quando ero una ragazzina, mi faceva lo stesso sentire tale.

Grayson Barley, il mio ex bullo, con una vita migliore della mia, mangiava un panino davanti a me, mentre qualsiasi cosa non lo scalfiva, nemmeno il signore che lo guardava da dietro il bancone, nemmeno io, nemmeno nessuno.

E io invece ero stata scalfita da qualsiasi cosa, ero stata calpestata dal mondo che ce l'aveva con me.
Perché il mondo ce l'aveva con me, perché altrimenti ero io a mangiarmi quel panino, non lui.

Dovevo mangiarmi io quel cazzo di panino.

<< Non ti dico che hai ragione, non provo astio, ma probabilmente ho esagerato senza rendermene conto >> gli concessi, mentre lui appoggiò le braccia sullo schienale del divanetto.

<< Incredibile >> scosse la testa alzando un sopracciglio.

Si scompose un attimo e cercò qualcosa nella tasca della sua giacca in pelle.
Tirò fuori il cellulare e me lo lanciò senza dirmi nulla, lo afferrai di colpo e lo guardai.

<< Chiama chi ti pare e fatti venire a
prendere >> mi disse solamente, tornando a mangiare il suo panino.

<< E tu? >> gli chiesi semplicemente, mentre lui non alzò nemmeno lo sguardò.

<< Non lascio la mia moto incustodita >> rispose soltanto mentre io aggrottai le sopracciglia.

<< Resterai in giro tutta la notte per controllare la tua moto piuttosto che ritornare a casa e dormire? >> gli chiesi accigliata mentre alzò gli occhi verdi puntandoli su di me.

<< Guarda che se non ti muovi mi riprendo il cellulare >> mi disse indicandomelo mentre non gli risposi.

Pensai all'unico numero telefonico che sapevo a memoria, quello di Gerald.
Quando mi ero trasferita a San Francisco mi ero dimenticata di Los Angeles, avevo voluto cancellare dalla memoria qualsiasi cosa, i brutti momenti, le persone e anche i numeri telefonici, sapevo quindi solo il suo e un senso di vergogna mi pervase.

Lo digitai e avvicinai il cellulare all'orecchio mentre incominciava a squillare.
Rimasi ferma mentre osservavo Barley mangiare tranquillo e mentre i miei squilli riaccheggiavano a vuoto, aspettai finchè la segreteria telefonica di Gerald non fece capolino.

Chiusi la chiamata senza dire una parola e mi alzai lentamente porgendo il cellulare a Grayson con una brutta sensazione.
In un secondo, mi era sceso completamente il morale a terra e non me ne fregava più niente.

Quando avevo bisogno di Gerald, lui non c'era. Certo che non sapeva nulla, come poteva sapere, e neanche aveva chissà quale colpa, ma mi sentivo così, abbandonata, nonostante fosse ritornato.
Lui che c'era sempre stato per me, lui che mi aveva aiutata, ora non c'era più.

Non c'era più quella persona a cui avevo lasciato in mano tutte le mie speranze, le mie conquiste, mi aveva tolto tutto Gerald, e si stava tenendo tutto, era questo il motivo per il quale non riuscivo a lasciarlo andare, il motivo per il quale sapevo solo il suo numero di telefono e di nessun'altro.

<< Quindi? >> mi chiese riprendendosi il cellulare e fissandomi dal basso.

<< Quindi mi vado a comprare una birra, la vuoi? >> chiesi a Barley mentre lui mi fissò accigliato.

<< Non vuoi ritornartene a casa? >> mi chiese non capendo, mentre io m'incamminai verso il bancone.

<< Fanculo va, ma quale casa >> risposi, pensando che una casa manco ce l'avevo.

E nemmeno qualcuno che mi venisse a prendere.

Poco più di uno scherzoWhere stories live. Discover now