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𝐃𝐈𝐀𝐑𝐈𝐎 𝐃𝐈 𝐔𝐍 𝐏𝐀𝐙𝐙𝐎
9.

TIMESKIP ; FINE SECONDO ANNO
DI AKAASHI

Akaashi era davanti la palestra. Il suo corpo, a contrasto con la luce pomeridiana dietro di sé, provocava un'ombra nella palestra. Mentre tutti erano sparsi per il cortile dell'accademia, lui era lì. A commemorare i tempi passati con l'asso della Fukurodani.

Dopo quella sera, Akaashi e Bokuto si erano allontanati. Non per tanto, solamente per il tempo necessario di riflettere sulle proprie azioni, sui sentimenti e sulle esigenze personali. Quando si riavvicinarono nessuno parlò del tempo passato separati e nemmeno di quella notte.

Era come se quella notte fosse un segreto di stato. Come se non dovessero parlarne poiché sarebbero stati arrestati o condannati alla pena capitale. Eppure era la notte più importante per entrambi e forse proprio la grandezza dell'importanza di quella notte spaventava i due fanciulli.

Dietro Akaashi si manifestò la presenza di Bokuto.

“Bei tempi, vero Akaashi?”

Un brivido attraversò il corpo minuto di Akaashi, in confronto a quello tonico di Bokuto. Non si girò, rimase impassibile.

“Giá”

Dopo la risposta di Keiji ci fu silenzio. Nessuno dei due sapeva cosa dire esattamente, però entrambi erano tranquilli. Keiji si era finalmente capito. Persino Bokuto era riuscito, con più difficoltà, a capire se stesso. Eppure non ne avevano mai parlato e quel giorno, il giorno del diploma di Bokuto, ecco quello era forse il giorno più giusto per rivelare l'uno all'altro cosa aveva scoperto di loro stessi.

“Bokuto, ti va se andiamo a sederci sotto l'albero?”
“Certo!”

Per primo andò Bokuto e subito Keiji lo seguì. Bokuto era poco più alto di lui, riusciva a vedergli le spalle. Erano belle, possenti. Proprio quelle di un asso. Akaashi ricordò in quel preciso istante tutte le volte in cui, dietro a Bokuto, c'era lui. In tutti i sensi. Prima di scendere in campo, durante le partite, durante quegli attimi di tensione, durante quei momenti in cui Bokuto si sottovalutava fin troppo, sotto le grandi giocate dell'asso. C'era Akaashi dietro di lui, e talvolta, accanto a lui.

Bokuto siedeva poggiato con la schiena sul tronco dell'albero e dalla parte opposta c'era Akaashi nella medesima posizione. Non riuscì a guardarlo in faccia, nemmeno lui capì perché. Aveva chiarito ogni dubbio, era certo di cosa provasse e soprattutto di cosa si era detto. Eppure, il timore era troppo.

“Sai Keiji, sono felice.”
“Perchè Kotaro?”
“Per tutto. Ogni scelta che ho fatto è stata voluta.”
“Kotaro..”
“No Keiji, abbiamo ignorato fin troppo quella notte. Non possiamo continuare così, non ora, non oggi. Voglio essere chiaro con te, affinché anche tu possa esserlo con me.”
“Va bene Kotaro, ti ascolto.”

Era quella la paura di Keiji. Parlare della sera che sembrava aver rovinato tutto, quando invece, per entrambi è stata la sera da cui, nonostante i mille dubbi, sono partiti i chiarimenti personali.

“Premetto che non so cosa ti aspetti che ti dica e non so su cosa hai pensato tu, ma posso dirti quello che so e quello che ho capito.
Oggi ho visto il tuo sguardo Keiji, quando mi sono diplomato eri un misto di emozioni. Ma quelle che prevalevano, per la prima volta, erano la felicità e l'orgoglio. Mentre mi guardavi. E prima di tutto questo, ho capito tante, troppe cose che fino a qualche tempo fa pensavo di non essere in grado di provare.
Mi sono allontanato da te involontariamente. Non dirò di pentirmene, perché grazie a questo ho ragionato. Ho capito. Ti mentirei se dicessi di non esserne fiero.
Però, Keiji, ho capito che senza di te è più dura del previsto. Ho capito che l'amor proprio può farti capire, comprendere e realizzare l'amore per gli altri. Quella notte non c'è stato nulla di sbagliato. Nulla di non voluto e non mi sono sentito costretto, a mia volta, spero che nemmeno tu ti sia sentito costretto. È stata una delle notti migliori della mia vita, Keiji. Ed è stato perché c'eri tu. Keiji, alcune volte sono stato davvero egoista, e di questo vorrei chiederti scusa. Però ho capito che ciò che provo per te va aldilà del volersi bene.”

Le parole di Kotaro erano piene di convinzione. Erano ragionate, erano vere. Questo Keiji lo percepì e non poté che esserne felice. Di fatti, sul suo viso c'era un sorriso. Un piccolo sorriso flebile che però avrebbe riscaldato il cuore di chiunque fosse passato.

“Anch'io ho pensato, Kotaro. Sono sttao egoista, perché ho pensato determinate cose che non avrebbero fatto bene a nessuno dei due. Egoista perché ti volevo tutto per me. Però sai, ho realizzato che tu devi splendere. Hai una dote, ti sei impegnato e devi arrivare in alto. Kotaro, ho realizzato di amarti da molto prima. Forse, anche prima di te. Ne sono certo. Eppure sono alle prime armi anch'io. Ci sono tante cose che vorrei dirti ma non riescona farlo. Mi conosci, a parole sono un disastro e forse a fatti anche il doppio. Però, voglio che tu sappia che non mi sono sentito forzato quella notte. Tutto ciò che è successo, è successo perché entrambi eravamo consenzienti e soprattutto è successo perché entrambi proviamo qualcosa per l'altro. Voglio che tu sia libero, libero di spiccare il volo. Libero di essere te stesso. Voglio essere libero di amarti, Kotaro e voglio che tu sia libero di amare me.”

Alla fine rimasero entrambi in silenzio, a sorridere. L'asso della Fukurodani fu il primo ad alzarsi. Si avvicinò a Keiji. Posò la sua testa sulla spalla del corvino e prese la sua mano, intrecciandola con la propria.

“Ti amo, Keiji. Sono felice, davvero tanto.”

“Ti amo anche io, Kotaro.”

Niente lacrime, solamente due sorrisi sinceri, puri e veri. Come i loro cuori, come le loro azioni, come il loro amore che in quei due anni sbocciò come un fiore in primavera. Niente di più bello che due giovani ragazzi innamorati, con una lunga vita da vivere, piena di sorprese. Niente di più bello che la vita di due giovani intrecciata dallo stesso destino: essere amati ed essere capaci di amare.

𝖣𝖨𝖠𝖱𝖨𝖮 𝖣𝖨 𝖴𝖭 𝖯𝖠𝖹𝖹𝖮 ❟ bokuakaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora