Parte 11

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Mi svegliai. Il fatto che lo feci non è strano, ma è strano il fatto che ne fui felice. Girai io viso, feci sorriso talmente che bello che mi meravigliai di me stesso. Akutagawa era accanto a me, con gli occhi chiusi e un'espressione rilassata. Era rannicchiato nella coperta e aveva una mano appoggiata vicino al mio viso. sapevo che dovevamo andare, sapevo che dovevamo andare a fare il nostro dovere, ma ero certo del fatto che se l'avessi svegliato si sarebbe rimboccato le maniche e non avrei più potuto stringerlo per tanto tempo. Decisi così di assaporare per l'ultima volta quell'istante. Alzai la coperta e strisciai ancora più vicino al mio compagno. Appoggiai con delicatezza una mano sul suo fianco e poi avvicinai la mia bocca alla sua. Toccai la sua fronte con la mia, e gli accarezzai il viso.
- non ti sacrificare per me, ti prego - dissi sussurrando così piano che mi rimbombò la voce nella testa.
Sfiorai con le mie labbra il suo naso delicato e annusai la sua spalla, per poi stringerlo forte, così forte che pensavo mi bastasse.
- tigre mannara - borbottò svegliandosi.
- buongiorno - dissi sorridendo.
- che ore sono?
- è ora di andare, volevo solo starti accanto un altro po' prima di partire.
- sei appiccicoso, lo sai?
- lo so - dissi girando il viso tristemente.
- tigre, sei stato bravo.
- in che senso? - chiedi arrossendo.
- con me, sei stato bravo. Mi hai trattato bene, grazie - mi disse senza mutare la sua espressione seria.
- Akutagawa, ti devo dire una cosa.
Prima che parlassi, si alzò per andare a vestirsi. Non mi fece dire cosa dovevo, forse perché pensava non fosse importante o forse proprio perché sapeva che lo era. Ci vestimmo e prima di iniettarci il liquido ci guardammo. Era fatta, ora dovevamo correre verso il nostro obiettivo, dovevamo distruggere quel maledetto vaso, ci rimanevano ancora 4 giorni, ma non sapevamo con chi avevamo a che fare. Vedemmo la sala giochi e varcammo la soglia, entrammo sfoderando l'energia delle nostre abilità e scendemmo giù con un grande ascensore. Anche con il liquido nelle vene, percepivamo l'energia negativa e sapevamo di doverci sbrigare. Le porte si aprirono e camminammo verso una grande porta rossa. Quei passi furono pochi ma a me sembrarono interminabili, poiché li impiegai per pensare. Se avessimo risolto la questione, che sarebbe successo dopo? Akutagawa mi avrebbe continuato a voler bene come quella notte? Avrebbe scelto di superare il per sempre il suo astio per me? Akutagawa teneva a me, o l'aveva fatto per qualche strano motivo? I pensieri non mi lasciavano in pace. Non volevo aprire quella porta, ero terrorizzato all'idea che potesse farsi male a causa mia, o forse avevo paura che, come un tempo, non mi avrebbe salvato. Il mio era egoismo? Era un capriccio, o forse volevo solo che mi dimostrasse ancora quell'affetto che mi aveva negato troppe volte, ma di cui non ero pronto a fare a meno.
Arrivammo alla porta e Rashōmon ci fece strada. Non c'era nessuno. La stanza era vuota e al centro non c'era nient'altro se non un singolo vaso di ceramica. Osservammo il luogo, umido, macabro, abbandonato. Guardai Akutagawa che chiamò la sua bestia. Stava per toccare il vaso, o almeno era ciò che avevo visto, prima di svenire.

La luce è un'ombraDove le storie prendono vita. Scoprilo ora