12 - Chi ci fermerà?

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Kåre aveva riacquistato un po' di serenità ed Hege si era piano piano scordata di quella donna di Midgard -distratta abilmente da Loki e dal sesso.-

E nonostante tutto stesse procedendo secondo i suoi piani, il Dio degli Inganni non riusciva a placare i pensieri nella sua mente. Credeva che, una volta imprigionata Lilith, i suoi problemi sarebbero finiti e lui avrebbe potuto riprendere con la sua normale vita da imbroglione.

Ma così non era stato.

All'inizio, quando l'aveva vista in catene, si era sentito bene. Forte della sua vittoria, era tornato nella sala del trono e aveva organizzato un banchetto per festeggiare. Ma poi, passata l'euforia e la sbronza, il mattino dopo, quando aveva aperto gli occhi, un manto di cupi pensieri si era adagiato sulla sua mente.

Era quasi come se ormai ci avesse fatto l'abitudine ad avere quella donna tra i piedi. Gli mancava avere qualcuno con cui scontrarsi, punzecchiarsi e provocarsi. Tutto sembrava così vuoto e noioso, esattamente come se stesse conducendo una qualunque vita di corte.

E poi c'erano le preoccupazioni.
Le domande senza risposta e quelle che invece, purtroppo, una risposta ce l'avevano.

Per questo aveva resistito solo due giorni, prima di sgattaiolare fuori da quel palazzo e dirigersi nel suo luogo preferito. Spinto dalla curiosità e dalla voglia di dimostrare che Lilith avesse torto, era tornato in quel bosco, si era spinto fino al limitare della città. Aveva raggiunto il punto esatto in cui lui e la Dea dell'Oscurità si erano incontrati per caso.

Lì, su quell'erba, un tempo verde e rigogliosa, aleggiava ancora quella macchia nera.

Così gli era toccato ammettere che in realtà era lui quello che aveva torto. Con lo sguardo fisso su quella chiazza, si era reso conto che si stava espandendo piano piano. I suoi bordi irregolari avevano preso possesso di altri spiazzi di erba e le sue preoccupazioni erano cresciute assieme a quella vista.

"Lui troverà presto il modo di arrivare qui e tu non hai idea di cos'è capace. Senza il mio aiuto condannerai Asgard e anche te stesso"

Le parole di Lilith avevano preso a rimbombagli in testa, quasi stordendolo.

Che avesse avuto ragione?

Davvero avrebbe avuto bisogno del suo aiuto per sistemare un danno che in principio lui stesso aveva causato e che lei era stata in grado solo di peggiorare?

La risposta, purtroppo per lui, era positiva.

Quindi, dopo l'ennesima notte insonne, aveva ceduto. Scacciate via le coperte di raso verde con rabbia, si era alzato sbuffando dal suo letto e con passo deciso aveva camminato lungo quei corridoi, spingendosi fino alle prigioni.

«Mi stavo giusto chiedendo quanto tempo ci avresti messo prima di tornare, perso e disperato, da me» la voce di Lilith lo aveva accolto nell'esatto momento in cui si era ritrovato dentro quelle stanze. «Devo dire che però ci hai messo più del previsto»

Loki non si lasciò toccare da quelle frasi, ignorandole e concentrandosi su ciò che aveva intorno. Non era passato poi così tanto tempo dall'ultima in cui era sceso fin là sotto. Dall'ultima volta in cui anche lui si era ritrovato chiuso in una di quelle celle.

Nulla era cambiato. I prigionieri rinchiusi, ancora protestavano e cercavano di evadere, buttandosi contro quella barriera magica o escogitando piani che sarebbero falliti ancora prima di iniziare.

Lilith, esattamente come era stato lui, era l'unica che si distingueva. Non stava cercando di uscire, non sembrava sopraffatta dall'ira e non sprecava fiato protestando e professando la sua falsa innocenza.

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