11 - Inganni e Sotterfugi

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La bambina arrestò i suoi passi, aggrottando la fronte. «No» rispose secca. «Questi mi servono per comprare il mio passaggio, che mi porterà lontana da Asgard» le rivelò per la prima volta, facendole capire, finalmente, come mai si desse tanta pena per rubare ai più abbienti, rischiando di essere scoperta e imprigionata.

«E perché mai vorresti abbandonare questa città?» la curiosità aveva ormai preso il sopravvento nella donna. Erano giorni e giorni che quelle due vivevano assieme, ma non si erano mai soffermate a parlare dei loro problemi personali. A parte qualche domanda di troppo di Elin, rivolta al falso lavoro di Lilith con Thor.

Quindi, quando quelle piccole informazioni sfuggivano dalla bocca della bambina, lei non se le lasciava mai scappare. «Perché io qui non ho più niente» rispose di getto, mordendosi l'interno guancia. «E poi, come diceva sempre la mia mamma: "Non è tutto oro quel che luccica." E qui di oro e luccichii, sotto cui nascondere lo sporco, ne abbiamo in abbondanza» concluse, volgendo il suo sguardo sul palazzo reale e sparendo dentro quella piccola casa in legno.

Sul volto di Lilith si formò un'espressione quasi compiaciuta, mentre quel sorriso furbo increspava le sue labbra. Anche lei aveva puntato i suoi occhi scuri sulla punta di quel palazzo. Nel frattempo nella sua mente, un piano d'azione stava già prendendo forma.

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«Tu!» aveva esclamato Loki, nell'esatto momento in cui era entrato in quella sfarzosa stanza. Il braccio teso e il dito puntato verso la figura di quella donna. «Scendi immediatamente dal mio trono»

Lilith si lasciò scappare un sorriso sornione, accomodandosi meglio su quella seduta larga. «Sai, potrei abituarmici» parlò, passando le mani su quei braccioli, imitando, inconsapevolmente, il gesto che anche Loki faceva spesso. «Lilith, Regina degli Inferi e Sovrana di Asgard» proclamò solenne, come se si stesse annunciando.

Il Dio degli Inganni sembrava però essere di tutt'altro parere, perché alzò gli occhi al cielo e strinse i denti. «Forse nei tuoi sogni più proibiti» commentò con sufficienza, muovendo qualche passo verso di lei, verso il suo trono.

La camminata era decisa, mentre si avvicinava. I capelli neri, perfettamente pettinati e leggermente ondeggiati, gli ricadevano sul collo scoperto. E quelle nuove vesti in pelle nera, con inserti di pregiata stoffa verde, sembravano aderire ancora più perfettamente al suo fisico asciutto.

Gli occhi avevano una specie di scintillio ad illuminarli, quando si fermò proprio davanti a lei, a pochi centimetri di distanza.

«Oh no, nei miei sogni proibiti c'è ben altro» lo provocò, sorridendo maliziosamente e continuando a restare seduta sul trono. Loki si chiese inevitabilmente dove volesse andare a parare quella donna. Nella sua mente sapeva che probabilmente quell'atteggiamento doveva far parte solo di un qualche inganno, ma una strana curiosità lo spingeva a stare al gioco.

Ormai sapeva tutto su di lei.
Ogni cosa.
O così gli piaceva credere.
Aveva letto e riletto quel libro, recandosi con una certa regolarità dal vecchio Arvid. E anche se ancora non conosceva la verità sul suo esilio, un'ipotesi più che plausibile aveva preso forma nella sua mente.

«In un altro frangete sarei felice di scoprirli, ma per tua sfortuna non sono ancora così disperato da cedere ai tuoi stupidi giochi di seduzione» le afferrò l'avambraccio con forza, facendola sussultare. «E adesso alzati dal mio trono» ordinò a denti stretti, strattonandola e costringendola a mettersi in piedi.

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