Capitolo sette

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-Cosa diamine significa questo?!-

La voce adirata di Murat rimbomba tra le pareti di casa. Socchiudo per un frammento di secondo gli occhi, stringo le mani a pugno.

-Allora?! Me lo spieghi? Spiegami cos'è questo- ribadisce, posizionando il suo telefono dritto davanti alla mia faccia.

Guardo la foto sul suo cellulare, i video, ed altro ancora.

-È il mio lavoro, Murat. È il mio lavoro-

-Questo ora si chiama lavoro? Questo? Devi essere molto diligente allora! No mi dispiace cara, non me la bevo stavolta. Hai idea che questo video a breve sarà virale?!-

- Non lo sarà, se ognuno fa correttamente il proprio lavoro. È stato qualche giornalista ad inviartelo, vero? Bene, che faccia pubblicità alla mia serie allora-

Murat mi guarda come se in questo momento vedesse un mostro davanti a sé.

- Ma ti rendi conto di come parli?! Che razza di persona sei diventata?! Ascolta, sono calmo, ok? Sono calmo. È stato lui, quel tuo collega, a costringerti a fare questo?-

In modo assurdo, le sue accuse mi fanno ribollire il sangue nelle vene.

-Lui ha un nome, si chiama Kerem, è chiaro?! E no, non mi ha costretta a fare niente, entrambi stavamo facendo il nostro lavoro! È troppo difficile per te capirlo?-

-Se avessi fatto la stessa cosa, come avresti reagito?-

-Tu non sei un attore-

- Ma gli attori, qui in Turchia, non recitano in questo modo!- ribadisce ancora, i suoi occhi sono due linee sottili per quanto è agitato.

-Se non ti sta bene come lavoro, quella è la porta- affermo, indicandogli l'uscita.

-Che cosa?! Vuoi lasciarmi?!-

-Tu mi stai costringendo- dico  con una dose di freddezza che non mi appartiene, a stento mi riconosco.

Eppure non provo nulla, nessuna sofferenza, nessun senso di colpa.

-Ascolta, va bene, ho esagerato. Dimmi che mi ami, dimmi che avremo una famiglia insieme- si addolcisce stavolta, stringendomi le braccia con le sue mani, e guardandomi con disperazione negli occhi, tentando di scorgere una scintilla di amore.

Io sto per aprire bocca, ma nessuna parola esce.
Non un ti amo, né tanto meno che vorrei una famiglia con lui.
Non ci riesco.

-Dimmelo, Hande. Dimmelo- insiste, sempre più impanicato.

Io scuoto lentamente la testa. Non ci riesco, davvero. Ci provo, ma nessun suono viene prodotto dalle mie corde vocali.

Lui indietreggia, è confuso. Si mette le mani tra i capelli, si dirige verso la porta e la sbatte violentemente, facendomi sobbalzare.

In una sua assenza, avverto improvvisamente il respiro farsi più pesante. Mi dirigo in cucina, bevo un lunghissimo sorso d'acqua, e con la mente ripercorro gli ultimi eventi.

È passato circa un mese dall'inizio delle riprese.
Un mese ricco di lavoro, entusiasmo, nuove interazioni sociali.
È stato facile fare amicizia con il cast e la crew, e per mia grande fortuna, ci divertiamo molto assieme.
Il fulcro centrale di tutto è però Kerem. È incredibile quanto possa essere diligente durante le scene e una trottola scatenata dietro le quinte, spalleggiato da Anil e Sarp, che non perdono occasione per allearsi e fare scherzi al resto del gruppo.
Abbiamo persino festeggiato il compleanno del mio collega sul set, e dalla sua espressione era chiaramente visibile che non se l'aspettasse. Aveva gli occhi lucidi, ed era sinceramente grato con tutti.

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