17.Zia Phoebe

Magsimula sa umpisa
                                    

Accese il telefono e fissò per un po' il blocco schermo ammirando la foto di lui e Lucrecia in un parco. Lei aveva il suo cappotto beige lungo e la sua sciarpa bianca. Il suo naso era rosso e il suo volto sorridente. Era la ragazza più bella del mondo e nulla gli avrebbe potuto far pensare il contrario.
Improvvisamente apparve sulla schermata un messaggio di Lucrecia dove c'era scritto: "Will, ho sentito dell'attacco all'O.A.V. tu e la tua famiglia state bene?"

Sul suo volto si fece strada un largo sorriso. Si era preoccupata per lui e questo voleva dire che ci teneva veramente. Che dolce. La sua amica era la migliore del mondo.
Decise di smetterla di fissare uno schermo sorridendo come uno scemo e le rispose: "Stiamo bene, abbiamo trovato un modo per evitare un possibile attacco dei Villain. Non preoccuparti"
"Menomale, avevo così tanta paura che tu fossi stato attaccato da loro..."
"Ehi, calma. Non è successo e non succederà. Starò attento, promesso, e quando finirà tutto questo verrò subito da te. Ora prendi un grosso respiro e calmati, io sono al sicuro. Tu piuttosto tieniti lontana da qualsiasi Villain, ti ricordo che loro non mollano l'osso tanto facilmente"
"Va bene. Rassicuro anche Ethan e Hamilton che mi stavano chiedendo di te o lo fai direttamente tu?"
"Fallo tu, io non posso usare molto il telefono"
"Va bene. Buona notte, ci sentiamo domani tramite telefono!"

Provò a scriverle un "ti voglio bene", ma lo cancellò subito e mandò un semplice "Buona notte" sospirando sconsolato. Voleva tanto dirle ciò che provava, ma tramite un telefono non era la cosa migliore del mondo. Avrebbe preferito farlo una volta tornato da lei dopo che tutto si fosse risolto.
Spense il telefono e lo infilò nel suo zaino per poi rimettersi a guardare la strada.

La zia Phoebe si trovava a Bristol nel Connecticut vicino al Rockwell Park, ci avrebbero messo circa due ore per arrivarci e sarebbero stati abbastanza lontani da scampare al pericolo.
Zia Phoebe era una persona piuttosto riservata e testarda, ma gentile e affettuosa che aveva preferito vivere da sola in una villa piuttosto che sposarsi come aveva fatto suo fratello, il padre di Will.
Era una donna sulla trentina che lavorava in un negozio a Bristol ed aveva avuto la fortuna di vincere alla lotteria e di utilizzare i soldi per prendere quella casa fantastica che Will adorava. C'era di tutto: dalla piscina alla soffitta piena di cianfrusaglie con cui ragazzo adorava armeggiare.

Arrivarono verso le quattro del mattino e bussarono alla sua porta. Dopo un po' si ritrovarono davanti la figura insonnolita di una donna dai capelli scarlatti con una vestaglia blu e delle ciabatte nere con dei cuoricini rossi.

«Ma cosa...? Cosa ci fate qui?!» urlò rendendosi conto di chi aveva davanti.
«Aspetta. Prima di giungere a conclusioni affrettate lasciaci spiegare» intervenne il padre di Will.
«Grrr! Spero abbiate delle ragioni valide per svegliarmi a quest'ora e presentarvi qui senza preavviso. Entrate»

Oltrepassarono la porta di legno e metallo rinforzato della sua villa ed entrarono nel corridoio che dava verso il grande salotto dalle pareti blu.
La zia chiuse la porta a chiave, o meglio, lo fece con tre chiavi diverse. Aveva tre serrature perché viveva da sola e, anche se aveva un potere figo come il mutare forma, non le sarebbe servito molto per sorprendere i ladri o i supercattivi.
Fece sedere tutti sul divano e si mise su una poltrona di fronte ad esso aspettando che loro le raccontassero cosa stesse succedendo.

Fu il padre di Will a parlare per primo. «Mia cara sorellina Phoebe, è capitato che stanotte i Villain attaccassero la sede dell'O.A.V. e decidessero all'improvviso di perseguitare chiunque ne facesse parte e quindi siamo venuti qui, nell'unico posto in cui nessuno andrebbe a cercare»
«Sicuro che nessuno vi abbia seguiti? Perché in tal caso li lascerei portarvi via al posto di avere la casa distrutta»
«Simpatica come sempre... Mi sono assicurato almeno un milione di volte che nessuno ci seguisse. Mi sono persino fermato a cambiare la targa della macchina due volte»
«Va bene. A questo punto non serve nemmeno chiedervi perché non mi abbiate avvisata prima. Su, ci sono abbastanza stanze per tutti e tre»

Spostò lo sguardo su Will e si mise accanto a lui. Non riusciva a riservare la sua solita freddezza al suo nipotino preferito (e anche l'unico).

«Ci sarebbe una stanza singola per te, ma è la stessa che usavi con Amy quando venivate qui a farmi visita. Te la senti di entrarci?»

Sapeva benissimo quanto la morte di quella bambina aveva turbato il povero ragazzo e non voleva ferirlo in alcun modo portando alla luce dei ricordi che lo avrebbero reso triste in qualche modo.
Suo nipote appoggiò la testa sulla sua spalla e annuì convinto.

«Va bene, allora è tutta tua. Inizia a portare le tue cose dentro»
«Va bene, zia Phoebe»
«Will, aspetta»
«Sì?»
«Il tuo telefono... come quelli dei tuoi genitori dobbiamo spaccarlo»
«Come sarebbe a dire?!»
«Se ti servono dei numeri di telefono segnateli su un foglietto, ma dobbiamo spaccarli per forza. I Villain potrebbero rintracciarvi»
«V-va bene»

Si scrisse su un foglietto i numeri di Lucrecia, Hamilton ed Ethan e poi prese il martello che gli porse sua zia e spaccò il suo telefono cancellando per sempre ogni cosa che aveva al suo interno (tranne le foto che aveva cautamente salvato su un hardisk che si trovava a casa sua).

«Ottimo lavoro... Ora vai a letto, campione...» gli disse sua zia accarezzandolo.

Entrò nella camera e ripose il suo zaino vicino al suo letto. Diede uno sguardo malinconico all'altro dove fino a pochi anni prima dormiva sua sorella e notò che sopra vi era un mazzo di fiori essiccati e una piccola foto.
Voleva tenerla con sé ma ne aveva già abbastanza.
Sospirò, si mise il pigiama e accese il televisore che stava proprio al centro del muro opposto della stanza, quello che dava ai piedi dei due letti disposti in verticale ai lati della camera e dove c'era la porta alla destra. Opposto a quel muro c'era una grande finestra che dava sul giardino con la piscina dove lui e sua sorella si divertivano spesso a nuotarci in estate. Era lì che avevano imparato a nuotare.

Scosse la testa allontanando quei pensieri e si concentrò sul telegiornale.
"L'attacco all'Organizzazione Anti-Villain è ancora in corso" disse la giornalista. "I cittadini che stavano nei paraggi sono stati evacuati e gli Element sono appena arrivati sulla scena, ma stanno facendo comunque fatica a contenere la grande quantità di Villain presenti. Tra poco arriveranno in loro soccorso tutti i supereroi di serie A e B di New York che hanno risposto alla chiamata di emergenza. Per ora è tutto dalla cronaca, rimanete sintonizzati per vedere in live lo scontro".

Will non sapeva che fare. Aveva una voglia matta di tornare indietro e di affrontare quei Villain per difendere le persone che amava, ma non avrebbe avuto senso. Era solo un ragazzino e per giunta aveva un potere inutile per un combattimento del genere.
Finì di fantasticare e prestò attenzione a ciò che stava vedendo: c'erano fiamme dappertutto e gli Element erano solo dei piccoli pallini colorati che stavano lottando contro altri pallini neri. Il cameraman si era tenuto distante dalla battaglia. Come dargli torto, rischiava di morire.
La giornalista riprese a parlare: "A quanto mi dicono dalla regia gli Element sono in difficoltà e gli aiuti stanno tardando ad arrivare. Non so che dire, questa è la prima volta in tutta la mia carriera che non riesco a descrivere una situazione del genere..."

Il ragazzo tirò un pugno sul cuscino. Non poteva accettare quella realtà, gli Element non potevano perdere.

Una sagoma nera tra le fiamme attirò la sua attenzione. Riuscì a vederlo per poco, ma fece giusto in tempo a notare i suoi capelli castani tirati indietro col gel e il simbolo dei Villain sulla giacca nera prima che questi mosse una mano contro la telecamera e si spense all'improvviso.
Quell'uomo lo aveva già visto: era il padre di Lucrecia.

School of Heroes - da revisionareTahanan ng mga kuwento. Tumuklas ngayon