Capitolo 42# Mi conosceva abbastanza da lottare contro la morte per me

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Il cielo era quasi blu e la notte stava divorando il sole che moriva in lontananza.

Il nostro gruppo marciava sul sentiero a testa basta, i vestiti bruciacchiati, i muscoli stremati, ma eravamo vivi, e questo era l'importante. Stavamo camminando da molto, forse da ore. Ma oramai i miei piedi si muovevano da soli.

Sbirciai Tarrant che camminava sorridente come se non fosse stanco. Ammiro la sua spensieratezza ma alcune volte mi infastidisce. Non si può sempre essere felici, è psicologicamente impossibile, si può solo essere matti, matti come un cappellaio.

Ogni tanto mi domandava se stavo bene e io storcevo il naso. Francamente, non sapevo come stavo.

Avevo combattuto fino allo stremo delle forze, uscendone vivo per un soffio, riuscendo a salvare i miei amici.

Ma stavo andando dalla Regina Bianca, da Alice. Non sapevo come mi avrebbe accolto.

-Buone notizie- annunciò Lela dandomi una gomita sul braccio -Castello in vista, capitano.

-Tutti in coperta!- tuonò Capitan Libeccio sistemandosi la lente.

Guardai meglio il punto indicato dal dito della ragazza e riuscii a scorgere una costruzione bianca che spiccava moltissimo tra quel verde smeraldo appartenente alla folta foresta di abeti.

Marmorea.

Alice.

Senza rendermene conto accellerai il passo e ci trovammo tutti a correre schiacciando i ciottoli che affondavano nella terra al nostro passaggio.

Non so dove trovai quella forza. Le gambe mi bruciavano e la braccia ciondolavano. Ma correvo, correvo più veloce di tutti incotro a quel tramonto. Non respiravo. Non ne avevo bisogno. Forse avevo anche scordato come si facesse a respirare.

Non seppi mai come feci a correre così, ma arrivai al castello prima che il sole tramontasse.

Arrivato al cancello mi fermai di colpo e sembrò che i miei polmoni avessero ricordato come si respira, perché cominciai a respirare forte senza riuscire a fermarmi.

Subito dopo arrivarono Bielle e i cuccioli che cominciarono ad ululare contro l'entrata.

Mi voltai tenendo le mani sui fianchi e guardai verso il sentiero. Delle figure correvano mentre altre camminavano.

A catturare la mia attenzione furono particolarmente due persone che camminavano mano nella mano. Lela e lo Stregatto, pensai e sorrisi. Anche se una parte di me voleva solo essere al posto di Axel con Alice.

Quando tornai a guardare il palazzo vidi una figura che volteggiava verso di me. Socchiusi gli occhi per vedere meglio anche se sapevo che quell'andatura poteva appartenere soltanto a Mirana.

Arrivò al cancello sorridente e quando lo aprì, mi strinse in un abbraccio.

Ricambiai la stretta cercando di non ferire quelle deboli braccia che mi circondavano il collo, anche se sapevo bene quanto forte fosse quella creatura.

Man mano arrivarono tutti, chi ferito, chi stremato, chi distrutto, chi affranto, ma tutti tremendamente felici di essere lì.

La Regina salutò tutti con un inchino profondo, che però mi lasciò intravedere il rossore delle sue guance quando si chinò per salutare il Cappellaio.

Eravamo occupati a dirci quanto eravamo contenti di essere vivi a nostro modo, così occupati che quasi non notai la ragazza che stava uscendo dal portone. Quasi. Naturalmente vidi quella manina bianca che si poggiava sul legno per aprire la porta. Naturalmente notai il suo sorriso quando mi vide. Naturalmente sentii il sorriso che si formava su di me.

Ovviamente non mi accorsi di aver ripreso a correre, verso di lei.

Non sapevo cosa fare, lo ammetto, ma la sua vista era come una droga, un veleno inebriante che confondeva i miei sensi e fu il cuore a decidere cosa fare.

La abbracciai annusando il profumo dei suoi capelli, un odore di fiori e di frutti. Il suo profumo era forse la cosa che mi era mancata di più di lei. Quel profumo di...di sempre.

Fui costretto a ricredermi quando mi allontanai imbarazzato e vidi i suoi occhi. Occhi color oceano. Occhi profondi. Occhi pieni di speranza. Occhi che mi facevano sentire perso e ritrovato allo stesso tempo. Occhi pieni di amore, o forse era solo il riflesso del mio.

-Sei tornato!- esclamò. Ascoltai la sua voce, le sue parole e me le premetti nell'anima. Nessun "sei vivo". "Sei tornato". Come dire "sei tornato per me". Sì, Alice, sono tornato per te. Per sentire di nuovo il tuo profumo, per vedere di nuovo i tuoi occhi, per te, a cui sono dovuto stare lontano per troppo tempo. Sono tornato, ma soprattutto grazie a te. So che non ti ricordi di me, so che non mi conosci, ma so che mi conosci abbastanza da lottare contro la morte per me.

Non le dissi niente di tutto questo. Un po' per paura, un po' perché mi trovavo incatenato al suo sguardo, ai suoi occhi socchiusi per colpa del sorriso. E mi sentii rispondere un "si" soffocato per poi sorridere e lasciare che le lacrime inondassero i miei occhi nella gioia di rivedere di fronte a me Alice, tutta intera, tutta mia.

Alice in Wonderland, return to UnderworldDove le storie prendono vita. Scoprilo ora