Cap.17

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Germania dal canto suo, sapeva che era ora di fare i conti con qualcun'altro.

Ora basta, non poteva più dormire in macchina, non poteva più evitare i suoi problemi.

Dici ad Italia di affrontare il suo passato quando tu stesso non riesci ad affrontare il tuo presente... Non ti senti un po' un incoerente?

Per troppo tempo ormai cercava di vivere una vita felice con Italia, ignorando il resto. Effettivamente era tutto ciò che voleva, ma allo stesso tempo anche lui aveva i suoi fantasmi.

Stranamente gli tornò in mente quel film dei gost busters, che risucchiavano gli spettri con delle pseudo-aspirapolveri, e gli venne da ridere.

Magari avessi anch'io una dannata pseudo-aspirapolvere.

Poi si ricordò di non aver a che fare con uno Slimer mangia torte, ma con una persona in carne ed ossa

In carne e male vorrai dire

Sbuffò, consapevole della discussione che presto avrebbe avuto con quell'uomo. Uomo sì. si sentiva in colpa a chiamarlo "mostro" come tutti gli altri, anche se lo meritava; ma allo stesso tempo, a chiamarlo padre non ci riusciva, gli faceva ribrezzo.

La sua voce lo faceva scattare sull'attenti, i suoi occhi, saettanti, e rossi come il sangue, non era mai riuscito a sostenerli, nonostante gli fosse arrivato uno schiaffo ogni volta in cui aveva abbassato lo sguardo parlando con lui.

La mano istintivamente andò a toccare la guancia, come se sentisse ancora il bruciore che quelle botte gli avevano procurato.

C'era stato un tempo in cui Germania stimava suo padre: risale a quando era molto piccolo, e non le prendeva più di tanto. In quegli anni non era Reich ad occuparsi di lui, o almeno non molto.
In effetti non ricordava esattamente chi fosse quella persona. Tuttavia ricordava di aver avuto un compagno di giochi: Era un bambino della sua stessa età, che gli assomigliava molto. Lo chiamava Est, o almeno é ciò che credeva. Non aveva che qualche flash sfocato di ricordo di lui, in fondo era passato tanto tempo.
Una volta un uomo, che Germania ricordava grosso come una montagna, era arrivato a casa, accompagnato da suo padre, e da quel giorno non aveva più rivisto il suo amico.

Che poi in effetti non aveva idea di chi fosse quel bambino. Poteva essere un cugino, o semplicemente il frutto della sua immaginazione.  Non aveva mai avuto il coraggio di chiedere a Reich, ma d'altronde dubitava della veridicità di quel ricordo.

Si sentì un codardo, in un certo senso...non era mai riuscito a rispondergli, figuriamoci a ribellarsi...

Ma ormai aveva 18 anni, era un adulto, non era più sotto il suo controllo.

Questi pensieri qualche giorno fa lo avevano portato ad una decisione: doveva andar via di casa, definitivamente. Doveva tagliare i ponti e costruirsi una nuova vita fuori dall'ombra di quell'uomo.

Con il cuore in gola Germania si diresse verso casa. Camminava lento, cosa insolita per lui, che era stato abituato al passo veloce e composto. In un certo senso sembrava stesse percorrendo il miglio verde, dove al posto della sedia elettrica c'era uno spietato assassino.

Arrivò a casa, la numero 2 di Hintereck. Non gli era mai piaciuta più di tanto, ma d'altronde dopo quel giorno non ci avrebbe messo più piede.

Girò le chiavi nella serratura ed entrò. C'era puzza di alcol nel salone, nulla a cui non fosse abituato.

Le luci erano spente, e ne fu grato, perché voleva dire che lui stava dormendo.

Camminò con passo felpato, sperava di poter invaligiare più roba possibile prima di incontrarlo.

Ciò Che Rompe L'ordine Delle Coseحيث تعيش القصص. اكتشف الآن