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☞︎︎︎𝒌𝒖𝒓𝒐𝒐'𝒔 𝒑𝒐𝒗
"Kuroo." riuscì poco a poco ad esordire, stringendosi a me.

"Kenma, hey, dimmi." risposi sollevato nell'udire il suo richiamo, scostando la ciocca di capelli che gli oscurava il viso.
"Hey Kenma, che succede?" continuai: preso dal panico, non esitai un istante a farlo distendere nei sedili, lasciando che riposasse.

"Non ricordo chi... O come..." balbettó in preda ai tremolii, soffermandosi su quasi ogni parola pronunciata.
"Kenma sta tranquillo, andrà tutto bene-" non feci in tempo a concludere la frase, mi interruppe: il suo torace si opprimeva, il suo respiro si affannava, le sue pesanti palpebre facevano fatica a restare aperte.
"-Ma ripeteva il tuo nome." sussurrò con difficoltà, chiudendo le palpebre.

"Cosa?" domandai vanamente: riflesso nei miei sgranati occhi, il terrore cominciava pian piano a prendere possesso della mia mente. Avevo compreso benissimo ciò che mi aveva detto e, la cosa che mi preoccupó maggiormente, fu il venir a quasi sicura conoscenza di chi poteva esser stato. Non riuscivo a crederci.

"Kenma, ne sei certo?" domandai nel giro di qualche secondo, cosa che risultò nuovamente invana, dal momento che così facendo lasciai che il ragazzo potesse perdere conoscenza ancora una volta. Così, pensai che quella sarebbe stata una cosa da mettere in secondo piano rispetto alla sua incolumità.
"Kenma?" ripetei scuotendolo leggermente, ancora e ancora.

Lo lasciai nei sedili posteriori, chiudendo la portiera e spostandomi alla guida. Tentando di arrivare all'ospedale il prima possibile, misi subito in moto la macchina catapultandomi nella strada principale: nonostante ciò, mi resi conto di essere troppo agitato, nervoso, realizzata l'alta velocità con cui stavo sfrecciando.
Tentai di calmarmi, di rallentare, causare un incidente in quella situazione non mi sarebbe stato di aiuto.
Dal momento che, per buona sorte, l'ospedale non si trovasse troppo lontano da casa nostra, fummo in grado di esserci nel giro di dieci minuti. Lasciando che Kenma mi venisse portato via dai medici, rimasi là ad aspettare il suo arrivo.
Dieci, venti, trenta minuti, stavo subendo da diverso tempo gli sguardi confusi da parte del resto delle altre persone in sala d'attesa: impanicato com'ero, il mio nervosismo doveva esser saltato all'occhio.
Provai davvero a leggere qualsiasi informazione si fosse catapultata nella mia mente, in disperata ricerca di un'alternativa al mio pessimo presentimento: se davvero, ancora una volta, si fosse trattato lui, non avrei minimamente esitato a farlo arrestare. Pregavo con tutto me stesso che Kenma non avesse niente di grave.

Trascorsero altri cinque minuti, lasciando che le mie iridi potessero finalmente vedere uno dei dottori uscire dalla stanza dove avevano portato Kenma.
"Dottore!" esclamai sgranando i miei occhi, dirigendomi verso di lui a passo spedito.
"Salve." esordì lui, controllando i fogli che aveva tra le mani "Lei è Kuroo Tetsurou?"

Annuii.
"Ed è qui per Kozume Kenma, giusto?" chiese, quasi dandomi sui nervi per farla così lunga: scrutavo ormai ogni caratterisctica del suo volto, tentando di captare ogni misera informazione.
"Sì... sì, saprebbe dirmi come si sente?"
La sua espressione mutó immediatamente, non fui in grado di decifrarla; un pesante, nervoso silenzio pervase il corridoio, lasciando che esso riflettesse la nostra sofferente aurea.
"La sua perdita di conoscenza e di memoria è causata da un lieve trauma cranico."

"Trauma... trauma cranico?" chiesi con voce inclinata, lasciando che rapidi tremolii pervadessero la mia spina dorsale. Il dottore presto annuì, tentando fin da subito di affievolire le mie preoccupazioni.
"È lieve, sta tranquillo, dovrebbe stare meglio."
Ero paralizzato.
Il mondo mi era caduto addosso, aveva schiacciato, oppresso, bruciato tutto ciò di cui mi era mai importato, tutto ciò a cui tenevo.
Le mie iridi immobili, incapaci di regire, così come il mio torace, i miei polmoni: rimasero fermi per qualche attimo, lasciando che il dottore presto richiamasse la mia attenzione.
"Si sente bene?"
"Posso stare con lui?" chiesi.
Sorrise, mostrò un sorriso sincero, colmo di empatia.
"Certo." esordì aprendo la porta presente di fianco a noi, facendo così in modo che pochi metri mi separassero da Kenma.

Chiudendola, non potei fare altro che ritrovarmi in quella fredda, vuota stanza ornata da un pungente odore di medicinali: era là, sdraiato ed immobile sul piccolo letto d'ospedale.
Percependo il magone formarsi sempre più nella mia gola, mi avvicinai, sedendomi nella poltrona di fianco a lui.
"Fa che non sia niente di grave, ti prego." esordii stringendo la sua mano, lasciando che la prima di tante lacrime rigasse le mie guance "Kenma ho bisogno di te."
Nella speranza di calmarmi, tentai mettermi comodo sulla poltrona, invano, dal momento che rimasi sveglio per  un'ora nella speranza che si potesse svegliare. Percependo la stanchezza, però, tra le lacrime mi addormentai.

 ❝𝗳𝗼𝗿𝗲𝗯𝗼𝗱𝗶𝗻𝗴❞ 𝗄𝗎𝗋𝗈𝗄𝖾𝗇Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora