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Nelle settimane a seguire rimasi ricoverata in ospedale. Ricordo poco o nulla di quel periodo... ricordo solo che c'erano altre donne in quel reparto, le "donne lunatiche" ci definivano. E tutte noi venivamo curate con l'uso di oppio.

Dopo alcune settimane mia madre e mio padre vennero a parlare con il medico; questi insistette affinché fossi presente anche io.

Disse che siccome la mia situazione non migliorava, c'era un unico rimedio per porre fine alle crisi: disse che i miei dovevano trovarmi un marito.

Sentii anche le parole "furia uterina", ma non sapevo cosa significasse.       *[1]

Rimasi sorpresa all'inizio, ma non ci pensai più di tanto poiché stavano per dimettermi e pensavo solo a tornare finalmente a casa.

Dopo alcuni giorni ero a casa e non riuscivo a fare altro che ripensare alla scena che vidi alla fattoria dei vicini, a quei braccianti che si bagnavano e pensavo ogni giorno di tornare lì di nuovo.

Da una parte avevo paura di venire scoperta; la mia situazione era già abbastanza compromessa e non volevo peggiorarla, ma non riuscivo a smettere di pensarci.

E tale pensiero mi dava "combustibile" per alimentare i miei desideri notturni.

La passione stava crescendo dentro di me come un'erba.

E così un giorno che ero nei campi decisi che mi sarei avvicinata di nuovo alla fattoria.

Era più o meno lo stesso orario dell'altro giorno, ma stavolta non arrivai fino alla fattoria, qualcosa attirò la mia attenzione prima di raggiungerla: scorsi in mezzo al campo due figure di un uomo e una donna che scomparvero all'improvviso nell'erba alta.

Pensai subito di andare via, ma poi decisi di avvicinarmi e riuscii a riconoscere nella figura maschile uno dei braccianti della fattoria che avevo visto quel giorno, uno dei più giovani.

Ero abbastanza vicina da vederli baciarsi e sbottonarsi i vestiti.

Mi accucciai fra l'erba per non farmi vedere. Il giovane bracciante si liberò in fretta di tutti i vestiti; riuscii a vedere di nuovo il sesso, ma solo per un attimo, prima di vederlo gettarsi sulla donna e scomparire alla mia vista.

Rimasi ad osservarli confusa, quando improvvisamente il giovane alzò la testa e guardò nella direzione dov'ero io: mi vide.

Si fermò all'improvviso e io mi abbassai ancora di più, prima di correre via presa dall'imbarazzo.

Corsi a casa, ma non riuscii a togliermi quell'immagine dalla testa, di lui sopra quella donna. Rimasi sveglia tutta la notte a pensarci, immaginai di essere al posto di quella donna e mi salivano i brividi lungo la schiena... ero come un fiore in desiderosa attesa della rugiada.

Il mattino seguente fui di nuovo attirata verso la fattoria. Stavolta vidi solo i braccianti che lavoravano nel campo e riuscii a scorgere il giovane che avevo visto il giorno prima; questi guardò verso la mia direzione, ma non capii se mi aveva vista o no.

Io mi allontanai e tornai al mio lavoro, fino all'ora di pranzo.

Quando mi incamminai per tornare a casa a pranzare, all'improvviso ecco che lo trovai di fronte a me: mi guardava negli occhi con uno sguardo intenso, senza distoglierlo per un secondo.

Io rimasi imbambolata, senza sapere cosa dire, ma lui mi anticipò: "Eri tu ieri nel campo, non è vero?".

Non risposi... volevo andarmene, ma ero come bloccata e non riuscivo a muovere un dito.

"Come ti chiami?", chiese lui.

La voce non mi usciva dalla gola, ma riuscii ad accennare il mio nome.

Lui rispose che si chiamava Giovanni. Era di bell'aspetto, con i capelli neri, un filo di barba, due profondi occhi castani e la pelle olivastra.

Si avvicinò a me e incollò le labbra alle mie; mi ritrassi indietro, ma non riuscii a muovermi ancora.

"Se non vuoi perchè mi hai spiato ieri?", mi chiese. Non riuscii a spiccicare una parola.

Mi baciò di nuovo e mi tirò a terra... volevo fermarlo, ma non riuscivo a muovere un muscolo, mentre il mio respiro era diventato più affannoso e il battito era aumentato.

Il ragazzo mi slacciò il vestito e lo abbassò, mentre mi baciava ancora. Volevo chiedergli di fermarsi, ma quando lo vidi togliersi i vestiti, non potei dire nulla.

Mi fece sdraiare a terra e mi prese la mano per poi portarla alla congiunzione delle sue cosce, sulla quale sentii il turgido sesso, che mi spaventò all'inizio, ma poi lui, liberatosi di tutti gli indumenti, mi aprì le cosce e scivolò dentro, mentre avvertii una fitta e sussultai, ma la piacevole sensazione rese il dolore sopportabile.

Mi resi conto in un lampo che l'attività che facevo di notte altro non era che il preludio di quell'atto. Quando finalmente, accompagnata dai suoi movimenti, arrivai alla fine del nostro amplesso, rimasi con gli occhi chiusi senza forze, mentre percepii che era questo il sollievo di cui avevo bisogno per guarire dalla mia malattia.

Quando riaprii gli occhi qualche minuto dopo, il ragazzo non c'era.

Mentre mi rivestivo notai una macchia di sangue sulla sottoveste.

Non cercai mai più quel ragazzo e né lo rividi in seguito.

Tuttavia ripensai a quello che il medico aveva detto ai miei genitori e realizzai che il matrimonio non era la soluzione giusta alla mia condizione. Ma, come spiegarlo? Era impensabile raccontare quello che era successo.

E così, quando da alcune vicine seppi che molte giovani donne in quel periodo si recavano in città a cercare lavoro, non vidi altra soluzione che seguire il loro esempio. 

Per quanto ci ripensi oggi, non riesco a capire dove trovai il coraggio di farlo, ma due giorni più tardi ero già sulla diligenza che mi portava in città, portando soltanto un fagotto con un solo vestito e pochi effetti personali e qualche manciata di lire che mia madre conservava in casa.

Non avevo la minima idea di cosa avrei fatto della mia vita>.


*[1] Quando viene menzionata la "ninfomania" o la "furia uterina" non sono intese come sessodipendenza (o dipendenza da sesso), la quale  è un disturbo compulsivo.

Camelia neraWhere stories live. Discover now