𝘗𝘢𝘳𝘵𝘦 29

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E di nuovo, e ancora, l'alcol gli faceva compagnia in quella grigia serata. Il sapore forte tra i denti e la lingua, era l'unico mezzo per tenere la mente vuota e per svegliare i muscoli indolenziti. L'odore acre aveva avvolto anche l'ultimo centimetro di stoffa del divano, viaggiando con insistenza tra le narici e gli occhi arrossati per l'astenia.
Raramente gli capitava di starsene lì, con le mani in mano, ad accavallare le gambe sul divano e con un mal di schiena allucinante. Anzi, se vogliamo dirla tutta, non gli era mai capitato.
E, dal primo momento in cui aveva visto quella giovane cuoca imbranata nella sua cucina, non si sarebbe mai immaginato di finire in quello stato proprio per lei.
Già, in quello stato: con le palpebre pesanti, un sapore amaro sulle labbra e un giornale vecchio di anni e anni.
Leggendo il titolo, strinse le dita fino ad accartocciarne buona parte.
Le fotografie erano sbiadite, le lettere scolorate, ma le immagini nella sua mente erano chiare e vivide.
Quello era l'incidente che aveva segnato la sua ennesima cicatrice. Restava lì, come un segno indelebile che avrebbe portato con lui a vita, fino alla morte, nella lapide. Anche se gli altri non potevano vederlo.
Quell'incidente che aveva messo fine alla sua relazione. Che aveva portato via una persona. Una persona, a sua detta al tempo, qualunque.
Non sapeva nemmeno il perché avesse cercato nella sua soffitta quel giornale.
L'unica testimonianza scritta di quanto era accaduto. L'unico pezzo di carta rimasto. Internet ne era vuoto, di quella notizia. I nomi non erano stati pubblicati, per privacy, e nessuno sapeva che, di lì a qualche anno, Zeke Jaeger sarebbe diventato un grande imprenditore.
Quel giornale gli era costato un cumulo di polvere, schegge taglienti di legno tra le mani ed un forte miasma di muffa a martirizzare il suo povero olfatto.
L'aveva sepolto lì, da anni, e si era imposto di dimenticarsene. Ed ora era con lui, di nuovo tra le sue mani impolverate. Di nuovo sotto i suoi occhi, stanchi e sottili, che leggevano con insistenza la testata giornalistica che riportava la tragedia del mese. "E Petra questo non lo sa" - Aveva pensato. D'altronde, cosa avrebbe potuto farci una giovane adolescente con uno stupido pezzo di carta tra le mani, oltre che affogare nel dolore? Lui un po' sentiva di capire Petra. Anche lui lo aveva provato, quel dolore. Nelle vesti di un bambino; Un piccolo, dolce e innocente bambino che voleva solamente giocare e amare il mondo. Un bambino che aveva visto il suo cuore marcire troppo in fretta. Che aveva visto il suo mondo bruciare, per poi alimentarne il fuoco.
Un altro, l'ennesimo, bicchierino scivolò giù per la gola, bruciando le pareti e intorpidendo il palato. Poi quella tremenda emicrania lo costrinse a massaggiarsi le tempie.

«Pensavo che Petra fosse da te» - Aveva risposto, confusa. E avere la quattr'occhi in casa per un motivo inesistente era ancora più frustrante. «Prima è andata via dicendo che sarebbe stata a cena con te.» Aveva ringhiato lui.
«Mi spiace Levi... Io-»
«Sta zitta ed esci fuori da casa mia!»
Era da tanto tempo che non alzava la voce ed ora il bruciore alla gola ne era una netta conseguenza.
Hanji non aveva insistito, forse aveva capito che avere a che fare con un signor Ackerman infuriato non avrebbe portato alcunché di buono. Se n'era andata, senza se e senza ma, aveva varcato la soglia della porta restituendo la penna rubata. Nessun fiato poi, l'aveva lasciato solo con la sua più grande distrazione al mondo.

Un altro bicchiere.
Una dopo l'altra, le lettere davano vita ad un caos scombinato di sofferenza e disperazione. Una dolorosa tragedia che sarebbe per sempre rimasta in un angolino appartato dei ricordi di ognuno.
Sul giornale vi erano incisi i volti di Steffi e Zeke. Alla vista di quel viso, lo nocche gli si sbiancarono. E pensare che lo stesso Zeke stava nuovamente tentando il suo gioco con lui, il che lo mandava letteralmente in bestia.
Perché sì, lo aveva capito.
Non era uno stolto e la scusa che Petra aveva rifilato, quella volta in azienda, per nascondere la sua frequentazione con Zeke non aveva avuto un briciolo di credibilità. Ma cosa poteva fare, lui?
Andare a cercarli per fare una terribile scenata? Chiamare Petra con la scusa di un'importante discussione sul lavoro?
Che poi, con tutto l'alcol che si era bevuto, uscire di casa in quel momento sarebbe stato sinonimo di suicidio. Sarebbe andato in giro come un semplice ometto ubriaco, macchiando a vita la figura del signor Ackerman. Ne era consapevole, lo capiva, nonostante i sensi ovattati. Con Petra avrebbe parlato in un secondo momento. Doveva parlarle. Ma in quella serata, la priorità di Petra sarebbe stata un'altra.
In un ristorante stellato, con un bel vestito, sotto l'attenzione di una vipera.

𝘚𝘸𝘦𝘦𝘵 𝘤𝘰𝘭𝘥 //𝘙𝘪𝘷𝘦𝘵𝘳𝘢Where stories live. Discover now