𝘗𝘢𝘳𝘵𝘦 17

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25 dicembre

Fiocchi lenti e candidi cadevano come polline dai fiori di Primavera.
Tutti erano sbalorditi e tutti ne parlavano, a Londra da anni non si vedeva una nevicata, per l'appunto, con i fiocchi.
Londra, la città sempre piovosa, la città sempre umida.
Eppure in quel giorno, così particolare e così unico, la neve era caduta, come un regalo da parte di qualcuno.
Inaspettata, bella, serena... tanto da mettere il buon umore.

Il vecchio cancello semiaperto del cimitero si era ormai colorato di un bianco misto alla ruggine.
Ciuffi coraggiosi d'erba cercavano di farsi spazio nel tappeto di neve che si era creato.
Il fruscio degli alberi era l'unico suono udibile in quel silenzio mattutino.

Nemmeno i veicoli passavano.
I mezzi pubblici in ferie per le feste, gli umili lavoratori in casa con la famiglia.
L'unica auto solitaria che postava nel parcheggio era una punto nera, cioè la mia.

Nessuno, durante il giorno di Natale, gioioso e pieno di emozioni, era solito a far visita ai propri cari purtroppo scomparsi.

Però io ci andavo tutti gli anni, sempre alle 9 del mattino, sempre con la sciarpa bordeaux che portava mia mamma un tempo.

Chiusi con calma la portiera della macchina, guardai verso l'ampio cancello, coprendomi poi la vista con il fiato che, in pochi secondi, si ghiacciava.

Quando ero piccola amavo il Natale con tutta me stessa, ogni anno ero ansiosa di vedere e di abbracciare babbo Natale.
Quell'uomo grassone, che aveva gli stessi occhi color nocciola di mio padre, era capace di farmi provare emozioni che durante l'anno dimenticavo.
Ogni volta affondavo il mio viso paffuto in quella sua barba folta e bianca.
Il suo profumo...anche quello mi rimandava sempre a mio padre.

Un sorriso spontaneo si fece spazio tra le mie labbra, pensandoci.

La neve era bellissima, la adoravo.
Sentire lo scricchiolio sotto i miei scarponcini era una sensazione che da anni non provavo.

Ormai mi ero fatta spazio nel cimitero.
Quel luogo in cui, in particolare in quel giorno, i defunti potevano ricevere il silenzio e il riposo meritato.
Non c'era proprio nessuno infatti.
Ero lì solo io, Petra, a cercare il luogo di riposo di colei che era stata accanto a me per anni.

Mia madre.

Quando arrivava Babbo Natale, mamma era sempre lí a ridere.
I colori vividi del cappellino da elfo, che le mettevo sempre in testa durante la cena, davano ancora più colore ai capelli lucenti e ramati che le scendevano sino alle spalle.
Le chiedevo sempre il perché ci fosse tanto da ridere.
Lei, in risposta, mi abbracciava e mi diceva che trovava l'uomo grassone assai buffo.

In fin dei conti, ciò che trovava buffo non era altro altro che suo marito.
Il suo amatissimo marito.

Da anni l'accompagnava.
C'era sempre stato nei momenti più tragici della sua vita, così come in quelli più significativi.

La mamma era stata forte.
Era forte.
Ma soprattutto... insostituibile.

Una lapide.
Una lapide, con una piccola crepa in alto a destra.
Al centro una foto, a sua volta all'interno di una cornice tonda e tinta di oro, leggermente sporca.
Nella foto c'era Faye Ral, mia madre.
I capelli ramati sino alle spalle.
Gli occhi di un blu profondo e misterioso, simili all'oceano ed ai suoi abissi.
Un sorriso radioso, forte, che ne aveva passate tante, ma al contempo superate tutte.
La carnagione pallida ma vivida.

Mi inginocchiai, lasciando i fiori che avevo portato con me.
Una lacrima solitaria camminava sul mio viso, scendendo fino al mento.
La neve ricopriva, in parte, la dedica che mio padre, anni e anni prima, aveva lasciato incisa in una lastra di marmo accanto alla lapide.
Quella dedica, scritta con il cuore in mano, era stata ormai abbandonata a sé stessa, accanto alla foto di mamma.

𝘚𝘸𝘦𝘦𝘵 𝘤𝘰𝘭𝘥 //𝘙𝘪𝘷𝘦𝘵𝘳𝘢Where stories live. Discover now