𝘗𝘢𝘳𝘵𝘦 7

225 16 28
                                    

Londra, Baker street, rainy night.

Si erano ormai fatte le 9 di sera.
Avevo avvisato Hanji del mio non ritorno a casa e la pazza aveva subito cominciato con i suoi pensieri stupidi.
Non era scema, avevo provato a mettere qualche scusa, ma la quattrocchi non ci era cascata.
Nel bel mezzo delle sue sclerate poi, le avevo riattaccato per non rischiare di farmi sentire dal mio capo.

Ero sul divano, ero molto rigida. Mi piaceva stare in sua compagnia, mi dava tranquillità.
Avevamo parlato del più e del meno per un po' di tempo, ma comunque un minimo di ansia c'era. Ansia di far brutta figura, ansia di dar fastidio.. Insomma, ansia di qualcosa!

Il corvino aveva ragione. Non stavo molto bene, mi girava la testa e la febbre era quasi sicuramente imminente.
Mi guardavo costantemente intorno, come se la totale mancanza di polvere in casa fosse interessate.

Levi, nel mentre, era sulla poltrona e teneva gli occhi chiusi. Non dormiva, si poteva capire dal suo volto ben poco sereno, ma i suoi respiri erano regolari e profondi tanto da riuscire a trasmettermi calma.
Erano le 9 passate e non aveva neanche mangiato.

Ad un certo punto egli si fece forza con le braccia e si alzó da quella comoda poltrona.

<Petra, vado un attimo di sopra.>
Lo guardai.

<Non mangia...?>

<Non ho molta fame... Piuttosto, tu?>
Chiese egli con fare serio, incrociando poi le braccia al petto.

<Io?... Ehm... In realtà non ho fame neanche io... >
Risposi guardando altrove per l'imbarazzo.

<Capisco, allora aspettami, torno subito.>
Detto ciò, se ne andò.

E così... Rimasi sola su quel comodo divano.
Dinanzi avevo un bel televisore nero opaco e non troppo grande. Da quando lavoravo non lo avevo mai visto acceso, il sognor Ackerman quando non lavorava leggeva sempre, libri e giornali. Anche a me piaceva tanto leggere.
Il fuoco del camino stava ormai morendo. Piccoli ciocchi di legno scoppiettavano nella speranza di far rinascere il fuoco, cosa che non accadeva.
Da un po' di tempo invece, io avevo iniziato a sudare dalla fronte, oltre ad avere il mal di testa. Sul resto del corpo avevo i brividi, ma la mia fronte bolliva. Mi ci misi una mano sopra per scansare il sudore umidiccio che mi stava bagnando tutti i capelli, poi sbottonai il primo bottone della mia camicia per riscaldare il collo anch'esso sudato.
Chiusi gli occhi, la testa mi girava tanto e non riuscivo a tenerli aperti, era una sensazione orribile, si forse mi stavo davvero ammalando...

[...]

Aprì gli occhi e... Ed ero in una stanza.
Una stanza completamente bianca.
C'era un odore nell'aria che non riuscivo a capire, però era buono.
Mi guardai attorno spaesata, non c'era nulla e nessuno.
Così, iniziai a camminare a vuoto.

<Petra! Petra!>
L'eco del mio nome rimbombó per tutta la stanza, mi girai verso la provenienza e vidi due figure... Due figure umane..

<Petra! Siamo noi!!>
Mi avvicinai, uno dei due sventolava una mano in alto.

<... Papà?>
Mi strofinai fortemente gli occhi.
L'uomo robusto e dai capelli color nocciola mi guardava con una luce negli occhi ramati che non avevo mai visto.

<Si piccola mia! C'è anche la mamma!>
La figura alla sua destra era... Mia madre.
Era lì in piedi, più bassa di mio padre, mingherlina, con i suoi capelli ramati e i suoi occhi profondi quanto e come l'oceano.
Cominciai a correre, a correre il più velocemente possibile. Gli occhi mi si inumidirono quasi istantaneamente, non poteva esser vero tutto ciò.

𝘚𝘸𝘦𝘦𝘵 𝘤𝘰𝘭𝘥 //𝘙𝘪𝘷𝘦𝘵𝘳𝘢Where stories live. Discover now