37. CHI L'HA VISTA?

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MIA

Mi sentivo vuota. Camminavo senza alcuna meta. Neanche quando avevo sentito Milly chiamarmi da lontano mi ero fermata. Come potevo essere scesa così in basso nella mia vita? Perché non potevo tornare ad essere quella di prima, quella razionale e matura e che sa sempre quello che fa? Perché ero diventata una stupida irrazionale? Come potevo sempre farmi indebolire dalla sua presenza? Cosa aveva che non mi faceva ragionare lucidamente? Era solo un bugiardo assassino assetato di potere! Come poteva avere quindi potere su di me? Ed ora avevo avuto il colpo di grazia, il colpo finale, quello in cui ti costruisci un muro impossibile da scalare. Axel Andersen sarebbe sparito dalla mia vita e dovevo fare in fretta. E la decisione saggia sarebbe stata quella di eliminarlo dalla mia vista, cioè licenziarlo dal suo lavoro. E l'unico modo era quello di chiamare papà.

Feci perciò per riprendere il mio telefono tra le mani e digitare il suo numero.

'Aspetta!' La voce di Axel tuonò alle mie spalle. Non mi voltai. Dovevo solo ignorare la sua presenza. Lui non esisteva più.

Continuai allora a cercare il numero.

'Mia! Fermati!' La sua mano toccò la mia spalla, ma mi scansai come se il fuoco mi avesse toccato la pelle. Ancora non mi voltai. Lui non esisteva.

Trovai il numero e feci per premere il tasto di chiamata, quando mi strappò di nuovo il telefono dalla mano. Mi voltai stavolta sull'orlo della rabbia. Non potevo ignorarlo più.

'ESCI DALLA MIA VITA!!!' Urlai con quanto fiato avessi in gola. 'SPARISCI!! MI HAI STRAVOLTO LA VITA, QUELLA VITA CHE AMAVO!! VA VIA!!' Sembravo una pazza impossessata, me ne rendevo conto, ma avevo talmente di quelle emozioni represse e tutte negative, che non potevo fare altro che urlare.

Lui sembrava scosso per un attimo.

'Io non ho finto, Mia...eravamo reali io e te...le mie sensazioni erano reali...' Disse con voce roca.

'Le mie erano reali, Axel, non le tue. Se le tue sensazioni lo fossero state, avresti evitato di avvicinarti a me perché sapevi che non ci sarebbe potuto essere nulla. Invece come una cretina ho rischiato di darti la mia verginità e tu come un egoista bastardo di prendertela senza pensare alle conseguenze! Come sono caduta in basso...sapevo di non conoscerti per niente nonostante questa attrazione, ma per un momento mi ero fidata...ancora.' Lo guardai delusa, sorridendo malinconica. 'Ora so che bisogna ascoltare i genitori perché hanno quasi sempre ragione. E papà aveva ragione, eccome se ne aveva...'

'Ti desideravo troppo per pensare alle conseguenze, Mia...non puoi condannarmi per questo...' Fece per fare qualche passo avanti, ma io ne feci abbastanza indietro da distanziarmi dovutamente.

'Ti sei condannato da solo. E ora sparisci dalla mia vita e ridammi il telefono.' Allungai la mano con voce tremante. Non avrei pianto. Ero più forte di questo.

'Cosa farai?' Chiese con voce dura.

'Devi starmi lontano e farò in modo che sia così. Ridammi quel telefono.'

'Non ho terminato ancora il mio lavoro.' Rispose lui nel tentativo di farmi cambiare idea. Non ci sarebbe riuscito.

'Decido io quando lo termini. Telefono.' La mia mano era ancora tesa.

'Ti starò lontano, ma fammi fare il mio lavoro.' Tentò ancora.

'Tu non starai un secondo in più nella mia vita. Dammi quel maledetto telefono!'

Lui tirò un profondo respiro prima di tendermi il mio telefono ed accendersi subito una sigaretta. Io intanto mi feci più in là per chiamare mio padre. Da lui era probabilmente sera inoltrata.

Our Twinguards - Le Nostre Guardie Gemelle ✔Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora